La nuova classificazione di occupati e disoccupati adottata dall’Istat cambia almeno in parte i numeri sul mercato del lavoro durante la pandemia. L’indicatore più affidabile rimane comunque quello delle ore lavorate, che permette un’analisi più precisa.
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Gli anni Duemila hanno già visto due crisi: la prima è quella finanziaria del 2008-2009, la seconda è quella sanitaria di oggi. Per sostenere il reddito dei lavoratori si è però fatto ricorso a misure diverse. Con riflessi nei dati sulla disoccupazione.
I dati relativi al mercato del lavoro di marzo mostrano una tenuta dell’occupazione, un netto crollo della disoccupazione e un aumento degli inattivi. Ma la difficoltà nel reperire i dati rende queste stime fortemente provvisorie e stranamente in controtendenza rispetto al resto dei paesi europei.
I dati occupazionali di settembre mostrano un netto cambio di rotta: al contrario di quanto accaduto nei mesi precedenti, a crescere sono gli occupati maschi e con più di 35 anni. Si interrompe bruscamente il calo degli inattivi e il lavoro è più precario.
Ritorna il fact-checking de lavoce.info. Passiamo al setaccio le dichiarazioni di politici, imprenditori e sindacalisti per stabilire, con numeri e fatti, se hanno detto il vero o il falso. Questa volta tocca a Luigi Di Maio e alle sue affermazioni sul mercato del lavoro.
A febbraio il tasso di disoccupazione è sceso all’11,5 per cento, -0,3 punti rispetto al mese precedente. Lo dice l’Istat, che allo stesso tempo sottolinea come questa riduzione sia da attribuire maggiormente a un aumento degli inattivi tra i 15 e i 64 anni, ossia coloro che sono fuori dalla forza lavoro, piuttosto che a un aumento degli occupati. Infatti, a fronte di una riduzione dei disoccupati di 83 mila unità, gli occupati crescono solo di 8 mila. Mentre gli inattivi registrano un aumento di 51 mila unità.
Tuttavia, andando oltre le oscillazioni mensili, si nota che la tendenza di medio periodo degli inattivi è significativamente decrescente. Oggi le persone fuori dalla forza lavoro sono il 9,8 per cento in meno rispetto a inizio 2011. Segno che comunque, nonostante gli anni di crisi, in Italia si è continuato a ricercare un’occupazione.