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I rischi del salvataggio a tutti i costi

La nuova normativa fallimentare solleva due questioni rilevanti. Il testo approvato sembra indicare che il mantenimento del complesso aziendale è sempre preferibile, anche quando da una sua liquidazione si ricaverebbe di più. Non si rispetta così un elementare principio di efficienza economica. E si protrae artificiosamente la vita di imprese che non sono in grado di remunerare a condizioni di mercato il capitale impiegato. Quanto al comitato dei creditori, finirà probabilmente per esercitare un ruolo solo nei dissesti di maggiori proporzioni.

Lezioni dall’Asia

Il sistema finanziario e industriale italiano è al centro di un importante sforzo riformatore, attraverso la riforma del diritto fallimentare, del risparmio, e del Codice Preda. Dalla crisi asiatica degli anni Novanta possono venire interessanti insegnamenti. Intanto che si tratta di questioni interdipendenti. Poi che la legislazione fallimentare deve riservare ai creditori poteri direttivi nella procedura. Mentre va limitato l’interventismo delle autorità governative nelle crisi d’impresa. Ma il punto decisivo è la governance bancaria.

Le “osservazioni” pericolose

Le modifiche suggerite dalle Commissioni parlamentari peggiorano ulteriormente il testo sulla previdenza complementare e minano l’asse portante della delega. Se il Governo le accettasse, i lavoratori più giovani sarebbero discriminati nell’adesione alla previdenza complementare. Inoltre, la concorrenza fra fondi pensione contrattuali e adesioni collettive ai fondi pensione aperti sarebbe marginale e si baserebbe sulla forzatura delle norme che regolano i contratti di lavoro. La governance dei fondi sarebbe ridondante o contraddittoria, quella delle polizze previdenziali assicurative insufficiente.

Il pilastro d’argilla

Il secondo pilastro del sistema pensionistico resterà “semi-obbligatorio” quand’anche la devoluzione “silenziosa” del Tfr dovesse, col tempo, diventare “del tutto” forzosa. Sarà infatti alimentato anche dalla libera contribuzione a carico delle imprese e dei lavoratori. Il carattere ibrido non aiuta a individuare le caratteristiche che il secondo pilastro dovrebbe avere, riguardo alla struttura dell’offerta, al regime fiscale e alla gestione delle rendite, al duplice fine di evitare a queste ultime incertezze ed abusi e di consentire al risparmio previdenziale di rendere al meglio.

Il parere legale e documenti utili

Poniamo a disposizione dei lettori il parere legale nel quale Pietro Ichino argomenta l’incostituzionalità del testo di riforma del t.f.r. elaborato dal ministro Maroni. Il parere, redatto nel settembre 2005 su incarico dell’Ania, sviluppa tesi già sostenute dallo stesso Ichino nel primo e nel secondo volume del suo trattato su “Il contratto di lavoro” (Giuffré, rispettivamente 2000 e 2003). agosto 2004.
Alleghiamo inoltre il Testo Unico della previdenza complementare e la Legge n.243 del 23 agosto 2004.

Il giro del bilancio in ottanta ore

La Finanziaria dovrebbe ridurre il disavanzo di 11,5 miliardi. E’ una cifra insufficiente e che comunque difficilmente sarà realizzata, poiché contemporaneamente si destinano altri 11 miliardi a nuove spese e agevolazioni fiscali, la cui copertura è tutto fuorché solida. Sarebbe meglio, per una volta, abbandonare la retorica della Finanziaria per lo sviluppo e limitarsi a una correzione reale del disavanzo.

Quante ambiguità sulla Turchia

Partono i negoziati per l’adesione della Turchia all’Unione Europea. Se guardiamo alle condizioni da soddisfare per l’avvio delle trattative, una analisi oggettiva sui criteri politico ed economico rivela differenze evidenti tra la Turchia di oggi e i paesi dell’Europa centro-orientale nel 1998. E infatti la Commissione ha introdotto formule che potrebbero rimandare o limitare l’adesione piena del paese alla Ue. Ma sono ambiguità che sarebbe corretto chiarire subito, per consentire ai cittadini europei e turchi un sereno giudizio sulla questione.

Brevetti, la tassa che appare e scompare

La Finanziaria 2006 contiene varie misure per incoraggiare la ricerca e l’innovazione. Tra le altre, c’è l’abolizione delle tasse sui brevetti. Peccato che solo in febbraio le tasse sul deposito, il rinnovo e anche l’imposta di bollo sui brevetti fosse stata aumentata del 30 per cento. Che deve aspettarsi un potenziale inventore sulla tutela della proprietà intellettuale in Italia? E l’abolizione è poi una buona idea? Eppure, per incentivare la ricerca e l’innovazione non servono tanti interventi, ma pochi e duraturi.

Il fisco della Finanziaria

Con la manovra per il 2006 il Governo abbandona la politica dei tagli fiscali. Ma le scelte compiute sembrano, in larga parte, guidate dalla ricerca affannosa di entrate per fare quadrare i conti, purché turbino il meno possibile il sonno degli elettori. Comprendono la lotta all’evasione, la “tassa sui tubi” e una miscellanea di provvedimenti che insistono su campi già battuti. Nessuna modifica strutturale è stata messa in cantiere: né sul fronte dell’Irpef, dell’Ires, dell’Irap, né per quanto riguarda il possibile riordino della tassazione sulle “rendite” finanziarie.

La tassa sul tubo

Molto più selettiva del “modello britannico”, la tassa ambientale inserita nella Finanziaria 2006 esclude le telecomunicazioni e incide solo sulle grandi reti di trasmissione dell’energia elettrica e del gas naturale. Dubbia la qualificazione di tributo ambientale. Il tributo non può essere traslato. Ma in tempi di emergenza finanziaria, sembrerebbe più appropriato colpire la vendita di energia, dove le posizioni dominanti assicurano notevoli profitti. A ostacolare una simile manovra è la presenza diretta del Tesoro come azionista di Eni ed Enel.

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