I dati amministrativi e quelli Istat sulle forze di lavoro convergono nel segnalare la crescita delle posizioni di lavoro e degli occupati a tempo indeterminato. Ma non sono solo di trasformazioni o transizioni all’interno della medesima impresa. Importanza degli incentivi e analisi da completare.
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Il ritorno alla crescita dell’Italia si consolida nel secondo trimestre 2015. Ma il recupero del Pil è oggi più lento e graduale che nelle riprese del passato. Per irrobustire la ripresa serve approvare e attuare rapidamente le riforme che aiutino l’economia.
Le prospettive dell’economia greca, così come quelle di tutta l’area euro, potranno migliorare davvero solo se l’Europa saprà affrontare i problemi che determinano la sua bassa crescita. Perché è la stagnazione che inasprisce tutte le differenze fra paesi.Â
Il dato di aprile sull’occupazione è superiore alla attese. E si aggiunge ad altri segnali che fanno ben sperare. Ma qualche cautela andrebbe mantenuta. Perché se il lavoro cresce più velocemente del Pil, la produttività media si abbassa. L’aumento inatteso del tempo determinato.
La valutazione con metodi rigorosi degli effetti delle politiche pubbliche è indispensabile per far sì che le scelte siano le migliori possibili. E varie amministrazioni potrebbero dare il buon esempio. Ma gli interventi finanziati con i fondi europei sono un’occasione da non perdere.
Le stime di crescita sono spesso sbagliate, ma non sempre la colpa è dovuta ad analisi insufficienti. In fase espansiva i governi tendono a essere mantenersi prudenti nelle previsioni. Lo ammette un ministro: il  +0,7 indicato nel Def può essere superato.
Uno studio dell’Ocse certifica un divario crescente tra ricchi e poveri nei paesi avanzati e mette in guardia sulle sue conseguenze nel lungo periodo. Alcuni effetti sono già visibili. A cominciare da quelli sulla crescita. Latitano, almeno in Italia, politiche utili a invertire la tendenza.
Una diagnosi sbagliata sulla stagnazione secolare porta a conclusioni di policy altrettanto sbagliate. Proviamo a correggere il tiro: questo non è il momento per il consolidamento fiscale, ma è quello per la politica espansiva. Un riequilibrio all’interno della spesa è però possibile e utile.
Il Quantitative easing della Bce è ai blocchi di partenza. L’obiettivo finale è riaccendere il motore della crescita in Europa. Intanto, le borse festeggiano e gli spread calano. Eppure, ci sono anche rischi. Legati alla conclusione dell’operazione e alla bolla finanziaria che avrà generato.