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Un reddito minimo contro l’esclusione sociale

Il reddito minimo di inserimento dovrebbe far parte di una rete di protezione sociale che comprenda anche interventi centrati sul sostegno ai cittadini nel mercato del lavoro. Va condizionato alla partecipazione obbligatoria a percorsi di integrazione e all’accettazione della chiamata al lavoro. Essenziale delimitare rigorosamente la platea dei potenziali beneficiari. Solo così si può sperare di attivare programmi di reinserimento credibili e realizzare una efficace prova dei mezzi. Con un onere a regime per la finanza pubblica tra i tre e i quattro miliardi di euro.

Un Reddito minimo garantito per l’Italia

I nuovi dati Banca d’Italia ci permettono di completare la ricostruzione di cosa è successo alla distribuzione del reddito negli ultimi quindici anni. Si avverte sempre più il bisogno di uno strumento di lotta alla povertà universale (basato su regole uguali per tutti) e selettivo (che subordina gli aiuti a verifiche dei redditi e dei patrimoni delle famiglie). Formuliamo proposte precise. Un Reddito minimo garantito, almeno inizialmente, non costerebbe più del secondo modulo della riforma fiscale di cui nessuno si è accorto. E coloro che sono stati sin qui dimenticati da tutti beneficerebbe grandemente di questa misura.

Un reverse mortgage per il consumo degli anziani

I reverse mortgage, autorizzati anche in Italia dal decreto fiscale, sono strumenti finanziari che sostengono il consumo degli anziani senza che essi si privino dell’abitazione di proprietà. L’ammontare del prestito concesso dipende da tre fattori: il valore dell’abitazione, il tasso di interesse e l’età del debitore. All’estero non hanno riscosso finora molto successo per i loro costi elevati. In futuro è possibile prevedere uno sviluppo di questo strumento finanziario, che però andrebbe incentivato riducendo i costi di transazione tipici di questo mercato.

Ricchezza troppo immobile

Una recente indagine sulla salute, le condizioni economiche e sociali degli anziani europei ha messo in evidenza che le famiglie del Sud Europa hanno un buon livello di ricchezza totale, quasi interamente bloccata però in beni reali, quali la casa. Difficilmente utilizzabili per mantenere un tenore di vita adeguato quando i redditi calano o i bisogni aumentano. Si spiega così il paradosso di tutti coloro che pur con una discreta ricchezza complessiva, dichiarano di avere difficoltà ad arrivare a fine mese. Molto più di analoghe famiglie nel Centro e Nord Europa.

Il capitale umano nella lotta alla povertà

La cancellazione del debito dei paesi poveri non basta. Uno studio recente mostra che un incremento degli aiuti internazionali per investimenti pubblici destinati ad accrescere il capitale umano renderebbe più facile raggiungere i Millennium Development Goals. Sanità e istruzione svolgono un ruolo centrale. In un decennio, un aumento della spesa sociale di circa l’1 per cento del Pil riduce l’incidenza della povertà del 20 per cento. Le riforme macroeconomiche debbono dunque creare lo spazio fiscale perché tali investimenti siano sostenibili nel tempo.

Le molte conferme sulla povertà in Italia

Dall’indagine campionaria Istat 2004 sui consumi emerge l’aumento di quasi un punto della quota di famiglie povere, che arriva all’11,7 per cento. Cresce anche il divario tra Nord e Sud. Il confine tra benessere e povertà è spesso molto labile. Il rischio povertà è più alto per le famiglie con bambini piccoli, si abbassa quando il capofamiglia raggiunge l’apice della carriera e torna a salire per i pensionati. Colpa anche di un sistema di welfare tra i più inefficaci in Europa. Così come deludenti sono stati i tentativi di aumentare i redditi familiari con i tagli all’Irpef.

Lavoro minorile: quale prevenzione e quali tutele?

Il fenomeno della crescita della povertà dei minori e del lavoro minorile. In Italia si rileva solo mettendo insieme varie fonti statistiche a volte poco congruenti. La crescita della gravità del fenomeno e’ dunque in contrasto all’assenza di un osservatorio “ufficiale” accurato e continuativo.

L’Africa al G8

Raddoppiare gli aiuti all’Africa non è il modo più efficace di ridurre la povertà. Anzi se il G8 dovesse trovare un improbabile accordo su questo tema, per molti paesi africani i problemi potrebbero aumentare. E’ necessario, invece, canalizzare meglio le risorse destinate alla lotta alla povertà. Con impegni concreti dei paesi donatori per l’armonizzazione e l’efficacia degli aiuti, l’adozione di strategie specifiche per ottenerne l’assorbimento effettivo, una maggiore attenzione al rapporto fra aiuti e democratizzazione e a forme di finanziamento innovative.

Sognando coi piedi per terra

La riforma degli ammortizzatori è strategica per fare uscire il nostro paese dal declino. Risponde alla domanda di protezione degli italiani. Permette di ridurre i costi sociali del cambiamento strutturale. Può stimolare una maggiore partecipazione al mercato del lavoro ed emersione di sommerso. Risponde a ragioni di equità. Costa nel complesso quasi un punto di Pil. Ma trovare le risorse per attuarla è possibile. Basta giudicarla una priorità. E l’efficacia della lotta all’evasione fiscale e al sommerso detterà i tempi di altre riforme che non siano a costo zero.

Ammortizzatori, la riforma non può attendere

Di una riforma organica degli ammortizzatori sociali si parla ormai dal 1997, ma non sarà varata neanche in questa legislatura. Anche se resta una delle grandi priorità dell’agenda di policy nel nostro paese. Il sistema vigente è fortemente inadeguato rispetto alle funzioni che dovrebbe svolgere e appare completamente fuori linea rispetto agli standard europei. Serve un insieme coerente di interventi capaci di tutelare equamente ed efficacemente i rischi economici della disoccupazione e al tempo stesso incentivare il re-inserimento lavorativo.

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