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Tutto quello che non sappiamo della Pac

Non è vero che la Pac è l’unica forma di finanziamento all’agricoltura. Nel nostro paese, per esempio, i trasferimenti “visibili” e “invisibili” al settore sono quattro volte superiori a quelli garantiti dal bilancio dell’Unione. Non dovremmo perciò seguire i francesi nella strenua difesa della Politica agricola comunitaria, ma farci promotori di una sua riforma che incida sulle strutture produttive e riduca i costi di produzione della miriade di aziende agricole troppo piccole per poter utilizzare efficientemente la loro dotazione di terra, capitale e lavoro.

Risparmio, una riforma da buttare

Il testo di legge sulla tutela del risparmio approvato al Senato non affronta i veri nodi del sistema finanziario italiano. Non ha un disegno efficiente delle autorità di vigilanza, in campo bancario non scalfisce una disciplina assolutamente discrezionale e nemica del mercato, non uniforma il modus operandi della Banca d’Italia al modello europeo. Il centrosinistra ha buone idee in proposito. Se vincerà le elezioni, dovrà essere capace di metterle in pratica, incidendo su problemi delicati che sul piano politico hanno costi certi e vantaggi aleatori.

All’amministratore fa difetto l’indipendenza

La Commissione Preda è impegnata ad aggiornare il codice italiano di corporate governance. Intanto, i risultati di una recente ricerca rivelano che il codice non è solo inadeguato rispetto agli standard europei. E’ anche molto poco rispettato. Eppure, gli amministratori indipendenti sono uno dei principali strumenti per prevenire comportamenti in danno agli azionisti di minoranza, l’ostacolo principale per lo sviluppo del mercato azionario. Ma chi deve verificare quanto dichiarato dalle società quotate sulla indipendenza dei propri amministratori?

L’Omc e la scommessa di Hong Kong

La posta in gioco alla Conferenza ministeriale dell’Organizzazione mondiale del commercio non è tanto la conclusione del Doha Round, che in ogni caso richiederà ancora parecchi mesi, quanto la credibilità dell’organizzazione che ha già dovuto affrontare diversi momenti di crisi. Ma gli scenari di un commercio senza uno strumento di governance internazionale sono preoccupanti. I maggiori paesi industrializzati potrebbero sviluppare le proprie politiche commerciali a livello bilaterale facendo pesare maggiormente il loro peso politico ed economico.

Quanto costa la corruzione

In Italia la corruzione “percepita” è al livello dei paesi emergenti, con costi enormi per la nostra economia. Il problema non è disgiunto da quello della supervisione bancaria. I due schieramenti politici dovrebbero porre la lotta alla corruzione come tema prioritario della campagna elettorale, insieme alla questione morale e alla governance della Banca d’Italia. Non solo per motivi etici. Ma perché la corruzione diffusa è un ostacolo allo sviluppo e una determinante della sempre più bassa competitività del nostro paese.

Il futuro della Banca d’Italia

L’articolo 19 del disegno di legge per la tutela del risparmio contiene disposizioni sull’organizzazione della Banca d’Italia. Ma non rimuove le cause delle degenerazioni dell’operato dell’autorità di vigilanza e si presta a obiezioni di merito. Modifiche incisive sono indispensabili. Se anche le approvasse la Camera, difficilmente passerebbero l’esame del Senato. Meglio allora stralciare l’articolo e rinviare alla prossima legislatura una riforma più organica, che comprenda anche una revisione della legislazione sui poteri e sulle competenze dell’Istituto.

E’ proprio un paradosso

Nella legge elettorale italiana c’è una grave anomalia tecnica nel meccanismo di assegnazione dei seggi per la parte proporzionale. Per alcuni esiti delle votazioni, la procedura può dare un risultato contraddittorio. Può infatti attribuire a una lista più (o meno) seggi di quelli che la lista ottiene per effetto di altre disposizioni della stessa legge. La riforma proposta dalla maggioranza non risolve il problema. Anzi, le probabilità di errore aumentano. E le “correzioni” ipotizzate, ammesso che siano efficaci, non bastano a garantire il requisito di proporzionalità.

And the winner is…

E’ difficile valutare la partecipazione alle primarie nazionali. Tuttavia, si può provare a calcolare quale percentuale del proprio elettorato potenziale i diversi candidati siano riusciti a chiamare alle urne. Si scopre così che Prodi, nonostante il successo indiscusso in termini di preferenze ricevute, ha mobilitato solo il 24,16 per cento dei suoi elettori potenziali. Meglio di lui ha fatto lo “sconfitto” Bertinotti, con quasi il 34 per cento. Se poi i calcoli si fanno sugli elettori delle Europee, il vero trionfatore è Mastella, con oltre il 45 per cento.

Un premio all’ingovernabilità

Con la riforma della legge elettorale non ci sarà nessun passo avanti verso una maggiore stabilità e governabilità. Sarà un sistema con tutti i difetti del proporzionale, ma senza i suoi pregi. Avremo un bipolarismo più debole, con le stesse coalizioni “acchiappattutto” di oggi, altrettanto frammentate ed eterogenee, ma senza il forte vincolo rappresentato dal collegio uninominale. Aumenterà il potere di ricatto dei partiti più piccoli. Mentre il Senato potrebbe avere una maggioranza diversa da quella della Camera. Con prospettive neo-centriste contrarie all’interesse del paese.

La campagna elettorale passa in tv

La nuova legge elettorale proporzionale prevede liste bloccate: gli elettori votano per un partito, senza la possibilità di indicare preferenze. I candidati non hanno così incentivi a svolgere campagna elettorale. Il sistema danneggia i partiti più radicati nel territorio e accresce invece il potere di quelli di livello nazionale, privi di una base. Il primo effetto sarà uno “spostamento” della campagna elettorale. Si svolgerà sempre meno nelle piazze delle città e sempre più sui grandi mezzi di comunicazione nazionali. Ovvero, soprattutto in televisione.

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