Funziona la politica di Quantitative easing della Bce? A giudicare dall’andamento dell’inflazione e soprattutto del Pil nominale, il vero obiettivo di quella politica, sembrerebbe di no. Non è il livello medio di inflazione nell’Eurozona che conta, ma quello dei singoli paesi. L’obiettivo da darsi.
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Si accrescono i timori che l’appartenenza all’Unione monetaria non coincida necessariamente con un processo di convergenza nei redditi pro-capite. Quali sono le condizioni per riavviare il motore di questo obiettivo comunitario?
Per Italia e Grecia che faticano a uscire dalla recessione servono politiche macroeconomiche innovative. E le aspettative di inflazione fanno salire il consumo di beni durevoli. La soluzione nell’annuncio di un aumento dell’Iva controbilanciato da una pari riduzione della tassazione sul reddito.
Draghi ce l’ha fatta: ha servito il Qe al tavolo del Consiglio Bce. Ha dovuto condirlo in salsa europea per farlo mangiare anche ai tedeschi (lo digeriranno?), ma va bene così. Adesso bisogna che le altre politiche non remino contro, a cominciare dalla vigilanza bancaria della Bce stessa.
L’Europa ha finito per creare un governo della moneta che sfugge alla responsabilità di dotare il settore privato delle risorse finanziarie necessarie per la crescita della produzione e del lavoro. E va in cerca di altri soggetti disposti a farlo, offrendo sul piatto la garanzia di Francoforte.
La deflazione è un pericolo reale per l’Eurozona: unita alla stagnazione può diventare una tenaglia letale per i paesi con alto debito pubblico. Uscirne si può, a patto di vincere alcuni tabù. Per esempio, avviando una politica di investimenti pubblici finanziata direttamente dalla Bce.
La Bce mette in atto misure innovative. Necessarie, ma non ancora sufficienti ad affrontare  i problemi dell’area euro: l’incertezza che paralizza le banche e la crescita di flussi di capitale non orientati a investimenti produttivi. Con il problematico sovra-apprezzamento dell’euro.
Il processo di liberalizzazione nel mercato dei prodotti indotto dall’euro e dal Mercato unico europeo si è inceppato in molti paesi non appena acquisito l’ingresso nella moneta unica. A farlo riavviare è stata la crisi, perché nei tempi bui aumenta il costo del non far niente.
Negli ultimi mesi, all’interno di Fed e Bce sono emerse voci contrarie al mantenimento di politiche monetarie accomodanti. È necessario evitare che si generino effetti distorsivi sull’economia reale, ma oggi la priorità è l’occupazione e non l’inflazione. Come mostra l’analisi del Misery Index.
Il Brasile non cresce più a ritmi vertiginosi. E per questo sembra delinearsi un cambiamento del modello macroeconomico, spostando la domanda dal consumo agli investimenti, per aumentare la produttività dell’industria e sopperire alle carenze infrastrutturali. Ne è un esempio la legge sui porti.