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INFORMAZIONE

PROVVEDIMENTI

Il principale provvedimento avanzato dal Governo in materia di informazione è il disegno di legge Gentiloni di riassetto del sistema televisivo. I principali punti riguardano l’obbligo di migrazione in tecnica digitale per un canale Rai e uno Mediaset dopo 15 mesi dall’approvazione della legge e il tetto del 45% alla raccolta pubblicitaria in capo a un singolo operatore. Entrambe le misure affrontano la radice della situazione di concentrazione abnorme del sistema televisivo italiano, legato alla concentrazione dei proventi pubblicitari che permette di coprire i costi di palinsesto e ottenere alta audience. Le due misure, tuttavia, non appaiono sufficientemente incisive per modificare realmente il duopolio dell’informazione televisiva.
Il governo ha subito i richiami della Commissione Europea per non aver modificato i meccanismi discorsivi dellÂ’allocazione delle frequenze detenute dai gruppi maggiori nel passaggio dalla tecnica analogica a quella digitale previsti dalla Legge Gasparri.

QUANDO SI VEDRANNO GLI EFFETTI

Il disegno di legge Gentiloni non ha completato l’iter parlamentare e pertanto non può essere giudicato nei suoi possibili effetti.

LE OCCASIONE MANCATE

Resta quindi una occasione mancata, a conferma che la materia televisiva rimane un punto delicatissimo della politica italiana.

LE REGOLE E I MERCATI FINANZIARI

PROVVEDIMENTI

Il governo Prodi ha avuto innanzitutto il merito di integrare e correggere alcuni interventi partoriti, in tutta fretta, al termine della passata legislatura. Il riferimento è soprattutto alla legge sul risparmio e alle norme sulla crisi d’impresa. Sono stati interventi correttivi importanti perché hanno cercato di garantire alle nuove regole un efficace funzionamento.
Il governo è stato coerente con gli impegni comunitari dando attuazione alle più importanti direttive, ad esempio quella sulla Mifid, sui prospetti e sull’Opa e addirittura ha presentato un disegno di legge sul credito al consumo che in parte anticipava i contenuti di una direttiva in materia approvata la settimana scorsa.
E, sempre sul terreno della tutela dei consumatori, le misure di liberalizzazione hanno contribuito a incrementare la concorrenza tra gli intermediari e a rendere più trasparenti i rapporti con la clientela.
Con l’ultima Finanziaria è stata poi approvata la nuova disciplina sulla class action ) che dovrebbe consentire un rapido e poco costoso accesso alla giustizia per gli investitori colpiti dai grandi default.

QUANDO SI VEDRANNO GLI EFFETTI

Alcuni effetti già si vedono: ad esempio recentemente la Consob ha emanato il regolamento di attuazione della normativa Mifid che aumenta le informazioni dovute agli investitori e sono già operanti le novità introdotte con le liberalizzazioni sulla estinzione anticipata e la trasferibilità dei mutui. 
La class action, invece, deve ancora essere messa alla prova, e molte rimangono le incognite, soprattutto per l’assenza di adeguate misure di organizzazione, di qualificazione e soprattutto di specializzazione di una giustizia in grado di gestire con efficienza procedure così complesse.

OCCASIONI MANCATE

La più importante è senz’altro il riordino delle Autorità. Rappresentava uno dei punti cardine del programma del centrosinistra e si era tradotto in un ambizioso progetto di legge che semplificava il sistema delle Autorità e cercava di dare coerenza alla vigilanza sui mercati finanziari, concentrando nella Banca d’Italia i controlli di stabilità e nella Consob quelli di trasparenza. Purtroppo, e va detto anche per resistenze interne alla maggioranza che sosteneva il governo, quel progetto si è arenato nel Parlamento.
Analoga sorte ha subito il disegno di legge che rivedeva la disciplina delle banche popolari che ormai da tempo immemorabile aspettano, e chissà quanto continueranno ad aspettare, un intervento legislativo in grado di rimuovere i vincoli regolamentari che rendono la loro governance autoreferenziale e lontana da qualsiasi possibilità di ricambio.

UNIVERSITA’

PROVVEDIMENTI

Sono pochi quelli significativi.
La Legge 270 sugli ordinamenti didattici ha aumentato i cosiddetti requisiti minimi di docenza e ridotto il numero di esami necessari per conseguire una laurea triennale o magistrale.
La Legge finanziaria 2008 ha disposto l’abolizione a partire dal 1 gennaio 2010 del periodo di fuori ruolo per i docenti universitari attraverso un meccanismo di graduale riduzione, per cui dal 1° gennaio 2008 il periodo è ridotto a due anni, dal 1° gennaio 2009 a un anno e, infine, dal 1° gennaio 2010 è definitivamente abolito. Le intenzioni del provvedimento sono quelle di alleggerire i bilanci delle università mettendo a carico della previdenza sociale (piuttosto che degli atenei) il costo dei docenti anziani. Va nello stesso senso un provvedimento previsto dalla medesima Legge Finanziaria, che stabilisce che a partire dal 2008 gli incrementi degli stipendi del personale delle università saranno a carico del ministero e non delle singole università.
È stata istituita l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur). Tuttavia, l’Agenzia non è stata attivata e non ha quindi iniziato ad operare.
Sono state emanate le nuove regole per i concorsi dei ricercatori. Tuttavia, nel 2008 i concorsi avranno ancora luogo con le vecchie regole. Sono stati sbloccati per un anno i concorsi per professori ordinari e associati mantenendo le vecchie regole con una sola idoneità.

QUANDO SI VEDRANNO GLI EFFETTI

La riforma degli ordinamenti didattici è già in vigore e gli atenei stanno completando la riforma dei corsi di laurea. Il nuovo regime avrà inizio con il prossimo anno accademico e occorrerà attendere alcuni anni prima di vederne gli effetti sui nuovi laureati.
I provvedimenti della Legge Finanziaria relativi ai docenti fuori ruolo sono già in vigore. Per quanto riguarda invece lo sblocco dei concorsi di associato e ordinario occorre attendere la conversione in legge del cosiddetto decreto "mille proroghe", prevista per fine febbraio.
La nuova agenzia di valutazione (Anvur) potrà iniziare a lavorare solo quando saranno nominati i suoi componenti.

OCCASIONI MANCATE

Sono molte. Anche se in pochi mesi non si arresta il declino drammatico dell’università, alcuni provvedimenti avrebbero potuto dare almeno il segnale di un’inversione di tendenza. Gli esempi non mancano. Già nel 2007 una quota consistente del fondo di finanziamento ordinario e dei posti di ricercatore, dottorati di ricerca e assegni di ricerca si sarebbe potuta attribuire sulla base del punteggio CIVR. Lo stesso CIVR avrebbe dovuto essere prontamente rifinanziato. Si è lasciato invece giacere in un limbo per oltre un anno: il nuovo bando CIVR per la valutazione della ricerca (già pronto da ottobre) non è stato ancora firmato. Nel frattempo le graduatorie esistenti invecchiano, e avrà facile argomento chi sostiene che non sono più utilizzabili.
Si sarebbe potuto uniformare l’età di pensionamento dei docenti universitari a quella degli altri paesi europei (tipicamente 65 anni, con facoltà di estensione fino a 68 anni per i docenti attivi nella ricerca che ne fanno richiesta) istituendo allo stesso tempo incentivi per i giovani, riformare le regole di governance delle università, istituire regole di incompatibilità per limitare il nepotismo, abolire il valore legale della laurea, riformare i criteri di ripartizione delle matricole tra le facoltà di medicina, eliminare le quote riservate a docenti con più di 15 anni di anzianità nei prossimi concorsi a professore ordinario e associato. Sono provvedimenti che non costano; però incidono sul potere delle lobby accademiche. Non rappresentano un progetto di riforma organico; se attuate, avrebbero però dato almeno una speranza che la distribuzione delle risorse future premierà il merito. Sono mancati invece il coraggio di superare gli ostacoli posti dai conservatori dello status quo e la visione di un’università moderna.

FEDERALISMO FISCALE

PROVVEDIMENTI

Tra le cose positive, vanno segnalate la nuova formulazione dei patti di stabilità interna per gli enti territoriali, introdotta con la Legge finanziaria per il 2007 e ribadita con quella per il 2008. In modo più coerente con i patti di stabilità europea, ci si è spostati da vincoli sulla spesa – invero, notoriamente inutili nel lungo periodo — a vincoli sui saldi, ridando fiato alla autonomia tributaria locale. Qualche svarione, per esempio l’indisponibilità degli avanzi di gestione, della prima Legge finanziaria è stato corretto con la seconda, che ha anche previsto l’accreditamento diretto dei tributi cosiddetti propri agli enti locali, un passo importante per superare i loro cronici problemi di cassa, causa non ultima della formazione dei debiti soprattutto a livello regionale.
Sulla stessa linea, il governo Prodi ha tentato anche di coniugare meglio autonomia e responsabilità, affrontando prima con il patto per la salute, inserito nella Finanziaria per il 2007 e poi con il decreto approvato in ottobre, i problemi di vincoli di bilancio soffice latenti nei rapporti tra Stato e Regioni sulla spesa sanitaria, rendendo progressivamente più dure e più credibili le sanzioni per gli enti inadempienti,

QUANDO SI VEDRANNO GLI EFFETTI

Delle manovre finanziare gli effetti si sono già viste. Altre – quali il passaggio del catasto ai comuni – richiederà più tempo

OCCASIONI MANCATE

LÂ’esecutivo ha anche tentato di riprendere il filo di unÂ’interpretazione coerente o almeno ragionevole della riforma del titolo V della Costituzione, la cui mancata attuazione, a sei anni dalla sua approvazione, pesa come un macigno sui rapporti tra i governi, rendendo legislativamente dubbia ogni azione intrapresa.
Dopo la colpevole negligenza della precedente legislatura, sono stati presentati ben due disegni di legge delega, uno sull’attuazione dell’articolo 119 e un altro sulle funzioni fondamentali dei governi locali, in attuazione dell’articolo 117, entrambi restati però nel cassetto: approvati dal Consiglio dei ministri, ma mai passati all’esame delle competenti Commissioni. Si trattava in entrambi i casi di progetti incompleti, in parte tra di loro contradditori, ma che contenevano le premesse per una formulazione più coerente tra funzioni assegnate, risorse e perequazione tra territori, così come di rapporti più maturi tra i diversi livelli di governo.
Della proposta di riforma dei servizi pubblici locali, meglio non parlare nemmeno, annacquata fino al parossismo dal conflitto fra le diverse anime della maggioranza e poi comunque arenatesi in Parlamento.
A parte questi tentativi, generosi seppure inconcludenti, il governo Prodi non è stato esente dagli usuali difetti che da sempre contraddistinguono i rapporti tra i governi nel paese. Come al solito, un governo centrale in difficoltà a controllare la propria spesa, dalle pensioni al pubblico impiego, ha cercato di scaricare soprattutto sugli enti territoriali l’onere dell’aggiustamento finanziario. E come al solito, in barba alla Costituzione e perfino alla propria stessa azione in altri campi, il governo non si è fatto scrupolo di intervenire anche sulle risorse tributarie attribuite ai governi locali quando questo fosse funzionale alle proprie esigenze politiche immediate. Così l’intervento sul cuneo fiscale introdotto con la Finanziaria 2007 è stato finanziato in parte con l’Irap, il principale tributo regionale, senza che fossero chiare le compensazioni previste per le Regioni. Allo stesso modo, l’intervento sull’Ici deciso con la Finanziaria per il 2008, è sembrato corrispondere, fin dalle modalità tecniche scelte, molto più a esigenze politiche immediate di visibilità del governo centrale che a sensate esigenze distributive o finanziarie. 

ENERGIA E AMBIENTE

PROVVEDIMENTI

La Leggefinanziaria 2007 ha previsto un’ampia serie di misure di politica ambientale che spaziano dalla riqualificazione degli edifici all’efficienza dei motori elettrici impiegati nell’industria, a provvedimenti sul parco automobilistico, agli incentivi al sistema agroenergetico (biocarburanti) fino all’istituzione di un fondo “Kyoto” per favorire misure di riduzione delle emissioni di gas-serra. In aggiunta a queste norme, si è promosso il solare fotovoltaico, potenziato i certificati bianchi e il meccanismo di incentivazione delle fonti rinnovabili rivedendo i cosiddetti certificati verdi e modificando il famigerato meccanismo Cip 6 della bolletta elettrica, favorita la cogenerazione e dato impulso alla bioedilizia. Il governo ha poi lanciato il “primo progetto di innovazione industriale sull’efficienza energetica” volto a fare nascere e prosperare una ecoindustria nazionale attraverso il finanziamento di progetti di innovazione in campo energetico-ambientale. È stato rivisto il cosiddetto codice ambientale.
La Leggefinanziaria 2008 ha fatto molto meno. Da un punto di vista ambientale, la si può considerare una proroga di quella precedente: fatta eccezione per poche novità, in essa vengono semplicemente prorogate le manovre dell’ anno precedente.
Le novità rientrano in quattro punti fondamentali: 1) manovre atte a sostenere lo sviluppo delle fonti rinnovabili (riduzione dell’Ici per quelle abitazioni che hanno installato tecnologie rinnovabili); 2) conto energia (questa forma incentivante rimane sostanzialmente la stessa); 3) riqualificazione energetica degli edifici (prorogati gli incentivi fiscali che prevedono la detrazione Irpef del 55 per cento per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2010 a favore di opere di riqualificazione energetica degli edifici); 4) elettrodomestici (dal 1° gennaio 2010 sarà vietata la vendita di tutti gli elettrodomestici poco efficienti, cioè quelli inferiori alla classe A). Inoltre da gennaio 2011 sarà vietata anche la vendita delle lampadine a incandescenza e di tutti quegli apparecchi elettronici che possono rimanere in stand-by.
In aggiunta, si segnalano: quota minima di biocarburanti con un ulteriore aumento al 3 per cento dal 2009; ristabilita la norma corretta per gli incentivi alle fonti assimilate di energia “Cip 6”; responsabilizzazione delle regioni e degli enti locali quanto a fonti rinnovabili e incentivazione del fotovoltaico.

QUANDO SI VEDRANNO GLI EFFETTI

Difficile fare delle previsioni. In generale i provvedimenti di risparmio energetico dovrebbero produrre risultati in tempi relativamente rapidi mentre gli incentivi alle energie rinnovabili richiedono qualche anno prima di dare pserabilmente i loro frutti. Mentre alcune misure avranno effetti certi nel tempo, e cioè dopo il 2010, più difficile immaginare l’evoluzione degli sforzi di innovazioni volti a migliorare l’efficienza energetica. Essendo il progetto stato denominato “Industria 2015” l’auspicio è che i frutti si possano vedere in tempo per “Europa 2020”.

OCCASIONI MANCATE

Il 1° gennaio 2008 è iniziato il primo periodo di applicazione del Protocollo di Kyoto. Allo stesso tempo, questo inverno 2008 non sembra caratterizzarsi per temperature particolarmente rigide tali da far temere una penuria di forniture di gas. Resta tuttavia il fatto che, data l’emergenza che sui due fronti caratterizza il nostro paese, il governo non è riuscito a dare importanti segnali di discontinuità. Se p er garantire la sicurezza degli approvvigionamenti si è lavorato a favore di un maggior ricorso alle fonti rinnovabili e all’uso efficiente dell’energia, poco o nulla si è fatto sul fronte dei nuovi rigassificatori. Ancora più serio il problema dei cambiamenti climatici rispetto al quale era necessario un più deciso segnale di discontinuità. Anzi, si è avuta la percezione di un ammorbidimento della determinazione del governo da una Finanziaria all’altra. Infine, anche se meno rilevante, il governo non ha saputo o voluto procedere a riempire i posti vacanti di commissario dell’Autorità per l’energia né ha saputo promuovere la promessa realizzazione di un programma energetico-ambientale con la costituzione di un consiglio superiore per l’energia e un’Agenzia nazionale per l’energia e per l’ambiente.

LAVORO

PROVVEDIMENTI

Un merito non da poco è stato il coraggio di riconoscere lÂ’utilità della tanto odiata legge Biagi, utilizzandola per combattere, anche se non troppo severamente, l’abuso delle collaborazioni autonome nei call center (circolare Damiano n. 17/2006): nel contesto normativo dato – cioè senza aggredire il problema del precariato alla radice, riformando radicalmente il sistema della protezione del lavoro ‑ per la repressione delle frodi era difficile fare di più e meglio.
Qualche passo avanti è stato fatto nel memorandum del gennaio 2007 con i sindacati confederali sul lavoro nelle amministrazioni pubbliche, anche se qui permangono alcune debolezze e ambiguità.
Il risultato più brillante sul piano tecnico è stato ottenuto dal ministro Damiano con la mediazione per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici. Peccato che l’abilità del mediatore sia stata spesa qui per tenere in vita un dinosauro.

QUANDO SI VEDRANNO GLI EFFETTI

Nel settore privato, il dualismo del mercato del lavoro e del tessuto produttivo resta sostanzialmente inalterato. Nel settore pubblico, l’accesso delle nuove generazioni sarà tanto più difficile quanto più la “stabilizzazione dei precari” e le restrizioni alle forme di lavoro non standard, perseguite con le leggi del dicembre 2007, avranno corso. Già oggi molti precari del settore pubblico rischiano di essere messi fuori a causa di queste nuove norme. Qui non sarà più dualismo tra inamovibili e precari, ma dualismo tra inamovibili ed esclusi.

OCCASIONI MANCATE

Male nella gestione dei rinnovi dei contratti collettivi per i dipendenti statali. Ha dimostrato una incapacità grave di impostare una destinazione selettiva seria ed efficace degli aumenti salariali in funzione di incentivo al recupero di efficienza e produttività.
Ha dato risultati molto scarsi, nella Finanziaria 2007 (dicembre 2006), il meccanismo del "ravvedimento contrattato" col sindacato, combinato con un sostanziale condono previdenziale per il riassorbimento delle collaborazioni autonome false e l’emersione del lavoro nero.
Viceversa, la stabilizzazione dei precari della pubblica amministrazione (Finanziaria 2008) è stata disposta in modo sostanzialmente indiscriminato, dando per scontata l’incapacità delle amministrazioni di valutare e distinguere.
Per quanto riguarda il protocollo del 23 luglio 2007 e la sua recezione in legge, vanno riconosciute le buone doti di mediatore di Damiano, ma è mancata l’idea-forza capace di condurre le parti a una intesa veramente riformatrice; malissimo il ritorno indietro sull’età pensionabile; bene la sostanziale conferma dell’impianto della legge Biagi contro chi voleva abrogarla; male, con l’aggravante del cedimento alla faziosità, la contropartita pagata alla sinistra radicale con la stupida abrogazione dello staff leasing, che con il lavoro precario non c’entra nulla (e che, anzi, avrebbe potuto costituire un esperimento importante di coniugazione della stabilità offerta ai lavoratori con la flessibilità chiesta – e congruamente pagata – dalle imprese).
Infine lÂ’iniziativa per l’accordo tra sindacati, imprenditori e governo sulla riforma della struttura della contrattazione collettiva e delle rappresentanze sindacali è stata segnata da un grave difetto di visione strategica e dalla conseguente incapacità di iniziativa dellÂ’esecutivo.

LE POLITICHE PER LA CRESCITA

Per favorire la crescita occorre far aumentare le ore lavorate e la produttività per ora lavorata.

PROVVEDIMENTI

Per favorire la crescita delle ore lavorate, nella Finanziaria 2007, il governo ha ridotto il cuneo fiscale, con l’obiettivo di abbassare il costo del lavoro e quindi di aumentare l’occupazione. In effetti, le tendenze positive sul fronte dell’occupazione, presenti già dal 1998, sono proseguite nel 2006-07. Va però ricordato che la riduzione del cuneo è diventata operativa solo dall’inizio di luglio del 2007.
La produttività per ora lavorata (o produttività del lavoro) cresce per due ragioni, se si aumenta l’accumulazione di capitale e si migliora l’efficienza nel produrre.
Per favorire l’accumulazione di capitale, nella Finanziaria 2008, il governo Prodi ha ridotto le aliquote Ires e Irap, diminuendo in modo consistente le imposte sulle società. Lo ha fatto salvaguardando il gettito di queste imposte (con operazioni di “manutenzione della base imponibile”) . Si è trattato di una misura obbligata (la signora Merkel ha adottato lo stesso provvedimento), necessaria per contrastare la tendenziale perdita di appeal dell’Italia come luogo dove localizzare gli impianti delle imprese multinazionali italiane e non.
Per accrescere l’efficienza produttiva, serve che le imprese innovino. Per favorire l’innovazione la Finanziaria 2007 prevedeva l’istituzione dei cosiddetti Progetti di innovazione industriale in determinati comparti produttivi, ritenuti strategici per lo sviluppo del paese. Come tali, questi progetti non sono disegnati per produrre risultati su brevi periodi di tempo e infatti sono ancora in una fase di gestazione. È stato poi introdotto un credito d’imposta automatico per le spese in ricerca e sviluppo delle imprese per il periodo 2007-09. È dunque una misura che assomiglia molto al credito di imposta permanente richiesto da Confindustria (e dagli economisti) in passato: c’è consenso sul fatto che, per incoraggiare la R&S, sia meglio usare incentivi fiscali che finanziari.

QUANDO SI VEDRANNO GLI EFFETTI

I potenziali effetti positivi della riduzione del cuneo si vedranno probabilmente nei dati futuri, ma è impossibile ascrivere a questa misura la continuazione dei dati positivi del mercato del lavoro, le cui origini sono invece nelle leggi Treu e Biagi, così come nel miglioramento ciclico dell’economia nel biennio 2006-07.
Anche l’effetto della riduzione delle aliquote Ires e Irap non è visibile nei dati 2006 e 2007 perché la misura è entrata in vigore con l’inizio del 2008.
LÂ’entrata in vigore del credito richiedeva, invece, lÂ’autorizzazione preventiva della Commissione europea. Ci sono voluti tanti mesi anche solo per fare arrivare la pratica a Bruxelles, il che ha azzerato lÂ’efficacia del provvedimento. In generale, date queste premesse, non ci si può stupire che la crescita della produttività del lavoro sia rimasta – sostanzialmente e inusualmente – al palo durante questo periodo di ripresa. (vedi articolo Daveri su non è ancora ora di brindare e Produttività nei servizi: lÂ’anello mancante)

OCCASIONI MANCATE

Le lenzuolate di liberalizzazione nei servizi (taxi, farmaci, mutui, conti bancari, assicurazioni) a partire dal luglio 2006 hanno reso il governo impopolare con le categorie colpite, ma hanno anche generato entusiasmo iniziale tra gli utenti potenzialmente interessati. In realtà, i risultati ottenuti sono stati molto parziali, e si sono concentrati quasi esclusivamente nella riduzione del costo dei farmaci e del costo fisso delle chiamate da cellulare per i consumatori. Di per sé, le liberalizzazioni facilitano lo spostamento delle risorse verso gli impieghi più efficienti e quindi sono benefiche per la crescita. Ma per accrescere davvero lÂ’efficienza e la produttività, il governo avrebbe dovuto – se ne avesse avuto il tempo e la forza politica – completare le lenzuolate con misure che favorissero più direttamente il grado di competizione tra le aziende (oltre ai consumatori), promuovendo cioè una liberalizzazione più completa del mercato del lavoro e riducendo la tassa implicita che gli erogatori – pubblici e privati – di servizi pubblici e di servizi professionali impongono sullÂ’attività delle imprese che competono sui mercati globali.

QUALI REDDITI SONO RIMASTI AL PALO

I dati relativi al 2006 dell’indagine sui bilanci familiari della Banca d’Italia confermano quanto era prevedibile: gli indici di disuguaglianza e povertà per le famiglie italiane non hanno subito di recente modifiche di rilievo. Con un rischio di povertà molto superiore per i giovani rispetto agli anziani. Tuttavia, è in corso da tempo una ricomposizione interna ai redditi delle classi medie. Crescono i redditi degli indipendenti, mentre sono praticamente fermi quelli dei dipendenti, soprattutto nel settore privato. E l’euro non c’entra.

GIUSTIZIA

PROVVEDIMENTI

1) Il decreto Bersani: elimina tariffe minime, ammette pubblicità e introduce patto premio – contingency fee – (onorario in proporzione a quanto si è vinto in causa) per i professionisti e quindi anche per gli avvocati.
2) Indulto
si veda:
Sette mesi dopo l’indulto
Crimini e misfatti a un anno dall’indulto
L’economia dell’indulto
Le regole dell’indulto
3) Riforma ordinamento giudiziario
si veda:
Una riforma in attesa di giudizio
Riforma dell’ordinamento giudiziario, la storia infinita
4) Class action
si veda:
La class action nasce orfana
La class action all’italiana non aumenta la responsabilità dei produttori
5) Avvio sperimentale della spending review sul settore giustizia – proposta avanzata nel Libro verde di modificare la geografia giudiziaria per aumentare la dimensione dei tribunali (e rendere così più produttivi i giudici).

QUANDO SI VEDRANNO GLI EFFETTI

Si tratta di riforme nella gran parte dei casi strutturali il cui impatto richiede dai due ai cinque anni per essere misurato.

OCCASIONI MANCATE

1) Implementare il Bersani eliminando l’attuale tariffa a prestazione degli avvocati – che favorisce congestione, lunghezza dei processi, e mancanza di trasparenza nel mercato dei servizi legali – con una tariffa a forfait: oltre a incentivare lo sveltimento dei processi, avrebbe reso realmente incisive le altre innovazioni introdotte dal Bersani I sulle professioni (pubblicità, contingency fee, tariffe minime) che così come sono ora rischiano di valere poco.
2) Portare a termine le proposte di revisione della scala dei tribunali. L’unica riforma che nel passato ha inciso, anche se poco, su questo, cioè la riforma del giudice unico, ha prodotto risultati evidenti di recupero di efficienza e abbreviazione dei tempi dei procedimenti.

LA SCOMMESSA DELLA POLITICA FISCALE

La politica in materia di fisco del governo Prodi si è articolata in molte direzioni. Prima fra tutte, però, la lotta all’evasione fiscale, dove i successi sono ormai ampiamente riconosciuti. Positivo in particolare il fatto che l’intervento normativo sia andato di pari passo con il potenziamento dell’azione dell’amministrazione. Più discutibile l’intervento sull’Ici. Ma come per altri importanti provvedimenti, dalla riduzione del cuneo fiscale alla tassazione delle rendite finanziarie, ha seguito, nel bene e nel male, gli impegni presi in campagna elettorale.

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