È stata una settimana cruciale per il Regno Unito. Né la drammatica e umiliante fine della carriera di Theresa May, né il terremoto elettorale delle europee hanno risolto il dilemma della Brexit. Hanno solo reso più chiare le alternative.
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Il Parlamento britannico ha di nuovo respinto l’accordo con la UE per una Brexit governata. Il nodo è il backstop: inaccettabile per il Regno Unito, ma irrinunciabile per l’Unione. Anche il rinvio dell’uscita, appena approvato, comporta evidenti problemi.
La Brexit continua a rimanere un rebus senza soluzione. Theresa May ha ora concesso al parlamento di votare su un rinvio dell’uscita definitiva dalla Ue. Ma così non si risolve nulla. E ai Comuni non c’è una maggioranza per una reale alternativa.
Theresa May continua imperterrita a ripetere che bisogna “consegnare al paese quello che ci ha chiesto”, ossia l’uscita dalla Ue, anche senza accordo. Ma il paese dovrà pagare un prezzo altissimo. E non sono certo di aiuto le ambiguità di Jeremy Corbyn.
Si avvicina la data della Brexit, ma non l’accordo con l’Unione europea. La stagione dei congressi dei partiti ha ulteriormente spaccato il Regno Unito e i gruppi politici al loro interno. Ci sarà un nuovo referendum? Tutto dipende dai laburisti.
Un’intesa tra Regno Unito e Unione europea appare sempre più lontana. Anche perché a Londra gli scenari politici sono tutt’altro che chiari. Nel paese di Shakespeare, solo la finzione teatrale può aiutarci a comprendere la gravità della situazione.
Battaglia aperta tra i Tory. Gli anti-europei sono ormai convinti che Madam May non potrà ottenere la Brexit che immaginavano. Intanto nel paese sembra prendere coraggio il movimento contrario all’uscita dalla UE. Sarà decisiva la posizione dei laburisti.
Il settembre di Theresa May si riassume in due discorsi. Nel primo, a Firenze, si è rivolta all’opinione pubblica europea. Con il secondo, al congresso del suo partito a Manchester, ha parlato al paese. La sua posizione di leader non ne esce rafforzata.
Si può fermare la Brexit? Tra i giuristi non c’è unanimità di pensiero. Ma non si può ammettere che uno stato possa revocare il recesso dall’Unione europea in base alle sue convenienze. Perché la decisione spetterebbe alla Corte di giustizia europea.
Il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio e il portavoce di Renzi, Michele Anzaldi, hanno polemizzato sulla proposta di reddito di cittadinanza, usando definizioni e dati confusi. Sottoponiamo le dichiarazioni dei due parlamentari al fact-checking de lavoce.info.
Dopo la battuta d’arresto elettorale per la signora May e l’invito ai britannici a ripensarci da parte di Emmanuel Macron, i giuristi si chiedono se e come si possa tornare indietro sulla Brexit. Tante interpretazioni del famoso articolo 50 del trattati Ue. Con un po’ di buon senso si può definire come e quando ciò sia praticabile. Nel frattempo si fanno i conti sui flussi elettorali nel Regno Unito. Emerge che Corbyn si è mostrato abile nell’intercettare il voto di giovani e scontenti. Ma non abbastanza da vincere.
Uno European safe bond che tragga il suo valore da un paniere di titoli di debito sovrano dei vari paesi dell’eurozona è una buona idea. Ma per farla decollare serve spingere le banche a investirvi. Il sistema più sicuro è quello di incentivarle a diversificare, mettendo un tetto ai titoli di stato da esse detenuti.
In un rapporto appena pubblicato, l’Istat fotografa la demografia di un paese triste in cui, nel 2016, il numero dei morti ha superato quello dei nuovi nati di 142 mila unità. Senza i bambini stranieri, la cifra salirebbe a 205 mila. Per invertire la tendenza, cercasi politiche di welfare per donne e giovani.
La povertà va ben oltre la mancanza di reddito. Le famiglie meno abbienti destinano al pagamento delle bollette una quota rilevante del loro bilancio e sono esposte alla “vulnerabilità energetica” e alle sue conseguenze socio-sanitarie. Un recente studio prova a quantificare il problema.
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