Durante la campagna elettorale, in quasi 50 articoli di commento e fact-checking, abbiamo analizzato le proposte dei partiti, lasciando perdere i toni da stadio. Il miglioramento di economia e finanza pubblica consente di votare con maggiore serenità. Facendo attenzione a non sprecare i risultati raggiunti. I tifosi che affollano la rete dimenticano che la valutazione dei risultati delle politiche è un esercizio utile ma complesso e rigoroso. Mette punti fermi nel dibattito politico e può evitare di spendere denaro pubblico in scelte inefficaci. Da noi si fa troppo poco. Valutando di più e meglio forse salirebbe la nostra stima verso chi ci governa, oggi molto bassa, almeno a giudicare dai risultati di un nuovo metodo di misurazione della fiducia coordinato dall’Ocse.
Quanto sia importante per la credibilità della politica ragionare su dati certi lo abbiamo visto ripetutamente con i nostri fact-checking. Oggi verifichiamo le parole del ministro Minniti sul numero di Ong rimaste attive nel Mediterraneo dopo la stretta imposta dal nostro ministero dell’Interno. La nostra analisi e raccolta di dati mostra che il calo c’è stato, a differenza di quel che ha detto il ministro. Anche Pietro Grasso, leader di Leu, parla di 200 miliardi di evasione fiscale. Al nostro fact-checking ne risulta circa la metà. E non è neanche vero che, come sostiene il presidente del Senato, non ci sia mai stata la volontà di recuperarla.
Confindustria, Cgil, Cisl e Uil hanno siglato il Patto della fabbrica che definisce meglio la misurazione della rappresentanza (per combattere sigle sindacali inattendibili) e riafferma il sistema di contrattazione a due livelli. Molte le cose mancanti, a partire dal salario minimo – che non piace a nessuna delle parti sociali. L’Istat ci dice che a gennaio c’è stato un lieve aumento dell’occupazione, soprattutto giovanile, trainato ancora una volta dai contratti temporanei. Nel corso del tempo, hanno perso importanza i contratti di apprendistato. Alla loro perdita di popolarità hanno contribuito – finché ci sono stati – gli sgravi contributivi che hanno accompagnato l’entrata in vigore del Jobs act.
Da destra e da sinistra si è invocata la soppressione della riforma Fornero che ha alzato l’età pensionabile. Senza dire che dovremmo rinunciare a 330 miliardi di risparmi cumulati fino al 2045. A un costo molto più basso si potrebbe invece ipotizzare un’uscita dal lavoro flessibile, un misto di pensione e lavoro part-time.