La diffusione del coronavirus in Italia sembra ora sotto controllo. Si può allora pensare alle conseguenze indirette della pandemia su altre gravi patologie. E alle soluzioni che si sperimentano in alcune regioni, a partire dalla telemedicina.
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L’esperienza vissuta dall’Italia durante la pandemia impone una riflessione critica sull’evoluzione del nostro sistema istituzionale. Dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, è caratterizzato da una dispendiosa molteplicità di livelli di governo.
Dal punto di vista dei numeri, la diffusione del lavoro nero non è poi molto diversa tra Nord e Sud. Ma nel Mezzogiorno è probabile che i lavoratori irregolari siano i soli occupati in famiglia, mentre non è così nelle regioni settentrionali.
Il governo è in procinto di varare un decreto per la semplificazione della Pa. Ma i risultati ottenuti nella gestione dei fondi europei chiamano in causa la capacità amministrativa degli enti più che il quadro legislativo o il numero di dipendenti.
Finora le regioni hanno stanziato 4 miliardi per interventi a sostegno delle famiglie e del sistema produttivo nell’emergenza Covid-19. Una prima mappatura delle misure mostra quanto può essere vantaggiosa la collaborazione tra stato e sistema regionale.
Nell’emergenza economica la cassa integrazione in deroga è uno strumento utile per dare un sostegno ai lavoratori. Ma procedure complesse e farraginose producono gravi ritardi nell’erogazione. Per cambiare serve più coraggio degli amministratori pubblici.
È paradossale che il governo stanzi ingenti risorse per fornire liquidità alle imprese attraverso le banche, mentre le pubbliche amministrazioni non pagano i propri debiti. Eppure, somme già stanziate in bilancio non si trasformano in pagamenti effettivi.
Le minori entrate dovute alle misure di blocco delle attività potrebbero causare un disavanzo generalizzato di tutti gli enti locali nel 2020. Mentre aumentano le spese per la sanità. Ecco cosa deve fare lo stato centrale per aiutare regioni e comuni.