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Categoria: Scuola, università e ricerca Pagina 58 di 71

SE IL DECENTRAMENTO VA A SCUOLA

La bozza Calderoli menziona esplicitamente l’istruzione tra le competenze regionali da finanziare con la nuova riforma. Contenuti degli insegnamenti e altre norme generali del servizio scolastico restano funzioni esclusive dello Stato, alle Regioni sarebbe devoluta la spesa per il personale. Si potrebbero così risolvere i gravi problemi di coordinamento tra livelli di governo. E nel lungo periodo arrivare a una definizione territoriale degli stipendi più in linea con l’effettivo costo della vita. Ma tutto ciò dovrebbe essere accompagnato da un sistema di sanzioni adeguato e effettivamente perseguito.

IL MAESTRO UNICO? NON TORNI PER DECRETO

La controriforma proposta dal ministro Gelmini con il maestro unico, è meritevole di una discussione non preconcetta. Soprattutto, ricordando che del tutto inadeguata fu invece la riflessione sui costi e benefici della riforma introdotta con la legge 148/90, essenzialmente per motivi occupazionali. Nulla giustifica, tuttavia, il ricorso al decreto legge.

ELEMENTARE, GELMINI!

Pedagogisti e scienziati dell’educazione discutono da decenni vantaggi e svantaggi del maestro unico. Ed è vero, come dice Bossi, che “Se c’è un solo insegnante è più facile che si rovini il bambino”. Ma sulla scuola bisogna comunque rifiutare l’immobilismo e intervenire per migliorarla. Tenendo conto del livello qualitativo attuale. Ecco in che modo.

COME DARE RISORSE AI MIGLIORI

Dalla premessa condivisibile che l’università italiana disperde risorse preziose e le utilizza in modo inefficiente, avrebbe dovuto seguire un piano per stimolare l’impegno dei docenti e istituire incentivi adeguati. Invece, ancora una volta si è deciso di distribuire i tagli in modo uniforme tra tutti gli atenei. Ecco alcune proposte concrete per incidere sul potere delle lobby accademiche. Se attuate, darebbero almeno la speranza che in futuro la distribuzione delle risorse premierà il merito.

QUANDO SI TAGLIA LA SPESA DELLE UNIVERSITÀ

La manovra economica del governo ha ridotto il Fondo di finanziamento ordinario delle università del 19,7 per cento in cinque anni. Le strategie che gli atenei potranno adottare per sopperire alla diminuzione delle risorse avranno ripercussioni sull’accesso agli studi universitari e sulla ricerca. Se l’obiettivo era limitare la spesa per il personale, si poteva intervenire solo sulle sedi che ne hanno in eccesso. Nel frattempo, l’annuncio dei tagli ha provocato una vera e propria corsa alla spesa.

I NUMERI DELL’UNIVERSITA’ DI MASSA

In quarant’anni il rapporto tra laureati e coetanei è passato in Italia dal 5,7 al 40,6 per cento. Aumentato in assoluto e ancor più in rapporto alle coorti di popolazione di pari età il numero di coloro che conseguono la maturità. Mentre la quota di maturi che si iscrive all’università non cambia molto nel tempo. La quota di matricole che consegue la laurea si avvicina oggi al 73 per cento. Un ruolo fondamentale l’hanno avuto le evoluzioni dell’offerta universitaria. E sistemi di finanziamento legati al numero di iscritti e laureati. Ora è tempo di pensare alla qualità.

LA SCUOLA ITALIANA TRA NOSTALGIE E CRISI DI IDENTITÀ

Grazie a un editoriale di Ernesto Galli della Loggia sulla crisi di identità della scuola italiana e a un dibattito apertosi sulle colonne del Corriere della Sera, sappiamo finalmente quali siano i piani del governo sulla scuola italiana. Non che siano particolarmente promettenti. Oscillano tra passatismo e irrilevanza. Speriamo in qualche ripensamento. Senza dimenticare che una società che risparmia sull’investimento nella scuola è una società che sta rinunciando al suo futuro.

 

IL COMMENTO DI UN RAPPRESENTANTE DEGLI STUDENTI

Mi ricollego a quanto finora commentato. Premetto che come ex-rappresentante in Consiglio degli Studenti e nell’ente per il diritto allo studio, insieme a pochi altri miei colleghi, ho espresso fin da subito perplessità su questa riforma.
Pur considerando il modello molto affascinante, e sicuramente innovativo, individuo alcune criticità. Dato il contesto in cui scrivo, ometterò quelle strettamente legate all’Ateneo di Trento.

A) Pagare il merito.

Il problema di base è la bassa considerazione che alcuni studenti hanno per l’Università. Quella che una volta era considerata una straordinaria opportunità per crescere culturalmente ed "elevare" la propria condizione sociale, è diventata adesso una fisiologica e automatica prosecuzione degli studi superiori.
Il modello cerca di aumentare l’attenzione degli studenti da un lato rendendo più cara la loro iscrizione all’Università, dall’altro premiandoli se seguono dei percorsi considerati virtuosi dall’Ateneo.
Il limite di questa impostazione, a mio modo di vedere, sta nell’idea stessa di far amare lo studio pagandolo.
L’ente per il diritto allo studio di Trento (Opera Universitaria) ha pure predisposto degli incentivi, che però vanno a premiare la regolarità. Lo studente studia perché vuole farlo. L’essere regolare gli consente di avere una borsa più alta. Si supera così la dimensione meramente assistenziale, introducendo piccoli incentivi economici per chi ne ha bisogno.
Gli incentivi per chi non avrebbe bisogni economici, dovrebbero essere non monetari: più punti per il voto finale, corsie preferenziali nel Job Placement, maggior coinvolgimento nella didattica d’Ateneo, etc.

B) Il premio finale.

Il premio finale comporta un maggiore impatto sullo studente: fino a 5000€!!
Tuttavia è fortemente penalizzante, soprattutto per le fasce medio-basse. E’ lontano nel tempo rispetto al merito (fino a due anni dalla laurea). E’ lontano nel tempo rispetto all’incremento della tassazione (fino a cinque anni dalla prima rata per le lauree triennali).
Se proprio andava inserito, sarebbe stato piuttosto preferibile un sistema di premi annuali che andavano a ridurre l’importo delle tasse da pagare.

C) Il merito.

Tutti vogliono il merito, nessuno sa che cosa sia il merito. Per valutare economicamente il merito è necessario quantificarlo. Non si parla quindi genericamente di "merito", ma di una serie di indici che vanno a qualificare il percorso dello studente come "meritevole". Poiché si tratta di valutare il percorso di 15mila studenti, gli indici devono essere oggettivi, privi cioè di valutazioni discrezionali (ancorché tecniche) da parte di un’eventuale commissione. Basta un software, neanche troppo sofisticato, a individuare chi è bravo e chi non lo è. La soluzione dovrebbe limitare il contenzioso, ma premia davvero il merito? Premia piuttosto "il merito", quello stabilito dall’Ateneo (anche se con il coinvolgimento formale dei rappresentanti degli studenti).

D) Il rapporto con il sistema di diritto allo studio.

Come rappresentante all’Opera Universitaria vedo in questo punto la critica più forte. Chi prende la borsa di studio, per legge, non paga le tasse universitarie. Il sistema di tassazione progressiva, anche se astrattamente dovrebbe partire dalle fasce di reddito più basse, di fatto parte da chi, anche per un centesimo, non riesce a prendere la borsa di studio.
Prendendo in esame due studenti provenienti da famiglie di tre persone che si iscrivono alla laurea specialistica, avremo:
ICEF € 30mila: + 2350 (borsa di studio+esonero tasse)
ICEF € 30mila/01: – 1304,62 (importo tasse della prima fascia)
Il sistema crea uno scalone molto ampio tra chi è dentro i parametri ICEF dell’Opera e chi ne è fuori.
Le fasce andavano piuttosto parametrate agli interventi dell’Opera Universitaria, prevedendo un’area senza borsa e senza tasse (esonero totale) e un’area con tasse ridotte (esonero parziale).
Ad esempio:
ICEF € 30mila: + 2350€
ICEF € 30mila/01-32mila: 0
ICEF € 32mila/01-35mila: -700€
ICEF € 35mila/01-40mila: -1500€

Conclusioni.

Se un sistema che "premia il merito" è necessario, all’atto pratico questo sistema dovrebbe tener conto di diversi trade off:
A) premio in denaro/premio in reputazione;
B) vantaggio complessivo/esigenze del breve periodo;
C) merito rigido/merito flessibile;

Ma soprattutto dovrebbe tener conto del contesto istituzionale nel quale si inserisce, per evitare le iniquità di cui al punto D).

Valerio Scollo
Rappresentante degli studenti in Consiglio di Amministrazione dell’Opera Universitaria
Consiglio di Facoltà di Giurisprudenza
Ex-rappresentante degli studenti in Consiglio degli Studenti

IL BRAVO STUDENTE NON PAGA LE TASSE

Riconoscere il merito nell’ambito della formazione universitaria rappresenta un passaggio  quasi irrinunciabile, in un contesto in cui l’80 per cento circa dei diplomati si iscrive a una facoltà. Per questo l’università di Trento ha introdotto la borsa di merito. In generale, gli importi delle tasse universitarie sono stati aumentati di circa il 50 per cento. Però, per i singoli studenti varieranno sia in base alla condizione economica del nucleo familiare che ai risultati raggiunti. I maggiori proventi serviranno poi a finanziare altre iniziative per combattere l’abbandono.

PAURA DELLA MATEMATICA

I dati sui test di matematica dell’indagine Pisa sono impietosi per gli studenti quindicenni italiani. Solo il Nord-Est è in media europea, con punte di eccellenza nei licei. Sud e Isole hanno punteggi da paese in via di sviluppo. La situazione è ancora peggiore se si considerano gli iscritti agli istituti regionali di formazione professionale, che invece sono sottorappresentati nel campione. Ma per essere efficace nel risollevare lo scarso livello di competenze una azione di monitoraggio deve concentrare l’attenzione sulle scuole con i risultati peggiori.

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