La Bce deve essere liberata dal compito di ridurre gli spread, per concentrarsi sul suo mandato principale. L’istituzione di una Agenzia europea del debito, insieme a regole fiscali equilibrate, potrebbe garantire stabilità senza causare recessione.
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L’Eurozona non ha ancora un vero scudo anti-spread. Il nuovo strumento annunciato dalla Bce è avvolto nel mistero. Basterà la flessibilità nel riacquisto dei titoli? Intanto l’Omt è andato in soffitta.
In un contesto finanziario e geopolitico sempre più incerto, con venti di guerra e spinte inflazionistiche generate dalla ripresa post pandemica, l’azione delle banche centrali diventa più difficile da prevedere. Una panoramica della situazione attuale e delle prospettive future in Usa, Uk ed Eurozona.
La fine del 2021 si avvicina e si può tracciare un bilancio della politica monetaria fin qui condotta dalla Bce. Mentre il Consiglio direttivo del 16 dicembre offre utili indicazioni sulle sfide che si prospettano nel 2022, in una situazione ancora incerta.
Sulle due sponde dell’Atlantico, l’uscita dalla politica monetaria ultra-accomodante avverrà a velocità diverse: la Fed sarà più rapida della Bce. Nell’area euro prevale la preoccupazione di non destabilizzare il mercato del debito pubblico.
Nella riunione del 22 settembre, il Board della Fed ha confermato quanto era stato anticipato dal suo Presidente Powell nel convegno agostano di Jackson Hole: salvo sorprese, la banca centrale americana avvierà presto una graduale riduzione del ritmo degli acquisti di titoli attualmente in corso, dando così attuazione alla sua exit strategy dal programma di quantitative easing avviato per reagire all’impatto della pandemia sull’economia americana.
In attesa del meeting di novembre, nel quale si prevede che la Fed prenda una decisione in questa direzione, riproponiamo l’articolo pubblicato in occasione del discorso di Powell a Jackson Hole, che chiarisce i passaggi previsti dalla strategia di uscita della Fed.
Le banche centrali dei principali paesi sviluppati, Bce in testa, si muovono nella stessa direzione. Cercano di uscire dalla logica emergenziale iper-espansiva degli ultimi due anni con molta prudenza. La scelta ha diverse ragioni, tutte comprensibili.
Nell’ultimo consiglio direttivo Christine Lagarde ha annunciato un calo degli acquisti di titoli nell’ambito del programma emergenziale Pepp. Ma il rallentamento è in atto già da qualche settimana e la fine del programma di acquisti sembra ancora lontana.
A Jackson Hole il presidente della Fed ha annunciato l’uscita dal Quantitative easing, ma i mercati festeggiano. Il merito è della chiarezza e della gradualità della exit strategy. La Bce potrebbe ricavare indicazioni utili dalle scelte americane.
Sul piano economico, un’eventuale svolta espansiva della Bce, sulla scia delle decisioni della Fed, appare inevitabile. Sul piano giuridico, invece, ci sono forti dubbi sulla fattibilità dell’inversione di rotta. È necessaria una revisione dei Trattati.