Da anni l’Italia accumula ritardi nella crescita della produttività. A penalizzarci non è la struttura settoriale dell’economia, bensì una dinamica debole nella maggior parte dei settori, pur con qualche felice eccezione, e la fragilità degli investimenti.
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Inflazione in discesa e taglio dei tassi comporteranno nella prima parte dell’anno un andamento sincrono di mercati azionario e obbligazionario. Nella seconda parte, invece, sarà meglio diversificare gli asset perché il driver sarà la crescita economica.
È opinione diffusa che le infrastrutture di trasporto favoriscano lo sviluppo delle aree servite. Ma spesso le opere portano a una semplice ricollocazione dell’attività economica. Sembra confermarlo anche il caso della Salerno-Reggio Calabria.
Ridurre al minimo il ruolo dello stato e lasciar fare al mercato: è il credo dei liberisti. Ma i fallimenti del mercato esistono e lo stato li deve correggere. Per l’Italia il problema non è la “dimensione” dello stato, quanto il modo in cui interviene.
Secondo Giorgio Parisi, il Pil non è una buona misura dell’economia e la sua crescita è in contrasto con la lotta al cambiamento climatico. Però sviluppo e riduzione della vulnerabilità agli eventi meteorologici estremi dipendono dal reddito dei paesi.
Nuove nuvole si stagliano sull’orizzonte internazionale: quelle della stagflazione. Non sarà probabilmente forte e duratura come negli anni Settanta, ma l’economia mondiale potrebbe rallentare e una moderata inflazione durare più a lungo del previsto.
Le Olimpiadi sono un terreno di confronto politico-economico, oltre che atletico, fra le grandi potenze. A Tokyo primi nel medagliere si sono confermati gli Usa, con la Cina saldamente al secondo posto. Ma un’Europa sotto un’unica bandiera vincerebbe.
All’uscita dalla pandemia sono due le questioni all’ordine del giorno: le spinte inflazionistiche degli ultimi mesi saranno transitorie? La forte ripresa che si profila sarà sostenibile e duratura? Per l’Europa decisive le risposte della Bce.
Pechino ha subito meno contraccolpi dalla crisi pandemica rispetto al resto del mondo ed è tornata a correre, grazie soprattutto agli stimoli fiscali e alla domanda esterna. Ma preoccupano il calo della produttività e l’invecchiamento della popolazione.
Circa un milione di poveri assoluti in più nel 2020. E senza i tanti provvedimenti pubblici di sostegno ai redditi l’aumento sarebbe stato ben più consistente. Ma le ingenti risorse prese a prestito dal futuro potevano essere usate meglio, per la crescita.