Stati Uniti e Cina hanno firmato un accordo che mette fine alla guerra commerciale. Per l’amministrazione americana è un indubbio successo. Senza una riforma del Wto, però, per il sistema multilaterale degli scambi potrebbe rivelarsi una vittoria di Pirro.
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Un accordo per chiudere la guerra commerciale tra Usa e Cina è sempre più lontano. Non solo gli americani non hanno alcun interesse a concluderlo, ma forse oggi non ci sono neanche le condizioni per ipotizzarlo. Il rischio è che il conflitto si allarghi.
Washington ha stilato una lista di prodotti ben selezionati da sottoporre ai dazi autorizzati dal Wto. L’agroalimentare made in Italy ne esce molto penalizzato. Ma il nostro paese, che non partecipa al consorzio Airbus, difficilmente potrà rispondere.
La Cina non ha più un enorme avanzo della bilancia dei pagamenti. Anche il disavanzo commerciale degli Stati Uniti con Pechino si è ridotto. Ma Trump continua con la politica dei dazi. Che paradossalmente finisce per rallentare i processi auspicati dagli Usa.
Il vertice di Osaka ha evitato un avvitarsi della guerra commerciale tra Usa e Cina, però non ha fatto alcun passo avanti su temi propri del G20 come la riforma del Wto. I due grandi si scambiano concessioni, ma tengono sotto scacco il resto del mondo.
“Gli altri paesi Ue non fanno la loro parte”: così, durante la vicenda Sea Watch, ha tuonato Matteo Salvini. Ma se migranti e profughi fossero assegnati ai paesi Ue in proporzione a Pil o popolazione e non secondo l’accordo di Dublino l’Italia dovrebbe accoglierne di più. Sarà per questo che le grida contro l’Europa non diventano volontà di cambiarne le regole.
Dopo la guerra dei dazi, Donald Trump e Xi Jinping hanno annunciato che toneranno a trattare. Sul tavolo della partita tra i due ci sarà un po’ di tutto, dal commercio della soia americana alla tecnologia della cinese Huawei. In un quadro in cui conta la legge del più forte e non le logiche multilaterali del Wto.
Belli i dati di mercato del lavoro del mese di maggio: disoccupazione appena sotto al 10 per cento e la proporzione di adulti occupati al record del 59 per cento. Sperando che i “segni più” si consolidino, per ora il basso numero delle ore lavorate totali segnala che il lavoro creato continua ad essere poco “dignitoso”.
Scarseggiano i medici? Non c’è limite al peggio: tra poco, nel 2025, gli specialisti del Ssn saranno dimezzati, da 105 mila a 52 mila. Varie le cause, imputabili alla trascuratezza dei governi di ogni colore, ma adesso, coi pensionamenti anticipati di quota 100 è arrivato il colpo di grazia. Vediamo cosa si può fare.
Uno dopo l’altro, in cinque anni in Italia tre partiti – Pd, M5s, Lega – hanno fatto il pieno di consensi per poi (in due casi, per ora) dilapidarli in un lampo. La volatilità del voto caratterizza questa fase storica, da noi come in Francia. Meno in Germania e nel Regno Unito.
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Nel decreto sul reddito di cittadinanza il governo richiede documenti del paese di origine spesso impossibili da produrre da parte degli stranieri beneficiari. Un altro trofeo da esibire in campagna elettorale per la Lega che rischia di restringere l’accesso al sussidio a molti poveri. A meno che il ministero del Lavoro non aggiusti la norma. Degli italiani che saranno eletti al Parlamento della Ue non sappiamo ancora né nomi né distribuzione tra le famiglie politiche. Possiamo però – analizzando le candidature – farci un’idea dei loro profili, lista per lista: genere, età, livello di istruzione, esperienze politiche. I nuovi eletti in Europa si giocheranno la faccia su pochi grandi temi, tra cui l’ambiente. Una proposta è quella di azzerare le emissioni di gas serra nel 2050. Su questo qualche paese – Germania, Polonia e Ungheria – ha per ora messo il veto. Mentre la Svezia fa da front runner.
Nella sua guerra commerciale con Pechino Trump aumenta dal 10 al 25 per cento i dazi su 200 miliardi di importazioni cinesi. Finora consumatori e imprese americane hanno pagato pegno per queste misure: il deficit commerciale Usa è salito, come i costi di produzione e i prezzi in America. Wall Street si preoccupa. Un paese dove, analogamente alla Cina, il socialismo si è trasformato in “capitalismo di stato” è il Vietnam. Anche lì le imprese a capitale pubblico, competitive sulla carta, sono frenate dal clientelismo. E ostacolano la crescita generata dalla globalizzazione.
L’irresistibile ascesa dei video on demand (tipo Netflix) penalizza particolarmente la tv in Europa. Che potrebbe però riguadagnare posizioni puntando sulle produzioni originali e locali. Rimane da capire come inciderà la regolazione Ue, a partire da quella sul copyright.
Salvatore Nisticò risponde ai commenti al suo articolo “Perché il Qe non ha prodotto inflazione”
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La recessione peggiora i conti pubblici e rischia di obbligarci a una nuova austerità che farebbe salire le disuguaglianze. Per ridurre le quali il mix di minori spese e temporanei incrementi di imposte dovrebbe preservare il sociale e le infrastrutture, consumi e redditi da lavoro. E tassare immobili pregiati, successioni e guadagni finanziari. Sarà l’armonizzazione fiscale uno dei campi in cui la Ue potrà fare passi avanti dopo le prossime elezioni europee. Qualcosa si è fatto con due direttive negli ultimi tre anni. La concorrenza fiscale tra stati va bene ma l’elusione delle imprese che sfruttano i diversi sistemi di tassazione va frenata.
Scocca l’ora anche in Italia – come in molti paesi Ocse – del salario minimo legale? Sembrerebbe di sì, visto che ci sono in Parlamento ben cinque proposte di legge. Si differenziano tra loro per entità, platea, variazioni regionali, rivalutazioni periodiche. Ma i sindacati rimangono diffidenti sul tema.
Oltre a essere squallido, il muro che Trump vuole tra Usa e Messico non potrà bloccare le trasformazioni sociali. L’etnia bianca scenderà sotto il 50 per cento entro 25 anni, mentre cresceranno l’ispanica e, meno, l’asiatica e l’afro-americana. Con implicazioni per disparità, istruzione, occupazione e per gli orientamenti di voto. Più efficace, invece, un altro strumento negoziale del presidente americano: i dazi. Applicati per forzare la Cina ad aprire il suo mercato chiuso e poco trasparente, sono stati un’alternativa sbrigativa alla riforma del Wto. Un processo troppo incerto per politici nazionalisti che vogliono risultati immediati.
Il governo dice di voler tagliare le pensioni d’oro. Ma la maggioranza sembra confusa sulla loro definizione. Sono quelle molto alte? O con maggiore componente retributiva? Quelle anticipate rispetto alla vecchiaia? Il disegno di legge del 6 agosto è un pasticcio iniquo e incoerente. E il contributo di solidarietà come “piano B” non è la misura adatta.
La ministra Bongiorno propone di assumere 450 mila nuovi dipendenti pubblici. Per far ripartire un turnover il cui blocco decennale ha smagrito e invecchiato il nostro settore pubblico. L’obiettivo dovrebbe essere quello di migliorare i servizi, anche grazie alla digitalizzazione della Pa. A cui la ministra nemmeno accenna.
Mentre gli eritrei della nave Diciotti vivevano una situazione di degrado, il ministro Salvini cercava di imporre il suo metodo muscolare fatto di conflitti istituzionali nel paese e con la Ue. Avrà guadagnato qualche altro voto, ma al costo di compromettere l’immagine dell’Italia nel mondo.
Protezionismo e guerre commerciali sono micidiali per la nostra economia perché la ripresa che abbiamo avuto (+1,5 per cento nel 2017) è stata trainata dalle esportazioni. I nuovi dazi Usa (terzo paese importatore dall’Italia) dell’“amico” sovranista Donald Trump farebbero molto male, soprattutto all’Italia.
Per chi si occupa di scuola, formazione, risorse umane ma anche psicologia, il termine competenze è pieno di significati e intorno a esso ci si confronta da quasi 50 anni. Un libro aiuta a orientarsi sul tema.
Convegno annuale de lavoce.info il 17 settembre a Milano. Save the date!
“I primi 100 giorni di populismo“ è il titolo del convegno annuale de lavoce.info. Si svolgerà la mattina di lunedì 17 settembre a Milano, presso l’Università Bocconi. È un’occasione per vederci di persona, dopo tante interazioni digitali! La prima parte dell’incontro è riservata ai nostri collaboratori e sostenitori più affezionati (quelli che ci hanno finanziato con almeno 100 euro nell’ultimo anno o cumulativamente negli ultimi tre anni. Chi vuole è ancora in tempo per fare la donazione.
La guerra commerciale tra gli Stati Uniti e la Cina è alla fine iniziata. Porta con sé grandi rischi di un’escalation che potrebbe rallentare tutta l’economia mondiale. Non ci sarà un vincitore, ma è già chiaro chi pagherà il conto dell’azzardo di Trump.