Continuano in Europa le trattative su bilancio europeo e stabilizzazione dell’Eurozona. Se sul primo tema un compromesso è possibile, più difficile un accordo sul secondo. Per l’Italia potrebbe non essere un male, anche se i rischi non mancano.
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Come sopperire al buco nel bilancio Ue lasciato dalla Brexit? Si ipotizza di ricorrere a una parte degli utili delle banche centrali nazionali dell’Eurozona. Ma è un’idea che mal si concilia con il mandato all’Eurosistema sulla politica monetaria unica.
Chi sono i capri espiatori della crisi economica? Ecco come quattro quotidiani di altrettanti paesi dell’Eurozona hanno raccontato la grande recessione dal 2007 in poi. Mettendo in evidenza il problema della mancanza di un’opinione pubblica europea.
Un documento di economisti francesi e tedeschi prefigura un compromesso sulla riforma dell’area dell’euro. L’Italia deve partecipare al dibattito, per tutelare i suoi interessi. Ma per farlo deve essere credibile sulla riduzione del debito pubblico.
Dalla riunione della Bce esce un messaggio chiaro: c’è una ricalibratura del programma di acquisto dei titoli, ma non è indicata alcuna data per la fine del Quantitative easing. Così la Banca centrale continua a essere il più forte collante dell’Eurozona.
La premessa è che l’unione economica e monetaria è ancora incompleta. È in questo quadro che la Bce si muove e prende decisioni. A partire dal proseguimento della politica straordinariamente accomodante in virtù del mandato sulla stabilità dei prezzi.
Il discorso di Mario Draghi nel tradizionale incontro dei banchieri centrali a Jackson Hole ha deluso molti commentatori. Che si aspettavano indicazioni precise sulla fine del Qe. Ma a ben vedere, qualcosa di importante a riguardo è stato detto.
Come l’Unione monetaria, anche l’Unione bancaria rimane a metà del guado. È un progetto incompiuto, la cui piena realizzazione presuppone non solo modifiche dei Trattati, ma anche la volontà politica di procedere verso forme di integrazione fiscale.
Uno degli effetti del Quantitative easing è aver tenuto basso il valore dell’euro. Che ora invece torna ad apprezzarsi verso il dollaro. Le conseguenze potrebbero farsi sentire su obiettivo di inflazione, avanzo commerciale e tasso di crescita dell’area.