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Il Punto

Le autorità Usa dell’era Trump abbandonano la net neutrality, cioè il principio secondo cui gli internet provider devono trattare utenti e fornitori di contenuti allo stesso modo, senza discriminazioni di prezzo. Consumatori e imprese americani pagheranno di più ma forse arriveranno maggiori investimenti sulla rete.
Molti pensano che le fonti fossili di energia siano sul viale del tramonto. Errore: a livello mondiale la loro quota è rimasta stabile all’80 per cento negli ultimi 25 anni. Siamo di più e più ricchi e questo non aiuta, eppure il processo di decarbonizzazione, sebbene tortuoso, è ormai avviato.
Per documentare “l’invasione dei clandestini”, Matteo Salvini usa dati scelti con furbizia chirurgica (i primi 15 giorni dell’anno). Ma guardare agli arrivi su periodi troppo brevi porta conclusioni affrettate. Come mostra il fact-checking de lavoce.info, il dato solido è che in un anno gli sbarchi sono diminuiti del 34 per cento. E non è neanche vero che ci sono oltre 183 mila stranieri ospitati in albergo. Un approccio serio al problema dell’accoglienza è invece investire in politiche d’integrazione, come prevede il piano del ministero dell’Interno per insegnare a chi arriva lingua italiana, diritti e doveri.
Rinunciano alla loro autonomia i candidati del M5s per essere, una volta eletti, strumenti operativi del movimento. Ma questo impegno non è giuridicamente valido: in realtà non gli si può imporre un mandato e devono unicamente servire quelli che ritengono essere gli interessi del paese.
Se le amministrazioni pubbliche facessero i loro acquisti con competenza, avremmo riduzioni di costo e accorciamento dei tempi di esecuzione dei contratti. Uno studio sulle agenzie federali Usa quantifica i potenziali risparmi nell’ipotesi che tutte avessero la professionalità della Nasa.
Nel’Italia dei 10 mila campanili, si fanno strada (poche) fusioni di comuni. Vanno meglio le unioni di comuni, in cui ci si mette d’accordo solo per spendere insieme. E da uno studio condotto in Emilia-Romagna viene fuori che i risparmi sono decisamente significativi. Rimangono aperti, intanto, i dossier sul regionalismo differenziato. Quello di Lombardia ed Emilia-Romagna che si stanno confrontando con il governo per ottenere maggiore autonomia e quello del Veneto che vuole diventare statutariamente regione autonoma. Non sono del tutto chiare, però, le posizioni delle varie forze politiche nei confronti di queste iniziative.

Il Punto

Non ci volevano i referendum autonomisti per capire che si devono riordinare i rapporti tra le tante e diverse regioni a statuto ordinario e speciale e lo stato centrale. Nel nostro parlamento languono da anni varie proposte al riguardo. Intanto in Francia il numero delle regioni è sceso da 22 a 13, sette delle quali nuove.
La posta in gioco nel braccio di ferro tra governo e Tim è il controllo della rete. Da scorporare – secondo il primo – e unire a Open fiber (Enel più Cdp) per sviluppare la banda larga in tutto il paese. Da tenersi ben stretta – per la seconda – perché porta ancora profitti. Ma il vero business si sta spostando altrove.
Cambio di rotta nei dati sull’occupazione a settembre: aumenta per i maschi con più di 35 anni di età, diversamente che nei mesi precedenti. Donne e giovani perdono posizioni e questo non va bene. Così come preoccupa il brusco stop al calo degli inattivi, che hanno ripreso a salire. Questi dati, come quelli degli ultimi anni, sanciscono anche la crisi degli autonomi. Fino a ieri emblemi del nostro mercato del lavoro, in quasi 15 anni i lavoratori indipendenti sono diminuiti di quasi 1 milione. Un calo meno marcato tra gli stranieri e più evidente tra gli italiani commercianti e artigiani. In controtendenza i liberi professionisti.
Ma è vero che gli stranieri scippano le case popolari agli italiani? A conti fatti l’allarme appare esagerato, sospetto di strumentalizzazione politica. Gli immigrati – anche comunitari – sono intorno all’8,5 per cento negli alloggi popolari, in linea con la loro incidenza sulla popolazione del paese.

Il Punto

“Basta guerra al carbone”, ha annunciato trionfalmente Trump. Probabilmente per compiacere l’uditorio di lavoratori del settore. In realtà il presidente sa bene che è il carbone ad essere finito, perché ha cominciato ad andare fuori mercato già prima che Obama, nel 2015, si facesse paladino delle riduzioni di CO2.
Con un risultato scontato e partecipazione elevata in Veneto e limitata in Lombardia, i risultati dei referendum regionali sono usati da Zaia e Maroni nella trattativa con lo stato per conquistare nuove competenze, tra le quali la scuola che sarebbe la più pesante economicamente e politicamente. E aggiungono pretese costituzionalmente improponibili sul gettito fiscale prodotto localmente. Impossibilità a loro note, ma che raccontano agli elettori.
Abbiamo scritto del Documento programmatico di bilancio (Dpb) inviato dal governo italiano a Bruxelles. Oggi vi proponiamo una infografica che confronta gli obiettivi di finanza pubblica dell’Italia con quelli sanciti nei Dpb di Germania, Francia, Portogallo e Spagna. Debito in calo ovunque. Se cresce il Pil.
I prezzi di farmaci innovativi e importanti per la salute di tanti malati sono troppo alti. Le case farmaceutiche devono ovviamente rientrare dei costi sostenuti per la ricerca. Ma, invece di usare i brevetti, si potrebbe compensarle con premi provenienti da grandi fondi di ricerca. Vari organismi internazionali cominciano a parlarne.

Verso il regionalismo differenziato

Nella riforma costituzionale cambia il rapporto Stato-regioni, con una separazione più netta di competenze. Ne deriva un assetto istituzionale più razionale ed efficiente. Per le regioni a statuto ordinario c’è la possibilità di ottenere maggiore autonomia. A patto di avere i conti in ordine.

Quel potere di veto garantito alle regioni a statuto speciale

La riforma costituzionale prevede che la revisione del Titolo V si applichi alle regioni a statuto speciale solo dopo una specifica modifica dei loro statuti. Lo stato riconosce così agli enti territoriali autonomi un ingiustificato potere di veto. Possibili conseguenze sulla politica finanziaria.

Soldi alla sanità: una scelta tutta politica

Con la discussione sulla legge di bilancio si torna a parlare di finanziamenti alla sanità. Al di là della retorica di governo e regioni, prima di parlare di fabbisogno, si dovrebbe chiarire quale sistema sanitario si vuole per il futuro. Nuovi Lea: l’accentramento non risolve i divari territoriali.

Tempi di post-politica

Dall’Unione Europea arrivano vincoli crescenti che non riguardano solo la politica economica o fiscale. I margini di manovra dei governi nazionali, regionali o locali si riducono di conseguenza. Ma così si restringe lo spazio per il pluralismo delle scelte. E diminuisce il ruolo della politica.

Il buco nei conti delle regioni: solo un pasticcio contabile?

Come mai si parla improvvisamente di un buco di 20 miliardi nei bilanci delle regioni e di ben 5,8 nel bilancio del Piemonte? E che c’entra tutto questo con il dibattito sulla legge finanziaria? La ricostruzione della vicenda, il pasticcio contabile e due domande importanti. Che attendono risposta.

Sanità: il piano di rientro passa in corsia

Sulla spesa sanitaria la principale novità della legge di stabilità riguarda i piani di rientro a livello di singolo ospedale in caso di difficoltà sulla tenuta dei conti o nella fornitura di buoni servizi. Saranno le regioni stesse a comminare le sanzioni. Scatterà poi la clausola di supremazia?

Cambio di rotta sulle province

Fin dall’inizio, la scelta più razionale sarebbe stata attribuire direttamente alle regioni le funzioni delle province, affidando loro anche il compito di razionalizzare la spesa connessa. Ora sembra che anche parlamento e governo, pur con grave ritardo, siano orientati ad abbracciare questa idea.

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