Il bonus di 80 euro andrà soprattutto a beneficio delle famiglie della classe media, proprio perché generalmente hanno più di un reddito da lavoro dipendente. Le donne, in media con redditi più bassi, lo otterranno più degli uomini. Mancano ancora misure strutturali per il contrasto alla povertà.
IL DECRETO SPENDING REVIEW
Secondo le più recenti bozze del decreto legge “spending review”, nel 2014 per i redditi da 8.145 a 24mila euro è previsto un credito pari a 640 euro (sono quindi esclusi gli incapienti). Tra 24mila e 26mila verrà riconosciuto un credito di 640 euro moltiplicato per la differenza tra 26mila e il reddito complessivo, diviso per 2mila. Per i redditi in quest’ultima fascia, il bonus è così strutturato per non produrre distorsioni, come salti o inversioni nell’ordinamento dei redditi. Questo credito d’imposta va inoltre proporzionato ai mesi lavorati sull’intero anno: è quindi di 640 euro solo per i dipendenti non incapienti che nel 2014 lavorano 12 mesi. Gli importi per il prossimo anno saranno resi ufficiali con la Legge di stabilità per il 2015.
Vediamo come il credito si distribuirà sulle famiglie italiane, usando un campione rappresentativo (l’indagine It-Silc dell’Istat, con valori monetari aggiornati al 2014), e dividendo le famiglie in decili di reddito monetario familiare equivalente. Consideriamo il bonus relativo all’anno in corso, che al massimo per un singolo contribuente può essere pari a 640 euro, cioè 80 euro al mese per otto mesi (da maggio a dicembre). La tabella 1 sintetizza, per un lavoratore dipendente occupato per l’intero anno, i valori del bonus e della detrazione da lavoro dipendente per alcuni redditi nel 2014.
Tabella 1 – Valore delle detrazioni da lavoro dipendente e del bonus (euro) per chi lavora per l’intero 2014
L’aliquota media (la percentuale del reddito che si paga per l’Irpef) subisce un forte calo tra gli 8mila e i 26mila euro, mentre quella marginale (quanto si paga se si percepisce un euro in più) non cambia fino a 24mila euro; invece tra 24mila e 26mila ha un brusco aumento e raggiunge il 63 per cento, perché in questi intervallo il bonus diminuisce molto rapidamente (figura 1).
Figura 1 – Aliquota marginale effettiva prima e dopo il bonus
IL BONUS PER LE FAMIGLIE
Passiamo ora all’analisi a livello familiare. Tenuto conto che in uno stesso nucleo possono risiedere più beneficiari, il valore medio del bonus annuale sarà nel 2014 di 655 euro (tabella 2). A riceverlo dovrebbe essere il 38 per cento circa delle famiglie italiane, cioè quasi 10 milioni di nuclei. Sempre per i beneficiari, le famiglie appartenenti ai decili più bassi otterranno cifre piuttosto limitate (ultima colonna della tabella 2), perché in questi decili vi sono molti contribuenti incapienti o che hanno lavorato per meno di dodici mesi (il credito va infatti rapportato ai mesi lavorati), ma anche perché vi sono molte famiglie con un solo percettore. È quest’ultimo il motivo principale che spiega perché il bonus è mediamente più alto per i decili centrali della distribuzione, dove sono più frequenti i nuclei bi-reddito o con figli adulti ancora conviventi. Mentre in media il bonus vale 655 euro per ogni famiglia che lo ottiene, scende sotto i 400 euro per le famiglie del primo decile (dove vi sono molte persone che lavorano per meno di dodici mesi), e raggiunge al massimo i 733 euro per i nuclei del sesto.
Tabella 2 – Reddito e bonus medi nel 2014 per famiglia, per decili di reddito monetario equivalente
La figura 2 contiene, per decili di reddito monetario equivalente, la percentuale delle famiglie che in ogni decile ricevono almeno un bonus. Nel più povero 10 per cento (il primo decile), ne è beneficiario il 29 per cento delle famiglie, una percentuale che nel secondo decile raggiunge il 36 per cento e poi tende a salire fino al settimo. Sempre in figura 2 si trova la ripartizione percentuale del valore totale del bonus, che dovrebbe superare di poco i 6.5 miliardi nel 2014. Le colonne scure, cioè, sommano a 100 per cento. Si nota così che i decili che dovrebbero approssimativamente rappresentare la classe media (dal quinto all’ottavo) beneficiano maggiormente del bonus, sia per probabilità di riceverlo che per quota del trasferimento totale ricevuto. Al 50 per cento meno ricco delle famiglie italiane va in totale il 44 per cento del bonus totale. Il bonus, insomma, avvantaggia soprattutto la “classe media”, se definita in base alla posizione nella distribuzione del reddito familiare. La figura contiene anche la percentuale di nuclei che ricevono in ogni decile almeno due crediti pieni, cioè almeno 1.280 euro nel 2014. Si tratta di quasi un milione di famiglie, concentrate nella parte centrale della distribuzione del reddito.
Figura 2 – Percentuale di famiglie che ricevono il bonus e ripartizione del bonus totale per decili di reddito monetario equivalente
GLI EFFETTI SULLA PROGRESSIVITÀ DELL’IRPEF
L’Irpef è un’imposta marcatamente progressiva sul reddito, nel senso che la sua incidenza aumenta all’aumentare del reddito, come mostra la figura 3. Con il bonus, la progressività aumenta leggermente, perché il suo peso sul reddito si riduce passando dai decili intermedi a quelli più alti. Si noti però che in termini percentuali il bonus vale poco più dell’1 per cento del reddito monetario per la gran parte della distribuzione (i numeri sopra la curva dell’incidenza del bonus rappresentano appunto quanto vale in media sul reddito familiare).
Figura 3 – Incidenza sul reddito monetario del bonus e dell’Irpef (prima e dopo il bonus) per decili di reddito monetario equivalente – Tutte le famiglie italiane
La figura 3 è costruita su tutte le famiglie italiane, anche quelle che non ottengono il bonus, che sono la maggioranza. Se invece isoliamo le sole famiglie che in effetti dovrebbero riceverlo, la sua incidenza sul loro reddito ovviamente sale (figura 4), e il peso dell’imposta personale sul reddito si riduce più significativamente se all’Irpef sottraiamo questo credito d’imposta. La figura 4, a differenza della precedente, contiene in ogni decile un numero diverso di famiglie: ad esempio nel primo decile, come già visto in figura 2, c’è solo il 29 per cento delle famiglie che in effetti appartengono al 10 per cento più povero in Italia. In altre parole, possiamo dire che per il 29 per cento delle famiglie del decile più povero, il bonus vale in media il 3,4 per cento del reddito, mentre il restante 71 per cento del primo decile non lo ottiene.
Figura 4 – Incidenza sul reddito monetario del bonus e dell’Irpef (prima e dopo il bonus) per decili di reddito monetario equivalente – Solo le famiglie che ottengono il bonus (38 per cento del totale)
Se definiamo in povertà una famiglia che ha reddito inferiore al 60 per cento del reddito equivalente mediano, sono povere il 19,5 per cento delle famiglie italiane. Di queste, il 32 per cento ottiene il bonus. Le famiglie povere che beneficiano del bonus ricevono in media solo 486 euro, perché molte di esse hanno persone occupate per meno di un anno, con un aumento medio del loro reddito del 3,2 per cento. Per le famiglie non povere che ricevono il bonus, invece, vale in media 688 euro, cioè l’1,7 per cento del reddito. L’indice di Gini del reddito monetario equivalente dovrebbe diminuire da 0.324 a 0.322, una variazione piuttosto piccola.
Il bonus, in sintesi, andrà soprattutto a beneficio delle classi medie, in particolare delle famiglie che vi appartengono proprio perché hanno più di un reddito da lavoro dipendente, mentre le famiglie in povertà ne saranno toccate solo marginalmente. Le donne dovrebbero riceverlo con maggiore probabilità degli uomini, visto che hanno in media redditi più bassi. Il presidente Renzi ha mantenuto una delle promesse fatta agli italiani, quella degli 80 euro in busta paga. Non un euro in meno, ne andava della sua reputazione come lui stesso ha più volte sottolineato. L’augurio è che l’intervento, insieme a tutti gli altri, possa realmente dare impulso all’economia, e che per i beneficiari il bonus rappresenti un reale beneficio o aiuto rispetto alle loro decisioni di spesa e di risparmio. Restiamo in attesa dei provvedimenti strutturali per il contrasto alla povertà e di sostegno alle classi più disagiate, che ancora una volta sono rimaste escluse dalle misure per il rilancio della nostra economia.
* Le opinioni espresse dagli autori non rappresentano necessariamente quelle delle istituzioni di appartenenza
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margherita
“Un sostegno alle famiglie della classe media?” Proprio non direi, semmai un aiuto a quei pochi operai e bidelli comunali rimasti in servizi non esternalizzati, le commesse e i commessi del terziario ai primi impieghi e i lavoratori part time che molto spesso per sopravvivere fanno anche doppi e tripli lavori ma in nero. Ancora una volta arrivano pochi spiccioli che non attenuano, anzi, rispetto ai monoredditi di 28/29000 eu, con affitti a carico, aggravano le disparità.
Non si fa redistribuzione, equità, rilancio dei consumi e sviluppo con l’elemosina colbertista dei bonus o delle carte di povertà di tremontiana memoria!
massimo baldini
L’approccio sociologico (e il dibattito politico) definisce le classi rispetto alla posizione nella professione (operai, bidelli, etc); in economia è più frequente il riferimento al reddito, e si ritiene “classe media” chi ha reddito nella fascia centrale o medio-alta della distribuzione. Visto che noi guardiamo ai redditi familiari, la distinzione cruciale è tra le famiglie con un solo reddito da lavoro e quelle che
ne hanno due o più.
Alessandro
Baldini, però, non capisco questo vostro entusiasmo per una manovra di fatto iniqua. Noi in famiglia siamo entrambi lavoratori autonomi a gestione separata, 1500 euro al mese li prendiamo, a volte, in due. È una scelta, non ci pentiamo della scelta fatta etc, ma perché – come al solito, ahimè – alcune scelte pagano più delle altre? Perché la nostra scelta deve essere penalizzata? Queste manovre sono solo fumo negli occhi e spot elettorali, perché le vere manovre sono utili per tutti, non solo per chi vota un certo partito (e qua non potete di certo negare che gran parte delle persone che “riceveranno” questo “bonus” fa parte del bacino elettorale del PD). Sinceramente non vedo molta differenza tra queste manovre e un comportamento corruttorio di compravendita di voti. È solo fatto su larga scala. Senza contare che oltretutto per 80 euro che danno se ne riprenderanno 150 tra aumento della TASI, IMU, etc…. e purtroppo questi aumentano anche per chi non becca 80 euro al mese se vota PD
gp
Le figure marginali e minoritarie che lei cita non spiegano come il beneficio possa arrivare a riguardare quasi il 40% delle famiglie, come calcolato nell’articolo. Evidentemente la società reale è più complessa di certe rappresentazioni semplificate.
Dispiace anche dover leggere continuamente espressioni come “pochi spiccioli”. 640 euro all’anno (per il 2014, 960 gli anni successivi) non possono essere in buona fede definiti come una somma trascurabile.
L’argomento del diverso trattamento di lavoratori dipendenti con redditi tra loro non molto distanti (e quindi delle “trappole della povertà” implicite nel provvedimento) è invece fondato, e deriva dalla brusca decrescenza del bonus segnalata dagli autori e rappresentata nella figura 1 (da 640 euro a zero in soli 2.000 euro). Sarebbe necessario inserire meglio il bonus nella struttura della detrazione da lavoro dipendente, rispetto alla quale al momento è più o meno un corpo estraneo.
Asterix
Renzi non darà 80 euro al mese in busta paga nel 2014 ai lavoratori. Ma solo 53 euro come avreste scoperto se invece di dividere per 8 mesi (come fanno tutti i giornalisti servili) li avreste divisi correttamente per 12 mesi. Il beneficio ha efficacia per l’intero anno 2014, mentre è chiaro che il sostituto di imposta applicherà il beneficio solo dalla prima retribuzione utile, cioè da maggio, ripartendo il beneficio spettante per l’intero anno sui mesi di paga restanti.
Quindi se Renzi voleva veramente dare 80 euro al mese in busta paga doveva dare 960 euro all’anno di beneficio come infatti era previsto nelle prime bozze del Decreto legge per l’anno 2015, ma poi per ovvi motivi di gettito è stato tolto l’anno 2015.
Almeno voi del La Voce cercate di dare informazioni obiettiva. Grazie
massimo baldini
Nel testo c’è scritto “80 euro al mese per otto mesi (da maggio a dicembre)”.
Piero
Manovra puramente elettorale, certo non fanno male gli aumenti in busta paga, i veri provvedimenti economici non li ho ancora visti, aspettiamo prima di bollare questo governo di annunci. Si vedrà il suo comportamento dopo le europee, adesso tutto quello che si dice ha solo valenza elettorale.
Enrico
Concordo pienamente. Colgo l’occasione anche per sottolineare come questi 80€ facciano ridere in confronto all’ammontare della tassazione che grava sul cittadino. Da profano non voglio dare definizioni da copia&incolla, ma ogni cosa che faccio (ma proprio ogni cosa) incontra una tassa, il tutto utilizzando denaro al netto delle imposte (il mio stipendio è già tassato al 50%!).
Piero
Voglio ridere quando gli italiani scopriranno la nuova tassa inserita, denominata Tasi che colpisce anche la prima casa, avremo l’Imu, la Tasi e la Tares, chiaro che a questo aumento dell’imposta locale non è seguita una diminuzione dell’imposta nazionale Irpef o Iva, anzi l’ultima e’ aumentata.
Poi vi è il riordino del catasto che porterà inevitabilmente ad un aumento delle rendite, quindi vi sarà un aumento del totale dell’imposta legata sulle rendite, che sarebbe sia l’Imu che la Tasi.
Alessandro
Regalare 80 euro a chi ha già ferie, malattia, tredicesima, cassa integrazione, maternità, etc… Noi partite IVA (e specifico a gestione separata, non i vari avvocati e mestieri vari artificialmente drogati dallo statalismo) 1500 euro al mese ce li sognamo la notte e di tutte quelle belle cose che ho elencato non ne vediamo manco l’ombra
Bahira Belabed
Io guadagno 28.000 € figli a carico e non prendo nessun bonus. Una famiglia con marito che guadagna 22.000 € con moglie reddito 20.000 € prendono due bonus! Bravo Matteo, genio del male!
Marco la Colla
Mi sono chiesto e vi chiedo se non si fosse potuto limitare il versamento degli 80 euro ad ogni nucleo familiare utilizzando così il risparmio ottenuto per corrispondere la cifra anche agli incapienti? In un nucleo familiare dove lavorano in due o addirittura in tre, entreranno 160 0 240 euro mensili, mentre chi guadagna solo 700 euro ( meno di 8000 annui) non prende niente. Era una cosa così complicata da attuare tecnicamente o non si è voluto fare per qualche motivo a me non molto chiaro?
Penso che tali domande possano interessare molti dei Vostri lettori e spero quindi possiate darmi una risposta nei prossimi giorni.
gp
Senza volere sottrarre la parola agli autori: ci sono vari motivi tecnici. Il primo è che a fini Irpef rilevano solo i familiari a carico. Il sostituto d’imposta conosce solo questi, e in generale non è informato sull’esistenza né tantomeno sul reddito corrente degli altri: quindi non potrebbe operare in automatico come previsto dal decreto, ma solo su domanda da parte dei beneficiari, le cui autocertificazioni sarebbero impossibili da controllare. Il secondo è che sarebbe complicato individuare una serie di regole per stabilire a quale dei familiari debba spettare in via prioritaria. Il terzo è che, trattandosi di una misura di riduzione del cuneo fiscale e non di un generico sussidio alle famiglie, come detto in un altro commento, sarebbe illogico che il cuneo restasse immutato per alcuni potenziali beneficiari per motivi diversi dalle loro condizioni individuali.
gp
L’obiettivo di politica economica di questa manovra è esplicito e dichiarato: ridurre il cuneo fiscale (cioè la differenza tra costo del lavoro del datore e netto in busta paga del lavoratore). Questo riguarda i lavoratori dipendenti per definizione, non per qualche oscura macchinazione, e risponde alla richiesta di abbassare la tassazione sul lavoro che è stata rivolta all’Italia in sede internazionale. Dato questo obiettivo, in subordine la scelta di tipo equitativo (che non era scontata) è stata quella di concentrare le risorse più sui lavoratori dipendenti che sulle imprese e più sui lavoratori a reddito medio-basso che sugli altri, pur con i limiti che derivano dall’uso di un meccanismo analogo alle detrazioni fiscali (esclusione degli incapienti dal beneficio, riferimento al reddito individuale anziché a quello familiare). Se si rimuove l’obiettivo, che può naturalmente essere criticato indicando quali sarebbero le vere priorità (magari confermare l’irrazionale riduzione della tassazione sulla casa realizzata nel 2013?), si passa dal dibattito sulle scelte di politica economica alla tribuna politica pre-elettorale.
paolo olimpio
E’ vero, mancano misure a contrasto della povertà. In compenso sono rimaste (introdotte da Letta e Monti) misure che favoriscono l’impoverimento.
Cosa si può dire di quel signore che ha lavorato una vita alle dipendenze di un datore di lavoro che non gli ha permesso di evadere neppure un centesimo e che con sacrifici enormi ha acquistato anche un appartamento al mare, per esempio a Cervia (Ra).Adesso è in pensione con un assegno (sommato a quello sociale della moglie) di poco più di 1500 euro. Gli hanno detto che a causa della enorme evasione delle imposte sul reddito adesso la tassazione bisogna spostarla dal reddito ai beni, perciò l’Iva passa dal 20 al 22%, le accise sulla benzina crescono di 25 centesimi in una sola volta, l’IMU sulla maledetta seconda casa rispetto all’ICI addirittura triplica (quasi raddoppia la base imponibile e raddoppiano le aliquote), e grazie a Renzi la tassa sulle rendite finanziarie passa dal 20 al 26%, quando solo lo scorso anno era passata dal 12,5 al 20%!!!
Ma lui le imposte sul reddito le ha sempre dovute pagare come adesso le paga sull’assegno della pensione, Come deve pagare le addizionali regionali, comunali, per la Provincia, l’IVA e la marea di altre imposte che gravano sulle utenze, la tassazione sui Consorzi di Bonifica, quella sulle polizze assicurative, i bolli per la patente, la carta di identità e ogni altra mostruosità che questo Stato horror si è inventato per rendere impossibile la vita di questo signore.
Adesso deve pagare anche questa IMU triplicata (una rendita catastale di 150 mila euro diventa con i coefficienti di rivalutazione quasi il doppio e comporta una IMU di 2.900 euro.
E’ la pensione di due mesi!
Non ce la fa.
Deve vendere quella maledetta seconda casa che acquistò vent’anni fa con il TFR.
Sono mesi che ha messo il cartello vendesi. Non ha ricevuto neppure una telefonata.
E’ stato un provvedimento giusto?
Forse per cercare di far pagare qualcosa a chi non ha mai pagato le imposte su quello che guadagnava (commerciante, artigiano, imprenditore, professionista, dentista ecc.).
Ma per lui non era il caso di tenere in conto che le imposte le ha sempre dovute pagare ancora prime di vedere lo stipendio?
Non è il caso che per lui l’IMU sia una imposta più ragionevole?