La Corte di giustizia Ue ha condannato l’Italia perché non rispetta le norme sulla qualità dell’aria. Ma dagli anni Settanta l’inquinamento si è molto ridotto e solo pagando un prezzo alto si sarebbe potuto fare di più. È la regolazione che va ripensata.
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Il lockdown di primavera ha migliorato la qualità dell’aria in Lombardia, abbassando i numeri delle morti premature. Ma non tutte le emissioni si sono ridotte e l’inquinamento atmosferico ha superato i livelli stabiliti dall’Oms un giorno su quattro.
Dove hanno agito, le Usca sembrano essere riuscite a ridurre la pressione sugli ospedali. Ma non in tutte le regioni sono effettivamente operative. Per esempio, tre di quelle più colpite dalla seconda ondata hanno un tasso di copertura molto basso.
In caso di nuovi picchi di contagio, potrebbe non essere necessario richiudere intere regioni. Un’alternativa può venire dai sistemi locali del lavoro, gruppi di comuni identificati dall’Istat sulla base dei dati sulla mobilità dei lavoratori pendolari.
C’è differenza nei decessi legati al coronavirus tra uomini e donne. I primi sono più a rischio. In Italia però la situazione sembra capovolgersi dopo gli 80 anni. Non è così se si tiene conto della composizione per età e genere della popolazione.
Scelte operative e modelli di sanità diversi tra regioni confinanti hanno assegnato alla Lombardia il triste record di morti per Covid-19. Intanto il governatore Fontana – in concorrenza con il governo centrale – sforna una app per tracciare la salute dei lombardi, contro un virus che non vede confini. Per capire meglio i dati sulla mortalità, bene utilizzare anche quelli dell’Istat. Soprattutto per quanto riguarda le aree più colpite. Rimane che l’inaffidabilità dei dati impedisce di stabilire il reale numero dei contagiati. Per ridurre i rischi della fase 2 servirebbe un monitoraggio su un campione della popolazione. E comunque a pesare su quando riaprire e quali attività economiche ci sarà la ricerca di un equilibrio tra i costi per salvare vite umane e i costi del blocco. E sempre prima di riaprire andrebbero valutati con precisione gli effetti del lockdown sulla diffusione del coronavirus, anche se in assenza di dati dettagliati.
Sensibili gli effetti sociali dell’emergenza. Con la scusa della crisi, torna sotto attacco, in Italia, il diritto delle donne di interrompere la gravidanza e si riaffaccia il rischio di tornare agli aborti clandestini. E anche se, da casa propria, si offrono lezioni online a tutti gli studenti, una loro effettiva fruizione che non allarghi le esistenti disuguaglianze formative dipende dal background familiare.
La Corte Ue ha condannato tre paesi che hanno evitato la redistribuzione dei profughi. Atto poco più che simbolico ma proprio per questo importante.
Continuano le puntate de lavoce in capitolo, il podcast de lavoce.info. Questa settimana: “Eurobond o Mes comunque è debito“, con Tommaso Monacelli.
La Lombardia è sotto i riflettori per la gestione dell’emergenza coronavirus. I dati Istat sulla mortalità in eccesso consentono di fare un confronto con comuni vicini al suo confine. Pur nei limiti di dati ancora parziali, le differenze sono evidenti.
Le analisi basate sui dati forniti dall’istituto di statistica vanno considerate con grande cautela ma possono offrire importanti indicazioni, in alcuni casi addirittura prudenziali, sul numero totale di morti in eccesso. Soprattutto nelle aree più colpite.
Nella regione più colpita dall’infezione di coronavirus, il governatore Fontana prende iniziative a zig-zag, contraddittorie e in splendido isolamento rispetto al contesto nazionale. L’ultima è una app per tracciare i soli cittadini del suo territorio. Un nonsenso.
Per pensare a una riapertura graduale serve una strategia di lungo periodo che tenga conto di tutti i rischi connessi alla ripresa delle attività. E colga l’occasione per portare a termine quelle riforme strutturali per troppo tempo rimandate.
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