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Categoria: Scuola, università e ricerca Pagina 64 di 70

Università, la riforma del Gattopardo

Un disegno di legge “rivoluzionario” dicono i promotori. In realtà, quello sull’università si riduce a una confusa accozzaglia di norme contraddittorie e inapplicabili. I suoi paventati effetti non ci saranno. Il Ddl non apporta alcun contributo alla soluzione dei serissimi e annosi problemi del sistema universitario italiano. Si teme la “soppressione” della figura del ricercatore, ma nel breve periodo potrebbero essere banditi moltissimi nuovi posti per questo ruolo. Mentre i professori ordinari e associati non avrebbero alcun incentivo a optare per il nuovo stato giuridico.

La fabbrica nazional-locale di professori

Il disegno di legge sull’università contiene le disposizioni per il reclutamento dei professori. Ne fissa i “principi e criteri direttivi”. Che però sono incoerenti perché discendono dal tentativo di far convivere due orientamenti antitetici. Da un lato, si vuole ricondurre le procedure a una dimensione nazionale. Dall’altro, sopravvivono prescrizioni che assicurano un ruolo autonomo alle singole università. Determinare il numero massimo di soggetti che possono conseguire idoneità diventa un problema matematico irresolubile. Come dimostra un esempio numerico.

La laurea, un ottimo investimento

Le tasse universitarie sono aumentate considerevolmente negli ultimi anni. Ma laurearsi rimane un ottimo investimento. Le tasse e i contributi universitari incidono in misura minima sui costi di frequenza. Per chi paga la cifra massima, il rendimento dell’investimento è di circa il 9,5 per cento annuo. E resterebbe alto anche se il contributo medio per studente fosse portato a 5mila euro annui. Sussidiare così l’istruzione superiore beneficia soprattutto le famiglie più ricche.

La legge Moratti non cambia l’università

La crisi dell’università italiana dipende dalla mancanza di incentivi e da una mentalità assistenziale. Alimentata, quest’ultima, dal valore legale della laurea, dalla dipendenza finanziaria degli atenei e dai troppi vincoli legislativi. Ma gli obiettivi fondamentali da perseguire per migliorare la qualità della ricerca e della didattica non compaiono nella legge approvata al Senato. Soprattutto, non si affronta il nodo di una gestione autonoma delle risorse guidata principalmente da interessi corporativi. E la Crui si oppone alla riforma per i motivi sbagliati.

Fare i conti con la scuola

Nell’indagine Pisa 2003 dedicata alla matematica, i quindicenni italiani si piazzano al venticinquesimo posto tra i paesi Ocse. Le differenze territoriali e fra i vari tipi di scuola sono però molto rilevanti. Al Sud si registrano risultati preoccupanti ed è forte la discrepanza tra la percezione delle proprie competenze e i risultati effettivamente ottenuti dagli studenti. Per migliorare la qualità dell’apprendimento si deve intervenire anche sul contesto economico, sociale e culturale. Ed è necessario intensificare l’integrazione tra scuole e territorio.

Economisti in carriera

I risultati di una ricerca sulle carriere accademiche degli economisti italiani rivelano l’assoluta irrilevanza della qualità o quantità di pubblicazioni e quindi della produttività scientifica in qualsiasi modo essa venga misurata. Un esito inaspettato per un settore a forte internazionalizzazione. Occorre garantire maggiore trasparenza ai processi di selezione degli accademici definendo alcuni requisiti scientifici minimi, misurabili oggettivamente con tabelle non modificabili e predisposte in autonomia dai settori scientifici disciplinari.

Rilevazioni senza qualità

Quest’anno per la prima volta si è registrata nelle scuole una notevole opposizione alle rilevazioni del Servizio nazionale di valutazione degli apprendimenti, a diversi livelli e con diverse motivazioni. Alcune critiche sembrano francamente poco condivisibili, altre sono decisamente più fondate. Come l’obbligatorietà, l’oggetto e il campo delle rilevazioni e il periodo in cui vengono effettuate. Ma soprattutto la scarsa qualità delle prove. Si rischia così di bloccare la diffusione della cultura della valutazione nella scuola.

Quanto conta il bravo maestro

Con le tecniche econometriche attuali si riesce a misurare quanto sistematicamente migliora l’apprendimento di uno studente esposto all’attività didattica di un insegnante, indipendentemente dalle caratteristiche ricorrenti nella famiglia e nella scuola frequentata. Un incremento del dieci per cento nella qualità del docente equivarrebbe all’effetto di un dimezzamento del numero di alunni per classe. Come migliorare allora la qualità degli insegnanti? Pensando a un più stretto legame fra rendimenti e premi. Ma anche attraverso una formazione dentro la classe.

Miti e realtà della scuola italiana

E’ tempo di rientro. Milioni di bambini e adolescenti tornano a scuola. Ma qual è la situazione dell’istruzione in Italia? Le statistiche internazionali dipingono un quadro deprimente: i risultati dei nostri studenti sono tra i peggiori in Europa. Eppure in teoria non mancano le risorse perche’ la spesa per studente e’ ai massimi mondiali. Forse il problema di fondo e’ che abbiamo un numero enorme di insegnanti ma non facciamo praticamente nulla per valutarli.

LE RETRIBUZIONI PERVERSE DELL’UNIVERSITA’ ITALIANA

Contrariamente ad una interpretazione diffusa, un’ analisi corretta dei dati bibliometrici rivela che la qualità della produzione scientifica Italiana e’ modesta. Ma la leggenda secondo cui in media i docenti italiani siano poco produttivi perché poco pagati in media non ha fondamento. E’ vero però che il sistema italiano premia generosamente l’ anzianità, indipendentemente dalla produttività, generando incentivi perversi, allontanando i talenti, e lasciando poche risorse per i ricercatori giovani e più produttivi. Il contributo termina con una proposta di riforma a costo zero che modifichi profondamente il sistema di incentivi attuali.

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