Eurostat dice nove mesi, ma l’Ocse calcola che a un laureato italiano servano quasi quattro anni per trovare un lavoro stabile. E in più, prima, ha impiegato molto più tempo per arrivare alla laurea rispetto ai coetanei europei. Così si accumulano differenze di capitale umano difficilmente colmabili.
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I recenti dati sul mercato del lavoro dell’Istat hanno di nuovo indicato un calo dell’occupazione, soprattutto tra i giovani. In questo contesto vengono spesso citati anche i cosiddetti Neet, ovvero quei giovani ( di età compresa tra i 15 e i 24 anni) che non sono né occupati né impegnati a scuola o all’università. Si tratta di un’utile classificazione perché permette di capire se il basso tasso di occupazione tra i giovani sia dovuto effettivamente al fatto che molti di essi non trovino lavoro, oppure più semplicemente al fatto che molti sono ancora impegnati in un percorso scolastico. I dati riportati nel grafico mostrano l’andamento nel corso degli ultimi 10 anni dei giovani occupati, disoccupati e inattivi in rapporto alla popolazione totale dei 15-24enni. Si nota molto chiaramente che i Neet sono aumentati costantemente dall’inizio della crisi e che tale aumento è dovuto principalmente ai disoccupati. Gli inattivi non impegnati a scuola sono anch’essi in aumento ma il trend non sembra aver risentito in modo significativo della crisi del 2008.
Mentre il tasso di disoccupazione giovanile sale, scende la fiducia dei giovani nella possibilità di trovare un lavoro, tanto più se adeguato al livello di istruzione. Forse anche perché le politiche sulla fase di ingresso nel mercato del lavoro si sono spesso rivelate inadempienti e inefficaci.
La Garanzia giovani non è certo la soluzione al problema della disoccupazione giovanile. Gli strumenti utilizzati risultano insufficienti e la situazione non è cambiata rispetto a un anno fa. Anche in altri paesi europei i risultati sono poco soddisfacenti. Misure da attuare e annunci mediatici.
La disoccupazione giovanile in Italia è su livelli altissimi. Se la politica non riesce a trovare soluzioni strutturali, i singoli possono cercare di dotarsi dei requisiti considerati desiderabili sul mercato del lavoro. Ma come? Un aiuto dalle proiezioni sui lavori più richiesti tra dieci anni.
La disoccupazione giovanile a gennaio 2014 ha raggiunto il 43,5 per cento. Solo due anni fa era appena superiore al 30 per cento. Sette anni fa era addirittura al di sotto del 20 per cento, meno della metà. C’è un fatto nuovo e preoccupante nella crescita più recente della disoccupazione giovanile. Nel 2011 e nella prima parte del 2012 questa crescita era accompagnata ad aumento della partecipazione giovanile al mercato del lavoro (la linea rossa nel grafico). Più di recente la disoccupazione aumenta assieme all’inattività. Nell’ultimo anno, in particolare, si sono persi 100.000 posti di lavoro (-10 per cento) fra chi ha meno di 24 anni. Circa la metà di questi è andata a gonfiare la disoccupazione. L’altra metà a generare inattività. In aggiunta ai disoccupati ci sono presumibilmente molto giovani che smettono di cercare lavoro perché pensano che non ci siano opportunità di impiego per loro. Il governo uscente si è occupato solo di tassazione degli immobili. Auguriamoci tutti che il governo Renzi riesca finalmente ad affrontare l’emergenza disoccupazione fra i più giovani. Ci vorrà, in ogni caso del tempo, prima che eventuali misure abbiano effetto.
Sulla pagina personale di facebook, il primo ministro Enrico Letta, scrive “Assunzioni #under30: in una settimana 9.500 domande per accedere ai benefici previsti dagli incentivi del Governo http://bit.ly/incentivilavoro #lavoro#disoccupazionegiovanile “.
Il tema è stato precedentemente ribadito dallo stesso prima ministro durante la ormai “nota” dichiarazione di fiducia al Senato. Il dubbio, è che queste assunzioni rappresentino più un richiamo mediatico intorno ad uno strumento marginale nel mercato del lavoro, piuttosto che un concreto intervento a favore dell’occupazione giovanile.
La staffetta generazionale proposta dal Governo Letta si basa sull’idea che per dar lavoro ai giovani sia necessario “toglierlo” agli anziani. Servirebbe invece una nuova distribuzione dei trasferimenti pubblici e una riduzione del carico fiscale sul lavoro. I costi per le finanze dello Stato.
Dal 2007 al 2011 il tasso di disoccupazione giovanile in Italia è passato dal 24 al 32 per cento, con un ulteriore balzo al 39,3 per cento nel primo trimestre 2012. Nello stesso periodo è cresciuta anche la disoccupazione tra gli adulti, ma molto meno. La crisi è stata più pericolosa del solito per i più giovani, perché sono loro i principali utilizzatori dei contratti di lavoro temporaneo. In miglioramento la condizione delle donne. Particolarmente colpiti i giovani con livelli di istruzione bassi. Mentre il tasso di disoccupazione si è ridotto per i laureati.
Giovani greci, la punta dell’iceberg
Di Daniele Fano
il 13/07/2015
in Commenti e repliche
A una settimana dai risultati del referendum greco e con l’ultimo vertice europeo alle spalle, l’unica speranza per uscire dalla crisi in maniera duratura è mettere sul tavolo nuove idee, con l’obiettivo di dare un futuro ai giovani e di sanare gli squilibri macroeconomici all’interno dell’area dell’euro.
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