Il Qantitative easing della Bce è partito il 9 marzo 2015. È troppo presto per vederne i primi effetti oppure qualcosa già si muove? La più importante operazione di politica monetaria dalla nascita dell’euro sembra aver prodotto un primo risultato: il ritorno della fiducia tra gli operatori.
Il bilancio del primo mese
All’inizio di aprile si è concluso il primo mese di Quantitative easing: fino al 3 aprile la Banca centrale europea aveva acquistato 52,52 miliardi di euro di titoli di Stato, 4,88 miliardi di euro di Abs (asset backed securities) e covered bond, 5,2 miliardi di euro di titoli emessi da istituzioni sovranazionali. Sul totale dei titoli di Stato acquistati, 11,06 miliardi sono di titoli tedeschi, 8,7 francesi, 7,6 italiani e 5,6 spagnoli.
Gli effetti del Qe si sono in larga misura già manifestati, in parte scontati dal mercato prima dell’annuncio ufficiale e successivamente grazie alle dimensioni dell’operazione di molto superiori alle attese (almeno 1.100 miliardi di euro contro 600).
Il tasso di cambio dell’euro contro il dollaro si è deprezzato del 3,6 per cento dal giorno dell’annuncio del Qe (ma del 19,6 per cento dal 5 giugno 2014, quando – con l’annuncio delle operazioni Tltro – i mercati presero atto che un Qe sarebbe stato molto probabile), anche se poi e tornato ad apprezzarsi per le notizie negative sull’economia americana.
Un altro effetto visibile si è avuto sui rendimenti dei titoli di Stato, calati in tutti i paesi dell’area euro: il rendimento del decennale italiano è sceso del 36,6 per cento da giugno 2014, ma a metà aprile 2015 la variazione negativa aveva raggiunto addirittura il 55,7 per cento – e del 16 per cento dal 22 gennaio (annuncio Qe) -, anche se è risalito del 45,5 per cento dall’avvio operativo degli acquisti (9 marzo), prevalentemente per l’incertezza associata alla situazione greca.
Cosa cambia nell’economia reale
Ma gli effetti sull’economia reale? Mario Draghi ha più volte ricordato che tra gli obiettivi del Quantitative easing c’è quello di stimolare la congiuntura riportando l’inflazione al 2 per cento. Per vedere i primi effetti in questa direzione presumibilmente sarà necessario attendere diversi mesi (anche se la produzione industriale a febbraio è già salita su base annua dell’1,6 per cento – nel 2014 aveva fatto registrare un +0,8 per cento medio – e la deflazione si sta gradualmente riassorbendo: a marzo è stata del -0,1 per cento dal -0,3 per cento di febbraio e dal -0,6 per cento di gennaio).
Se da un lato bisogna aspettare almeno la seconda metà del 2015 per avere un’idea più precisa sull’impatto effettivo del Qe sull’economia della zona euro, dall’altro si deve sottolineare come qualcosa di rilevante stia già accadendo.
Da gennaio (il Qe è stato annunciato il 22 gennaio del 2015) la fiducia degli operatori economici dell’area sta risalendo visibilmente. In parte, il fenomeno era già in essere: i prodromi di una contenuta ripresa potevano essere osservati già a dicembre 2014. Va detto che l’analisi grafica di seguito proposta ha un valore soprattutto qualitativo che andrebbe rafforzato con uno studio empirico che confermi i nessi di causalità ipotizzati. Ma i grafici sottostanti sembrerebbero evidenziare chiaramente come l’annuncio della Bce abbia contribuito a rafforzare, se non talvolta a invertire in positivo, la tendenza in atto.
Grafico 1 – Indicatori di fiducia degli operatori economici e congiunturali della zona euro
Nota. L’indice di fiducia delle imprese della zona euro è un indice di diffusione espresso come percentuale del saldo degli operatori intervistati sul totale (valori positivi indicano una prevalenza di quelli che hanno espresso una valutazione positiva). Lo Zew è a sua volta un indice di diffusione rilasciato con cadenza mensile a seguito di un sondaggio condotto presso 350 esperti sulle prospettive dell’attività economica dell’area. Gli indici Pmi (Purchasing Manager’s Index, indici dei direttori degli acquisti) sono costruiti sulla base di sondaggi effettuate presso i direttori degli acquisti delle imprese che esprimono un parere in forma sintetica sullo stato dell’economia della propria azienda (la soglia di espansione è a 50 punti). L’indice di fiducia dei consumatori è quello calcolato dalla Commissione europea ed è un indice di diffusione. Fonti: Bloomberg, Eurostat, Commissione europea, Istat.
L’indice di fiducia delle imprese e lo Zew (sempre un indice di fiducia delle imprese del tedesco Centre for European Economic Research – Zentrum für Europäische Wirtschaftsforschung) per l’intera area euro avevano già intrapreso un trend positivo, ma sono tornati al di sopra delle rispettive soglie di espansione subito dopo l’annuncio del Qe, così come i purchasing manager’s index (che sono variabili congiunturali ma che in parte intercettano anche le aspettative sui prossimi mesi) relativi ai settori manifatturiero e dei servizi, mentre l’indice di fiducia dei consumatori, pur rimanendo su valori negativi, è salito del 66,1 per cento tra dicembre e aprile.
L’Italia non fa eccezione in questo contesto, come si può osservare nel grafico di sintesi in basso a destra, nonostante una piccola correzione nell’ultima rilevazione di maggio.
Il sentiment, quindi, sembra aver sinora beneficiato dell’effetto Qe. Se è vero, come sosteneva Kenneth Arrow, che “la fiducia è l’istituzione invisibile che regge lo sviluppo economico”, quest’ultimo potrebbe arrivare (speriamo) dopo l’estate.
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Massimo GIANNINI
L’autore scrive che con l’ultimo dato del PIL: “finisce la recessione, non la crisi”. Ma quanto di quel +0,3% è in verità dovuto al nuovo metodo di calcolo statistico? Siamo sicuri che sia vera crescita?
markogts
Il Q.E. si può fare solo finché gli arabi cercano di azzoppare le compagnie di fracking statunitensi. Finita la battaglia, il petrolio tornerà caro e non potremo più permetterci l’euro debole.