Il debito pubblico italiano ha raggiunto la cifra insostenibile di quasi 2mila miliardi di euro, mentre nel 1960 era di appena 4 miliardi(1)

COME SI È FORMATO IL DEBITO PUBBLICO

La crescita del debito pubblico che si è cumulata dal 1960 a oggi (1.893 miliardi di euro) deriva per il 92 per cento da transazioni di natura economica (indebitamento netto della pubblica amministrazione) e per l’8 per cento da transazioni di natura finanziaria. (2)

Figura 1 – Andamento temporale dello stock e delle variazioni del debito pubblico, dell’indebitamento netto della PA e delle transazioni di natura finanziaria per titolarità di Governo – Anni 1960-2011 (milioni di euro)

Fonte: presidenza del Consiglio dei ministri, Banca d’Italia, Istat – Contabilità nazionale

 

Lo stock di debito pubblico (figura 1, scala destra) è cresciuto a un ritmo elevato dal 1980 al 1994, ha rallentato fino agli inizi degli anni Duemila, per poi accelerare nuovamente fino ai nostri giorni (governo Berlusconi), salvo un’interruzione del 2007 (governo Prodi).
La variazione del debito pubblico fu di circa 110 miliardi negli anni 1993 e 1994 (governi Amato, Ciampi, Berlusconi) e incrementi vicini ai 100 miliardi si sono registrati nel 2009 (governo Berlusconi).
L’indebitamento netto della pubblica amministrazione segue, dal 1960 al 1991, lo stesso andamento del flusso del debito pubblico. Nel 1991 raggiunse il valore massimo di 87 miliardi di euro (governo Andreotti), per poi scendere lievemente fino al 1996; nel 1997, per effetto di maggiori entrate, il livello dell’indebitamento si è dimezzato ed ha proseguito la sua discesa fino quasi a raggiungere il pareggio di bilancio nel 2000 (governi D’Alema, Amato). Con l’ultimo governo Berlusconi si è di fatto tornati ai livelli del 1993.
flussi di natura finanziaria hanno aumentato il debito pubblico nella prima metà degli anni Novanta (quasi 30 miliardi nel 1994) mentre hanno avuto un effetto di contenimento nei primi anni di circolazione dell’euro (2002-2003). (3)
Le dismissioni mobiliari (111 miliardi dal 1991) e le operazioni di cartolarizzazione che si sono succedute negli ultimi venti anni hanno intaccato il patrimonio dello Stato senza ridurre l’ammontare totale del debito pubblico.
Da un’analisi più approfondita del conto economico consolidato della pubblica amministrazione (figura 2) si evidenzia che prima del 1992 il debito pubblico è cresciuto per effetto di una spesa pubblica superiore alle entrate, mentre dal 1992 in poi sono stati gli interessi a far lievitare il debito, salvo l’eccezione del biennio 2009-2010 (governo Berlusconi) in cui si è avuto un ritorno al disavanzo primario.

 

Figura 2 – Conto economico consolidato delle Amministrazioni Pubbliche – Anni 1980-2011 (milioni di euro)

Fonte: presidenza del Consiglio dei ministri, Banca d’Italia, Istat – Contabilità nazionale

 

Se si analizza la formazione del debito pubblico nel contesto economico degli ultimi cinquanta anni (figura 3), si può notare che nel 1960 il debito pubblico ammontava a 4 miliardi di euro, mentre dopo dieci anni aveva raggiunto la cifra di 14 miliardi ed era pari al 40,5 per cento del Pil. Tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta la variazione annuale del debito pubblico oscillava tra il 20 e il 25 per cento. In quegli anni di iperinflazione anche la variazione del Pil in termini nominali fu elevata e il rapporto debito/Pil si avvicinò al 60 per cento. Il Pil in termini reali raggiunse punte massime del 7,1 per cento nel 1973 (governi Andreotti, Rumor) e nel 1976 (governi Moro, Andreotti), ma conobbe anche una caduta del 2,1 per cento nel 1975 (governo Moro).
Negli anni Ottanta, quando alla guida del governo si alternarono democristiani, socialisti e repubblicani, parallelamente alla discesa dell’inflazione, la variazione annuale del debito diminuì progressivamente, ma si mantenne sempre a livelli più elevati rispetto alla variazione del Pil nominale, causando un aumento del rapporto debito/Pil che si avvicinò per la prima volta al 100 per cento. Nello stesso decennio il Pil reale oscillò su valori inferiori al 5 per cento.
Gli effetti della crisi economica, culminata con l’uscita dallo Sme nel 1992, furono la svalutazione della lira, l’insostenibilità del debito e la fine della prima Repubblica. (4)
Nel 1993 (governi Amato, Ciampi) il Pil reale scese dello 0,9 per cento e nel 1994 (governi Ciampi, Berlusconi) il rapporto debito/Pil raggiunse il picco massimo del 121,2 per cento.
Nella seconda metà degli anni Novanta sono state adottate misure di politica economica per far sì che l’Italia potesse partecipare immediatamente all’euro. Nel 2000, anche se il debito pubblico toccò quota 1.300 miliardi, il rapporto deficit/Pil si ridusse notevolmente per effetto di maggiori entrate, fino a sfiorare il pareggio di bilancio (il rapporto debito/Pil scese al 108,5).
Negli anni del nuovo secolo, caratterizzati in gran parte dai governi Berlusconi, il Pil reale è cresciuto molto poco, fino al crollo dell’economia del 2008 e 2009. Il debito pubblico, invece, ha ripreso la sua corsa e alla fine del 2011 è tornato a superare nuovamente il 120 per cento del Pil.

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Figura 3 – Andamento temporale del rapporto debito pubblico/Pil, del debito pubblico, del prodotto interno lordo e del deflatore per titolarità di Governo – Anni 1960-2011 (valori percentuali)

Fonte: presidenza del Consiglio dei ministri, Banca d’Italia, Istat – Contabilità nazionale

In definitiva, negli ultimi cinquanta anni il debito pubblico non ha mai smesso di crescere, in un primo tempo per il disavanzo primario e successivamente per il peso degli interessi passivi. Il suo livello attuale sia in termini assoluti (circa 2mila miliardi di euro) che in rapporto al Pil (120,1 per cento nel 2011), sta soffocando l’economia italiana. Finora, coloro che hanno creato e alimentato il debito pubblico restano impuniti. (5) Le giovani generazioni non possono pagare un prezzo troppo alto per un debito pubblico di cui non hanno alcuna responsabilità.

(1) Il debito delle amministrazioni pubbliche è l’insieme delle passività finanziarie del settore pubblico valutate al valore facciale di emissione: monete e depositi, titoli a breve, medio e lungo termine diversi dalle azioni, prestiti. Per omogeneità di presentazione, i dati in lire sono stati trasformati in euro (equivalenti) utilizzando il fattore di conversione.
(2) L’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche, presente nel Conto economico consolidato, è il saldo tra le entrate (correnti e in conto capitale) e le uscite (correnti e in conto capitale) comprensive degli interessi. Costituisce uno dei saldi di finanza pubblica rilevanti ai fini della notifica alla Commissione europea relativa alla procedura sui deficit eccessivi (Edp), valida ai fini del Trattato di Maastricht.

Dal 1960 al 1980 la composizione del debito pubblico era maggiormente sbilanciata a favore delle transazioni di natura finanziaria (28 per cento). Per transazioni o flussi finanziari si intende la differenza in ogni anno tra la variazione del debito pubblico e l’indebitamento netto, che può essere positiva o negativa. I flussi finanziari sono l’insieme di a) partite finanziarie, aggiustamenti cassa/competenza, classificazioni di transazioni e discrepanze (passaggio da indebitamento netto a fabbisogno del settore pubblico); b) dismissioni/acquisizioni mobiliari, classificazioni di transazioni e discrepanze (passaggio dal fabbisogno del settore pubblico al fabbisogno della pubblica amministrazione); c) variazioni dei depositi del Tesoro presso la Banca d’Italia, scarti (premi) di emissione (rimborso), effetto delle variazioni del cambio sulle passività in valuta estera (passaggio dal fabbisogno della pubblica amministrazione alla variazione del debito pubblico). Per maggiori approfondimenti si veda (Ragioneria generale dello Stato (2008), “I principali saldi di finanza pubblica – definizioni, utilizzo, raccordi”).
http://www.rgs.mef.gov.it/_Documenti/VERSIONE-I/I-principa1/testo_completo_270608_FINALE_.pdf
(3) La differenza tra indebitamento netto e variazione del debito è dovuta in quegli anni in gran parte al passaggio dal fabbisogno della pubblica amministrazione alla creazione di debito pubblico per i motivi spiegati nella Relazione annuale del governatore della Banca d’Italia.
http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/relann/rel02/rel02it/relaec/rel02_finanza_pubblica.pdf

(4) In quegli stessi anni furono anche definiti i parametri di convergenza per l’accesso all’euro (Trattato di Maastricht).
(5) “Bisogna superare il principio di irresponsabilità della nostra classe dirigente secondo il criterio per cui nessuno deve rispondere dei fatti che ha commesso” (Antonio Ingroia, luglio 2012).

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