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È la crisi, non l’austerità la causa dei debiti pubblici

In una recente intervista, il vice ministro dell’Economia Stefano Fassina ha dichiarato che l’austerità “ha fatto salire i debiti pubblici in Europa dal 60 al 90 per cento del Pil”. Quella del vice-ministro è un’opinione diffusa. Ma non è confermata dai dati Eurostat disponibili.
DaveriFonte: Eurostat
I DEBITI PUBBLICI SONO ESPLOSI CON LA CRISI
Alla fine del 2007, cioè prima della crisi attuale, il debito pubblico era mediamente il 66,4 per cento del Pil nei 17 paesi della zona euro. I debiti pubblici della Germania e della Francia erano vicini alla media euro. L’Italia aveva un debito già superiore al 100 per cento del Pil, pari al 103 per cento del Pil.
Già nel 2010, tuttavia, il debito dei paesi dell’eurozona era salito di quasi 20 punti percentuali, fino all’85,4 per cento del Pil. E fino al 2010 di austerità non si era visto molto, almeno nei più grandi paesi dell’eurozona. Erano gli anni in cui il ministro Tremonti si vantava di non aver fatto macelleria sociale. In effetti, a seguito della crisi 2008-09 e del drammatico crollo dei fatturati aziendali del 2009, un po’ ovunque  – molto meno in Italia – sono stati messi in pratica massicci salvataggi con fondi pubblici e sono stati attuati aumenti di spesa pubblica non coperti da paralleli aumenti di imposta, il che, insieme con il crollo della crescita, ha accresciuto deficit e debiti in rapporto al Pil. E così, tra il 2007 e il 2010, in Germania, Francia e Italia il debito è salito di circa 17 punti, fino ad arrivare all’82 per cento del Pil in Francia e Germania e al 119 per cento in Italia.
L’AUSTERITA’ FISCALE HA INCISO POCO SUI DEBITI
L’austerità fiscale è entrata davvero nei bilanci pubblici dei grandi paesi europei a partire dai dati 2011. L’austerità fiscale aveva l’obiettivo di frenare l’aumento del numeratore del rapporto debito-Pil, ma ha anche prodotto effetti negativi – di entità superiore alle attese dei più e soprattutto del Fondo Monetario – sul denominatore del rapporto. Il risultato è che, dal 2010 il debito pubblico nell’area euro nel suo complesso è salito mediamente di cinque punti percentuali, dall’85,4 al 90,4 per cento di fine 2012. In Germania il debito pubblico in rapporto al Pil si è fermato a quota 82, in Francia è salito a 90 mentre in Italia è esploso al 127 per cento del Pil. Nei bilanci di tutti i paesi pesa l’austerità fiscale che ha contribuito, assieme all’incertezza sulle prospettive future, a far scendere il Pil e a causare o almeno peggiorare la recessione 2011-12. Ma sull’accumulo di debito pubblico pesano anche, e per parecchi punti di Pil, i salvataggi europei nei confronti dei paesi indebitati come Grecia, Portogallo e Irlanda. Ad esempio, per l’Italia, il costo dei contributi al fondo salva-stati è stato pari al 2,7 per cento del Pil nel solo 2012.
In sintesi, al contrario di quanto afferma il vice ministro dell’Economia, l’aumento di 24 punti nel rapporto debito-Pil nell’euro zona rispetto ai livelli pre-crisi ai livelli di oggi è spiegato per circa quattro quinti dalla crisi 2008-09 che ha fatto crollare il Pil di tanti paesi europei e dalle risposte keynesiane alla crisi post Lehman – legittime ma costose in termini di finanza pubblica – e solo per un quinto – o meno – dalle politiche di austerità fiscale che sono state adottate più di recente. Non è stata l’austerità fiscale ma la crisi economica a far esplodere il debito pubblico dell’Europa. Le politiche di austerità e i loro effetti recessivi sono arrivate dopo, per mettere una pezza forse inevitabile ma poco riuscita su un buco che stava diventando troppo grande.
 

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56 commenti

  1. Jorge Pirola

    Le due tesi sono compatibili: l’austerità ha causato l’incremento del rapporto debito PIL nei paesi periferici europei proprio nella misura in cui ha causato la pesante recessione degli ultimi 2 anni.

  2. Antonio Nieddu

    E’ così. Scomodo doverlo dire e sentirselo dire, ma è così. Ma il politico di turno non lo sa …. o fa finta di non sapere

  3. Wassily Kandinsky

    L’autore ha provato con Grecia, Irlanda, Lettonia, ecc.? Poi dopo la crisi con l’inizio della austerità il debito cresce ancora. colpa della crisi o dell’austerità che ha accresciuto la crisi? Il grafico non te lo può dire per cui .. la tua controprova fallisce. Inoltre Fassina non nega che la crisi implica un maggiore debito, anzi sarebbe forse d’accordo con quanto sostiene Krugman, ovvero che è la bassa crescita e la crisi sono cio’ che creano il debito, e l’austerita’ ha accresciuto la crisi.Oppure è anche lei per l’austerità espansiva ?

  4. Hk

    Ha ragione Prof. Daveri l’austerità poco c’entra col debito. Aggiungerei che di austerità nel pubblico non c’è nemmeno una traccia. Mi pare che le spese anche senza interesse siano sempre aumentate. Bene la causa e’ la crisi economica. Ma qual’e’ la causa della crisi economica? Forse è la stessa che porta oggi un nucleo familiare a lavorare 16 ore al giorno mentre 30 anni fa se ne lavoravano 8 soltanto per avere lo stesso tenore di vita? Nonostante gli enormi aumenti di produttività dovuti al progresso ( comunicazioni, automazione, web, materiali…). Chi o che cosa ha rubato tutta questa produttività ed oltre dal momento che si deve lavorare il doppio per avere meno di allora?

  5. stefano delbene

    Invece mi sembra che proprio il grafico proposto nell’articolo mostri che, anche dopo l’introduzione delle misure che avrebbero dovuto contenere la crescita del debito, questo abbia continuato a salire. Dando per scontato che l’intervista a Fassina riporti fedelmente il suo pensiero, credo il Vice-Ministro intendesse proprio questo.

  6. Diego

    Non sarà colpa dell’austerità ma certo la crisi dell’eurozona non si affronta come stiamo facendo.
    Mi sembra illuminante in proposito l’articolo odierno del professore di Harvard Kenneth Rogoff, che ne pensa?
    http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2013-05-28/keynesiani-europa-sbando-064308.shtml?uuid=AbhEKtzH

  7. In un articolo del 24 ore di oggi Adriana Cerretelli descrive impietosamente alcuni dei mali del sistema Italia, che fatalemente si riflettono sulla crescita del rapporto debito/pil. Fra questi mali spiccano le disfunzioni imputabili al settore pubblico ed alla cattiva o inetta politica. Sta di fatto che L’italia, che aveva all’inizio dell’ultimo governo Berlusconi un debito/pil del 104% dopo 3 anni registrava un rapporto del 119%, che innescava una spirale giudicata pericolosa dai mercati, al punto da far cadere il governo. Un debito/pil del 103% dovrebbe consigliare prudenza e soprattutto attenzione alle cause di sistema della crescita del debito,prima di incolpare la mala sorte (che pure c’è stata) dovuta a cause esterne. Anche ora su questo fronte la politica balbetta: province sì province no, e nessuno parla dei processi che durano 10-15 anni.

  8. Federico B

    Editoriale molto interessante. L’articolo di Rogoff citato da Diego è in linea con l’opinione dal medesimo espressa al Guardian,http://www.guardian.co.uk/business/economics-blog/2013/may/23/eurozone-crisis-france-germany-kenneth-rogoff, in cui si sollecitava sostanzialmente la Francia a “dare una mano”: A mio avviso il tema (di natura “politica”/istituzionale) è, da un lato, trovare un driver per la crescita/programmi per la competitività che frenino la fuga di professionisti/impoverimento di forza lavoro dalle economie “periferiche”: dall’altro lato, implementare un sistema di sostegni finanziari (:sussidi a controllo incrociato, ritengo) che funga da alternativa alla mutualizzazione de facto dei debiti che è oggi concretamente in atto attraverso i sistemi di garanzia interbancaria che attualmente in piedi. Es.. le garanzie tedesche in supporto dell’EFSF sono di eur211 billion, oltre all’esposizione indiretta attraverso ECB e i claims TARGET2. la dimensione dell’esposizione tedesca è pesante (senza tenere conto del proprio debito interno: 81% pil). Se l’ESM prestasse a pieno regime per 500b e il recipient fallisse, le liabilities tedesche potrebbero ammontare ad es. a 280b. Reclamare, o prospettare che la Francia step up (Rogoff) a mio avviso non risolve i problemi. Posto che ci troviamo indubbiamente di fronte ad una crisi di entità comparabile con quella del ’29, e di crescita reale non si potrà parlare prima di anni, perchè non implementare un sistema sostenibile, equo, ad esempio esemplato sul modello federale USA? grazie cordiali saluti

  9. Lorenzo Lusignoli

    E’ nato prima l’uovo o la gallina? Ovvero: è il risanamento che provoca la decrescita o viceversa?
    Forse il viceministro Fassina ha esagerato quando ha affermato che l’austerità ha determinato un aumento del debito europeo dal 60 al 90% del Pil e sono d’accordo con l’autore quando afferma che una buona parte di questo aumento è legato al calo del denominatore (la diminuzione del Pil). Ma le politiche di austerità non sono certo cominciate nel 2011. Nel nostro paese esse sono in vigore da circa un ventennio, nel vano tentativo di ridurre o quantomeno contenere la crescita del debito pubblico. Sarebbe dunque meglio considerarne anche gli effetti di medio e lungo periodo. Certo in una situazione di normale evoluzione ciclica dell’economia il contenimento del debito avrebbe una grande importanza, ma perseverare su questa strada dopo la crisi degli ultimi anni sembra quantomeno rischioso se non piuttosto autolesionista. L’Amministrazione Usa lo ha capito e da diversi anni e cerca inutilmente di spingere l’Europa ad un cambiamento di rotta. Ora, pare che l’atteggiamento intransigente della Germania nel far mantenere all’Europa la vecchia rotta “virtuosa” non sia isolato e legato alla congiuntura politica, come sostengono diversi commentatori, ma sia tuttora sostenuto con forza da alcuni economisti, che continuano a proporre l’adozione di quelle politiche di austerità che nel lungo periodo di crescita pre-crisi avevano goduto di grande credito. Se infatti non è corretto guardare solo all’andamento del deficit (numeratore) come fa Fassina, altrettanto riduttivo è concentrare la propria attenzione sull’evoluzione del Pil (denominatore). I due valori, come c’insegnano i sacri testi, sono fortemente correlati. Non sarà che il problema risieda, al di là delle dichiarazioni, in una diversa interpretazione dell’efficacia della politica fiscale sulla crescita: Fassina ha un approccio keynesiano e vorrebbe poter mettere in campo politiche fiscali espansive mentre vi è un folto gruppo di economisti che tuttora predilige le virtù non keynesiane di risanamento del deficit? Nella grave situazione di sottoccupazione che stiamo attraversando mi sembra tuttavia assai arduo sostenere che gli effetti sulla crescita delle seconde possano prevalere, sembra lecito invece attendersi il contrario.

  10. Luca

    Il debito pubblico europeo è senza dubbio aumentato anche a causa delle giuste politiche keynesiane di salvataggio delle banche. Ma il debito privato delle banche, che ha causato l’aumento del debito pubblico, è dovuto alle sbagliate politiche liberiste improntate su una troppo facile circolazione dei capitali (short termism).
    Inoltre, tra le ragioni della crescita del debito, una parte non trascurabile è causata dal sostegno finanziario ai paesi UEM (vedi ESM) che in Italia, nel solo 2012, è costato circa 40 miliardi su un totale di crescita del debito di 80 miliardi rispetto al 2011 (vedi pagina 3: http://www.bancaditalia.it/statistiche/finpub/pimefp/2013/sb23_13/suppl_23_13.pdf)

  11. Alessandro

    Ma qualcuno ha spiegato a Fassina che in Italia l’austerity non è mai arrivato/a? Qui sono salite solamente le tasse. Tagli alla spesa non se ne sono visti, basta consultare i dati. Sì certo, spending review, costi della politica, togli da lì, rimetti da qui, ma alla fine l’ammontare di spesa resta lo stesso. Questa non è austerità. L’austerità in Italia non è mai arrivata, così come non sono mai arrivate fantomatiche politiche liberiste che sarebbero state la causa di ogni male.

    • Luca

      L’euro è una forte politica liberista perché azzera il rischio di cambio per gli investitori e impedisce ai singoli paesi di svalutare sottraendogli di la possibilità per riequilibrare la bilancia commerciale. Da quel momento in poi altre riforme liberiste sul lavoro (come i co.co.pro. che non hanno compensi definiti da contratti nazionali) hanno rappresentato lo strumento con cui il governo ha fatto pagare ai lavoratori dipendenti il prezzo della competitività (inutilmente, tra l’altro).
      Il maggior problema non è la spesa pubblica improduttiva (che comunque va diminuita) e neanche il debito pubblico (che comunque va tenuto sotto controllo) ma la bilancia commerciale (in passivo da una decina d’anni) e il conseguente debito privato che si trasforma in debito pubblico durante le crisi causate da shock esterni asimmetrici.

      • Hk

        E che cosa pensa abbia causato la perdita di competitività che ha portato la bilancia commerciale in negativo?

        • L’euro è una camicia di forza messa agli stati, non hanno più potuto fare affidamento sulla politica monetaria, senza una politica di ritrasferimenti tra stati ciò è’ successo, era tutto previsto, oggi non ci dobbiamo nascondere dietro falsi ragionamenti, in fin dei conti in Europa, ha vinto la linea tedesca, gli stati devono fare i compiti a casa propria, quindi solo con la politica di bilancio, i paesi stupidi come l’Italia ed alti stanno al guinzaglio e seguono tali ragionamenti.

          • Maurizio Cocucci

            Lei, ma non solo lei, fa sembrare la Germania come l’unica grande ‘cattiva’ che costringe tutti gli altri alla sofferenza, a sacrifici crudeli. Io credo che sia il contrario, siamo noi ad essere gli unici che invocano politiche tese solo a foraggiare il nostro sistema basato sulla corruzione, tramacci tra politica, grandi imprese e banche, sprechi ed evasione fiscale. Ricordo che il Fiscal Compact è frutto di un lavoro congiunto franco-tedesco. E il neo presidente francese Hollande ha dichiarato solo qualche giorno fa che un’asse Roma-Parigi contro Berlino nuocerebbe non solo all’Europa, ma anche alla Francia e all’Italia. La Spagna idem, ha scelto di accettare la linea rigida che, badi bene, non è imposta dalla Germania, ma sottoscritta anche da quasi tutti i Paesi della UE, Olanda e Finlandia in testa. Vede una cosa è chiedere un ammorbidimento delle regole del Fiscal Compact (che condivido), un’altra è invece inondare il sistema di euro comprando titoli del debito pubblico che, come ho scritto sopra, andrebbe solo a vantaggio di questo sistema malato che ci ha portato (lui, non l’euro) a questo punto.

      • Se con l’euro abbiamo avuto una bilancia in deficit, altri paesi sono in surplus, la germana; in sintesi con l’euro abbiamo spostato il surplus della bilancia dei pagamenti che fino al 2000 era stabile per l’Italia alla Germania, come siamo stati bravi?
        Oggi sento dire che “l’Italia e’ riuscita ad uscire dalla procedura di infrazione”, ci rendano conto, uno stato non comanda niente, anzi muore con le stesse regole da lui create, perché?
        Perché l’Inghilterra non è entrata nell’euro? Non vuole accettare la tanto paventata unione bancaria, ulteriore cappio al collo dell’Italia.
        Non vedo vie d’uscita se si continua con questi ragionamenti politici, l’Italia e’ brutta ha solo bisogno di riforme, poi tutto viene risolto, penso che non andiamo molto lontano, l’Europa deve comprendere ne l’attuale debito pubblico non può essere pagato con moneta buona ma solo con quella cattiva, quindi a livello europeo la Bce deve alzare l’asticella del l’inflazione ed attuare una politica monetaria espansiva con strumenti non convenzionali, in difetto l’Itala deve uscire immediatamente dall’euro.

        • Maurizio Cocucci

          Se la Germania è arrivata ad essere uno dei maggiori Paesi esportatori al mondo ed ha un notevole surplus nella bilancia commerciale non è grazie all’euro, ma grazie alle riforme varate durante la cancelleria Schröder. Riforme che qui non sarebbero state nemmeno proponibili. Poi ci aggiunga l’investimento in R&S e una strategia industriale che qui da noi è mancata. In poche parole in un sistema liberale loro sono stati più efficienti, sono diventati più competitivi facendo gioco di squadra. Mentre noi litighiamo sulla TAV, loro hanno costruito una serie di infrastrutture e vie di comunicazione con i Paesi dell’est Europa.
          E sulla Gran Bretagna. Si, sono rimasti fuori dall’euro, ma lei crede che se la stiano passando bene? Forse nella London area si soffre poco, ma vada a vedere com’è la situazione nel nord dell’Inghilterra, nel Galles.

    • Giancarlo Messina

      Condivido al 100%. Tutti in Italia sembrano dare la colpa al liberismo sfrenato… ma qualcuno le ha mai viste queste fantomatiche politiche liberiste?

  12. Antonio Nieddu

    No. Io non sono d’accordo con la questione dell’austerità espansiva, però mi pare che la crisi sia arrivata prima di quest’ultima.

  13. Savino

    Bisogna continuare con l’austerità e con le riforme strutturali. Non è di austerità che si muore, piuttosto si muore di illegalità diffusa, di impunità, di corporativismo, di sperpero dei soldi pubblici, di baby previdenza sociale, di distorsioni del welfare, di assenza di merito, di carenza di infrastrutture, di istituzioni care e inconcludenti, di manager incompetenti, di egoismo delle vecchie generazioni, di carenza di investimenti in scuola, ricerca, innovazione e cultura.
    Invece di prendersela con l’austerità cominciamo a fare autocritica.

  14. Antonio Nieddu

    E anche questo è corretto (ho sbagliato inserendo questo commento nel post di sopra, mi scuso)

  15. Davide Scianatico

    Sono d’accordo con Luca. Mi pare che la lezione principale sia stata ben presto dimenticata da tutti. E cioè che l’esplosione dell’attuale debito pubblico sia stata necessitata dal contenimento del debito privato delle banche che, in ossequio ai tanto decantati principi liberisti di reaganiana-thatcheriana memoria, hanno raggiunto un solo obiettivo: quello di un trasferimento netto della ricchezza reale, dalle mani di tutti gli operatori impegnati nell’economia reale, direttamente nelle mani dei pochi maggiori operatori finanziari impegnati nel settore della finanza virtuale.
    Se si dovesse seguire la logica di una maggiore austerità, di un maggiore rigore dei conti pubblici, l’effetto sull’economia reale sarebbe ancor più disastroso. Pensare che l’unica vera soluzione possa essere nelle liberalizzazioni del mercato, significa appunto non tenere conto proprio di quanto già sperimentato negli Stati Uniti durante l’ultima esperienza del governo Bush (figlio).
    Senza peraltro dire che sarebbe bastato applicare un minimo di razionalità per giungere alle stesse conclusioni cui si è giunti per via sperimentale negli USA. Infatti, se alcuni servizi – previdenza, assistenza, sanità, giustizia, istruzione, trasporto, sicurezza – non sono pubblicamente garantiti dallo Stato, con la giusta ed imprescindibile copertura finanziaria assicurata dal gettito derivante dalla fiscalità generale, tali servizi, in forma privata, possono essere fruiti dai cittadini solo a condizione che questi ultimi se li possano permettere. Quindi delle due l’una: o i cittadini rinunciano a quei servizi o se li pagano di tasca propria. Nella seconda ipotesi, non disponendo di un reddito sufficiente a garantirsi servizi di qualità identica a quella oggi assicurata dallo Stato, gli stessi cittadini o si accontentano di servizi di qualità inferiore oppure, volendone conservare l’abituale livello qualitativo, dovranno ricorrere al sistema del debito privato attraverso il credito bancario. Indebitamento privato dei cui rischi il sistema bancario non vorrà farsi carico, e che verrà riversato ai risparmiatori attraverso la cartolarizzazione di pacchetti studiati ad hoc. Pacchetti spacciati con triple A, anche con la complicità di consenzienti e conniventi agenzie di rating, il cui valore reale crollerà dopo che gli speculatori avranno concretizzato il guadagno raggiunto alla fine del percorso della “bolla”.
    Un meccanismo perfido, che riporta indietro i risparmiatori verso le banche.
    Risparmiatori che, nel tentativo di salvare il salvabile, decretano il fallimento delle banche.
    Banche che, pur avendo generato un mostruoso debito privato, non possono essere abbandonate al proprio destino dallo Stato.
    Stato che converte il debito privato delle banche in debito pubblico a carico di tutti i cittadini.
    Vogliamo ripetere questo ignobile ciclo?

  16. Luca

    Davide, condivido al 100%!
    Tra le cause primarie dell’esplosione del debito non dimentichiamo la più importante, il divorzio fra Ministero del Tesoro e Banca d’Italia nel 1981 (Beniamino Andreatta). Da quel momento un ente senza scopo di lucro (Stato) deve finanziarsi sul mercato agli stessi tassi delle imprese che fanno profitti (della serie: ai finanzieri piace vincere facile).
    Cosa dire poi della presunta allocazione ottimale dei capitali che alla fine porta al fallimento del mercato? When it’s profit you keep it but debt we share” (King Blues – Does Anybody Care About Us).

    • Piero

      Divorzio fatto a seguito del rispetto della politica europea.

      • Luca

        E’ vero Piero! E fatto a seguito delle politiche liberiste iniziate da Ronald Reagan e Margaret Thatcher che hanno favorito la finanza mondiale. Politiche sostenute anche da Mario Monti. E noi (masochisti) l’abbiamo pure chiamato al governo:
        http://youtu.be/suKwJljvNFE

  17. enzo

    Quando penso al rapporto tra debito pubblico e italiani non posso fare a meno di pensare al film sulla vita di baldini interpretato da elio germano. alla chiusura del film il protagonista giocatore accanito e ormai salvato per la collottola della camicia pensa: non è che si perde il vizio del gioco e che nessuno ti presta più i soldi per giocare.

    • Libero pensiero

      Buongiorno Enzo, i punti su cui intervenire sono banali, e le cose da fare arci-note. Meglio A.Shleifer, Alesina, Giavazzi ed al. di tanti politici domestici. l’Italia ha un potenziale enorme. I driver per la crescita a breve sono il digitale, ma anche turismo, cultura, musei, patrimonio artistico. Il potenziale è enorme. Bisognerebbe esigere una vera semplificazione/normativa/di processi e trasparenza di dati/pagamenti come primo next step per la crescita, e contro la corruzione. E l’istruzione va svecchiata. Ma finchè Anders Borg sarà in Svezia, e qui ci saranno solo i Fiorito…

    • Federico B

      E’ proprio questo il tema. Friedman diceva “How can we ever cut government down to size? I believe there is one and only one way: the way parents control spendthrift children, cutting their allowance. For government, that means CUTTING taxes.”…..Il Nord presenta un Residuo Fiscale attivo per quasi 95 miliardi di Euro, l’Italia centrale di 8, il Mezzogiorno un passivo di 63….Anche questi sono soliti, noti, temi, di natura eminentemente politica…

  18. Luca

    Si può morire di tante cose Savino. Tutte le misure che hai elencato sono sacrosante ma in un periodo di recessione non puoi non sostenere la domanda. Nota che la spesa pubblica, anche se improduttiva, è comunque il reddito di qualcuno che poi lo spende sostenendo l’economia.
    La riduzione della spesa, e di conseguenza del debito pubblico (in rapporto al PIL) avviene più facilmente in una fase espansiva dell’economia, quando le rinunce fanno meno male.
    La causa del debito pubblico sono anche le distorsioni che hai elencato. Ma la principale causa sono gli interessi. Il 30% circa del debito pubblico è stato accumulato durante i governi degli anni 2000, periodo in cui, al netto di quella spesa, il bilancio pubblico era in avanzo (in utile d’esercizio!)

    • Davide Scianatico

      Senza dire che i nostri principale problemi sono iniziati col divorzio tra Tesoro e Banca d’Italia.
      Guardate il link e così sarà chiaro una volta per tutte quando e perché è cominciato a crescere il debito pubblico in Italia.
      dehttp://upload.wikimedia.org/wikipedia/it/thumb/0/0f/Debito_pubblico.jpg/400px-Debito_pubblico.jpg

      • Piero

        Vero, nel momento che la Banca d’Itala ha perso il ruolo di finanziatore del debito pubblico, lo stato ha fatto ricorso al mercato pagando interessi alti che anno fatto crescere il debito statale.

    • Piero

      Non è vero il debito pubblico risale ai governi ante 1994, governi che duravano solo qualche mese e passavano il testimone al governo successivo, dopo il 1994 la durata del governo, ad eccezione di qualche caso ha durato quasi l’intera elisa tua, il problema del debito e’ stato sempre affrontato sia a destra che a sinistra, ciò non per una propria volontà a per il trattato monetario.

      • giulioPolemico

        Affermazione totalmente falsa.
        Tra l’altro il debito pubblico in quel periodo è aumentato proprio perché i “governi ante 1994, governi che duravano solo qualche mese e passavano il testimone al governo successivo” lasciando la nazione allo sbando.
        Il debito pubblico nasce da quando l’Italia ha buttato universi di miliardi nella Cassa del Mezzogiorno, con il risultato che sono andati alla mafia (che tuttora controlla parte del territorio), da quando lo Stato ha concesso la pensione a chi aveva 15 anni, 6 mesi, 1 giorno di anzianità lavorativa, da quando i parchi di Roma avevano più guardie forestali dell’intera Valle d’Aosta, da quando (nel 1948) è stato creato un ente per il porto franco a Messina e l’ente è tuttora in vita ma il porto franco non c’è ancora, da quando in Calabria ci sono più forestali che alberi (e tra l’altro a volte sono loro ad appiccare il fuoco per essere riassunti), da quando in certi paesi del meridione ci sono più invalidi che a Lourdes, ecc., ecc, ecc.
        Dare la colpa alla Merkel delle conseguenze di questo sistema, e cioè il debito pubblico (e la corruzione, ecc.), è veramente essere fuori dalla realtà.

    • Savino

      Il debito pubblico deriva esclusivamente da ciò che ho elencato e che rappresenta il fallimento di classi dirigenti che hanno sbagliato e fatto pagare ai giovani i loro errori, perchè incompetenti oltre ad (e ancor prima di) essere opportuniste (e, come viene gergamente detto, ladre). Gli interessi sono semplicemente una conseguenza del troppo tempo che si è perduto (e si paga anche quello). Io mi rivolgo agli storici e agli addetti ai lavori perchè non classifichino certi personaggi del nostro passato come degli statisti.

      • Luca

        La miglior riposta alla tua affermazione “Il debito pubblico deriva esclusivamente da ciò che ho elencato” te la da il grafico caricato da Davide Scianatico qui sotto che mostra l’andamento del debito pubblico.

    • giulioPolemico

      “Nota che la spesa pubblica, anche se improduttiva, è comunque il reddito di qualcuno che poi lo spende sostenendo l’economia.”
      E questa è proprio una delle cause del debito pubblico.
      I tedeschi hanno perfettamente ragione a non fidarsi di noi. Da bravi italiani diamo sempre la colpa agli altri dei disastri che combiniamo, e con questa mentalità non ne usciremo mai.

  19. marco

    Il debito non è assolutamente un problema per i paesi che hanno sovranità monetaria, l’esempio del Giappone docet – il vero problema si chiama eurozona, euro e troika e l’insieme di politiche macroeconomiche folli da essa imposta fondate su presupposti ideologici che non hanno basi scientifiche e sul fanatismo monetario – uscire dalle politiche di austerity, assolutamente insostenibili dal punto di vista macroeconomico (sarebbe come se un medico sostenesse che dare due schiaffoni a un malato tutti i giorni lo aiutasse a guarire), ritornare a fare deficit in modo coerente con il momento storico-economico e con un prospettiva di piena occupazione significherebbe potere spendere 100-150-200 miliardi in più ogni anno e ritornare a volare in poco tempo – ricordo che un debito pubblico generato nella moneta FIAT che lo Stato stampa non è il debito dei cittadini e che ha un effetto assolutamente virtuoso sull’economia e sul risparmio privato dei cittadini…è ora di smetterla con la favoletta neoliberista che vuole far credere alla gente che tutti i più potenti stati del mondo in questi decenni si sono fumati il cervello indebitandosi come un ubriacone che ha bisogno dei soldi per l’alcool…Avete per caso mai visto un ubriacone onesto che si umilia per chiedere 20 euro in prestisto per andare al bar pur avendo la possibilità di stampare il denaro? Adesso invece il denaro è stampato dalla BCE che non lo da agli Stati che devono finanziarsi sui mercati di capitali come una banca o un qualunque cittadino…forse è per questo che casualmente gli stati europei sono così in difficoltà?

  20. HK

    Cioè dobbiamo esse foraggiati da altri perché non riusciamo ad essere competitivi da soli?

    • Piero

      Se svalutare la moneta vuole dire essere raggiati dagli alti, ciò vuole dire che l’America e il Giappone vengono foraggiati dal resto del mondo.

  21. Ivan Berton

    Uno può scervellarsi quanto vuole nel trovare la colpa dello sfascio ,prima all’austerità dopo alle banche, dopo alla malasorte etc etc etc.
    Il fatto è che il buon senso non regna più nel cervello della gente,
    Spendere i soldi che ancora non si possiedono in tasca è sempre controproducente che sia un privato, un’azienda o lo stato a farlo, in qualsiasi caso se si inceppa qualcosa nel meccanismo, si va tutti a gambe all’aria .
    E poi ricomincia la caccia al colpevole …..
    Questi anni di austerity servono a frenate quell’impennata che tutti hanno avuto con questo giochetto del debito, e magari invertire la rotta .
    Però un’altra cosa mi salta all’occhio, dato che la Germania ha cavalcato l’onda delle esportazioni massiccie, e contemporaneamente ha messo in ordine i propri bilanci/conti etc. etc , e adesso la nostra BCE non intende fare iniezioni di cash pesanti come la FED e la BOJ, non è che vogliano estendere il concetto che tanto bene ha funzionato per la Germania a tutta lEuropa ?
    Nel senso che il pensiero laterale che mi sorge è che dicano.
    ” Americani, Giapponesi etc etc, fate pure iniezioni di soldini fate inflazione, fate ripartire pure le vostre economie superdrogate, se tanto mi da tanto, i vostri soldi cominceranno ad arrivare qui da noi in europa, e faremo lo stesso giochetto , dove chi ci traina sono gli altri che comprano i nostri prodotti, e quando arriverà la prox crisi avremo abbastanza soldini da compensare le perdite … ” .
    mah mi sembra che potrebbe funzionare no ?

    • Piero

      Stanno arrivando i giapponesi e gli americani a salvare l’Europa, acquistando i nostri titoli governativi, in ogni caso fanno un’affare, matureranno forti plusvalenze su tali titoli e ci aiuteranno a ridurre gli spreed.
      Purtroppo, tale manovra doveva essere fatta dalla Bce, la politica tedesca dei compitini a casa propria, la paura dell’inflazione e forse la tentazione di assumere un potere sempre più egemonico in Europa da parte della Germania, ne ha impedito la sua attuazione.
      Un primo probema, e’ rilevare che la Bce non è un organo indipendente, anzi è dipendente dal governo come tutte le banche centrali, il problema che in Europa dipende solo da uno stato e non da tutti e 17.

      • Ivan Berton

        Dici che gli Americani ed i Giapponesi compreranno i nostri titoli governativi ?
        Dopo le iniezioni di Cash che hanno avuto probabilmente si in effetti.

  22. Piero

    Il surplus della germana e’ con i paesi euro e non con il resto del mondo, quindi non è competitività ma è la forza del cambio fisso c’è ha permesso ciò.

    • Luca

      Giusto! Tra l’altro le riforme a cui si riferisce Maurizio Cocucci (riforme del lavoro Hartz) sono quelle hanno abbassato il costo del lavoro in Germania (vedi mini job a 400/mese) per reprimere la domanda interna. Questo e lo soppressione dell’inflazione (sempre più bassa dei paesi del mediterraneo) hanno permesso alla Germania di diventare un paese esportatore. La loro è stata una politica mercantilista. E’ tutto spiegato molto bene nel libro “Il Tramonto dell’Euro” di Bagnai.

  23. Luca

    La corruzione ce l’hanno anche in Germania (vedi ultimi scandali al parlamento della Baviera e quelli della Siemens che pagava i sindacalisti per fargli accettare le politiche sul lavoro aziendali).
    Il fiscal compact sarà una palla al piede per 20 anni.
    L’euro non funziona semplicemente perché l’Europa non è un’area valutaria ottimale (vedi http://it.wikipedia.org/wiki/Area_valutaria_ottimale).

    • giulioPolemico

      “La corruzione ce l’hanno anche in Germania”.
      Scusi, solo per avere un minimo sussulto di onestà: prima che in Germania ci sia tanta corruzione (e mafia) quanta ce n’è sempre stata in Italia…
      Finché noi non saremo seri, gli altri non ci rispetteranno.

  24. Maurizio Cocucci

    La causa principale della nostra crisi, in Italia intendo, non è certo l’euro anzi, l’euro ci ha dato l’opportunità di ristrutturarci ed essere competitivi, opportunità che non abbiamo colto. La Germania lo ricordo ancora una volta, ha iniziato il millennio e quindi l’esperienza euro con un livello di competitività inferiore alla nostra e a quella dei francesi ma ha saputo affrontare la situazione con riforme profonde che le hanno permesso di tornare ad essere la locomotiva d’Europa. In molti credono che il loro eccezionale volume di export dipenda semplicemente dall’ingresso nell’euro, ma la realtà è ben diversa. Dipende proprio dalle riforme attuate dal 2002 al 2004 sotto la cancelleria Schröder. Inoltre ricordo che il problema principale per le nostre imprese non è l’export che nonostante la crisi continua a crescere, ma la domanda interna e quindi l’euro non può essere l’imputato. Grazie invece a questa moneta che soprattutto la Germania ha voluto essere forte abbiamo pagato molto meno le importazioni, in particolare delle materie prime delle quali siamo spovvisti. Ma si è mai fatto un conto di quanto ci costerebbe il solo carburante se fossimo rimastri con la Lira? Ci si è chiesti se il successo dei marchi tedeschi nel settore auto in Cina dipenda dal prezzo, che è per ogni marchio superiore a quello dei marchi italiani, oppure se risiede in altri fattori? Associamo la crisi all’euro ma se ci riflettiamo un momento essa è iniziata ben prima di questo evento, magari si può trovare un corripondente temporale nel periodo del crollo del Muro di Berlino e della contrapposizione Est-Ovest con la conseguente apertura di mercati fino ad allora semi-sconosciuti.

  25. stefanokoki

    serve un po’ di chiarezza. Ci hanno raccontato nel 2008 che la crisi riguardava i titoli sub-prime: avidità di operatori finanziari che non si curavano della solvibilità di chi contraeva debiti perchè impacchettavano in anonimi derivati i rischi ed intascavano le plusvalenze. Sembrava quasi che non ci dovesse essere un impatto così diffuso nell’economia reale. Poi le banche registrarono perdite fenomenali perchè non solo i sub-prime ma tanti altri derivati valevano poco o nulla e le banche smisero anche di prestarsi soldi, chiusura del credito e mancanza di liquidità. Allora i governi cominciano a pompare liquidità, mentre si fanno le graduatorie tra le banche “buone” e quelle “cattive” si scopre che tutte hanno problemi e quindi grandi salvataggi anche da parte della BCE che regala soldi alle banche all’ 1%, che poi le banche prestano (quel poco che prestano) al 7-8-10%. Quello che non è chiaro nell’articolo di Daveri è che non sono stati spesi soldi pubblici per salvare industrie ma per salvare banche, in altre parole i soldi dei contribuenti sono stati utilizzati per ricostitutire gli attivi finanziari polverizzati dalla crisi dei derivati. Dai dati McKinsey gli attivi finanziari sono passati da 208 tr$ nel 2007 a 198 tr$ nel 2008, per poi risalire molto meno velocemente di prima ed oggi sono a 225 tr$; gli Stati hanno sostanzialmente speso per consentire questa risalita, infatti è aumentata molto la quota di attivi finanziari sotto forma di titoli di debito sovrano. Mi sembra che la “trasfusione” di risorse dai cittadini al sistema finanziario tramite debito pubblico non possa essere considerata frutto di un meccanismo “naturale”, ma una scelta deliberata. Quanto di questo aumento di debito è andata ad alleviare il disagio sociale ? forse qualcosa è andato per sussidi di disoccupazione ed in Italia in cassa integrazione, ma credo sia una frazione dell’aumento del debito pubblico, il resto dove è andato ? direi in aumentati interessi sui debiti sovrani …. E’ proprio vero che la crisi “economica” fa necessariamente esplodere il debito pubblico ? o non è il debito pubblico salito per coprire il buco degli attivi finanziari e per far ciò ha succhiato risorse dall’economia reale ? ho paura che si danno per scontati meccanismi che invece richiedono un’accurata valutazione delle relazioni cause-effetto.

  26. giulioPolemico

    Chiedo scusa se ancora ritorno sull’argomento e sono spigoloso (anzi: “Polemico” 🙂 ) però l’affermazione “Il debito non è assolutamente un problema per i paesi che hanno sovranità monetaria, l’esempio del Giappone docet[…]” è gravissima ed è proprio quello che ha portato l’Italia in queste condizioni: anche quando avevamo una nostra moneta il debito pubblico comunque non faceva che aumentare. A un certo punto il sistema non ha più retto ed è venuto il momento di pagare.
    Il debito pubblico è sempre un problema: o per la generazione attuale o per le generazioni successive, che se lo ritroveranno sul groppone (e il Giappone sta davvero scherzando con il fuoco).
    Alla fine ‘sto enorme debito pubblico qualcuno lo dovrà pur pagare, oppure lo si sposta sempre in avanti e il sistema continua a reggere all’infinito (meglio: fino allo spegnimento del Sole)?
    Se non riusciamo a capire questa cosa di elementare buon senso, da prudente e saggio padre di famiglia che non vuole lasciare debiti ai suoi figli, la nostra attuale situazione è più che meritata.

    • syntax error

      “anche quando avevamo una nostra moneta il debito pubblico comunque non faceva che aumentare”
      negli anni 70 per due shock petroliferi negli anni 80 perchè avevamo separato la banca d’italia dal tesoro.
      Fino a quando la banca d’italia era sotto l’ala del tesoro il discorso del debito pubblico era più che altro una partita di giro.
      Poi vedi bene che per la macroeconomia le spese di qualsiasi operatore economico (stato, famiglie e industrie) sono ricavi per gli altri. Che ti piaccia o no!
      “A un certo punto il sistema non ha più retto ed è venuto il momento di pagare.”
      Vedi sopra, se separi banca centrale da min del tesoro sei costretto a finanziarti presso terzi, che prima o poi questi soldi li rivogliono.
      Infine lo Stato non è una famiglia. Accostare la contabilità nazionale a quella familiare è una cosa di una banalità inimmaginabile

  27. Piero

    Vi sono tre cause:
    – crisi finanziaria proveniente dall’America del 2007, l’Italia ha assorbito il colpo, grazie alle nostre banche, che sono state ritenute le più solide d’Europa;
    – crisi finanziaria derivante dalla mancata fiducia nel debito governativo dei paesi meriodionali; i titoli governativi ingolfano i bilanci bancari, impedendo la concessione di credito all’economia reale; tale problema si è presentato nel 2010, ha toccato il punto più alto della crisi nel 2012, ad oggi non è stato risolto;
    – crisi economica derivante dalla globalizzazione, con l’apertura dei mercati asiatici il mondo degli attori economici si è raddoppiato, ricordo che tre miliardi di persone dell’Asia hanno invaso con i loro prodotti l’economia occidentale, sono andati prima in crisi i paesi occidentali con un economia ad alta intensità di lavoro, come quella italiana basata sul tessile ed abbigliamento, i paesi asiatici diventano sempre più bravi e conquisteranno anche i settori dove vi è meno lavoro e più capitale come il settore meccanico, oggi in mano ala Germania in Europa.
    Con i paesi asiatici non è un problema di competitività, ma bensì di politica commerciale di politica valutaria, l’America sta combattendo la guerra valutaria con la Cina che artificiosamente tiene fermo il cambio con il dollaro, mentre l’Europa non fa nulla, anzi si fa male tenendo alto il valore dell’euro sul dollaro, facilitando così ai cinesi i mercati europei.
    Tornando all’Italia, siamo un paese competitivo, abbiamo si la pubblica amministrazione con la produttività sotto la media in Europa, non è un problema di stipendi che sono la metà di quelli tedeschi.
    Bene le riforme per aumentare la produttività del pubblico, non è facile ma fare lavorare quelli assunti in modo clientelare non è facile, ma sui nuovi assunti vedo un’appartenenza al settore pubblico che stimola il lavoratore, le cose stanno cambiando, con il blocco delle assunzioni, penso che in un decennio il problema della pubblica amministrazione venga risolto, meno dipendenti e più efficienti.
    Il resto, il settore privato dell’economia e’ molto competitivo, anche più della Germania, ricordo che il nostro capitalismo e familiare, mentre il capitalismo renano e un’intreccio anche con banche e assicurazioni, abbiamo due realtà diverse e i tedeschi non ci debbono insegnare nulla.
    Per la classe politica siamo tutti d’accordo, ricordo che gli scandali ci sono anche all’estero.

  28. Piero

    Ho partecipato al festival di Trento, la conclusione di tutti gli economisti l’austerita’ provoca recessione, non è questa la strada, una parità tra chi dice che la Germania e’ il cattivo e chi dice che deve essere da esempio.
    Consensi sull’unione bancaria condizionata da una politica i solidarietà tra stati.
    Pochi consensi sul l’uscita dall’euro, molti consensi sulla politica di Draghi.
    Questa e una visione che dall’estero hanno dell’Italia, in parte posso essere d’accordo, a non vorrei buttare l’Itala così in basso, ricordo a tutti che eravamo arrivati negli anni 80 al quinto posto nel mondo economico, oggi con lo tsunami dell’apertura all’economia dell’est un arretramento e’ giusto che i sia, ma in Europa pochi ci possono dare delle lezioni.

    • Maurizio Cocucci

      A me dispiace non essere potuto andare. Mi sarebbe davvero interessato assistere a qualche dibattito, soprattutto al di là del tema euro SI, euro NO, del Fiscal Compact o della politica monetaria della BCE, della Fed o della BoJ. Non che non si debba parlarne per carità, solo che a quanto sembra gli economisti non parlano d’altro. A me piacerebbe sapere dagli economisti quanto tempo un imprenditore a nord del Brennero è in grado di aprire una attività, quanta burocrazia deve assolvere e quanta assistenza ha dall’amministrazione pubblica nella esplicazione delle varie formalità. Mi piacerebbe conoscere i vari sistemi fiscali presenti nel nord Europa, la loro entità (per imprese e cittadini) e confrontarli con il nostro. Mi piacerebbe avere un confronto dei diversi sistemi di welfare (o stato sociale per dirla in italiano) per sapere se anche a Berlino, Amsterdam, Copenhagen, un cittadino senza lavoro è costretto a vivere nella sua autovettura. Ma poi mi piacerebbe molto sapere, magari con una dimostrazione matematica, come può il costo del lavoro italiano essere tra i maggiori in Europa quando al lavoratore spettano netti, nella maggior parte dei casi, salari che sono minimo del 30% inferiori a quelli che percepisce un omologo a Berlino, a Parigi, ad Amsterdam o a Copenhagen, tenuto conto che l’entità del cuneo fiscale di questi Paesi non è così diverso da quello italiano.
      Se ne avessero parlato allora mi sono davvero perso qualcosa di interessante e soprattutto di nuovo rispetto a quanto mi è dato di ascoltare nei vari dibattiti televisivi.

  29. giulioPolemico

    “Fino a quando la banca d’italia era sotto l’ala del tesoro il discorso del debito pubblico era più che altro una partita di giro.”
    Veramente il debito pubblico era anche allora in mano, ad es., ai pensionati che acquistavano titoli di stato (BOT, BTP), a me che come decine di milioni di italiani avevo acquistato buoni postali, ecc. Moltiplicato per decine di milioni di italiani, tutto questo ha costituito debito pubblico, che ha continuato a gravare finché pochi anni fa lo Stato (o meglio, la cddpp) lo ha estinto (per la mia parte) restituendomi il prestito (che gli avevo fatto acquistando allora i suoi buoni) dandomi indietro capitale e interessi.
    (Comunque proverò anch’io a farmi prestare dei soldi da qualcuno e a non restituirglieli, dicendogli che si tratta solo di una partita di giro.)
    “Poi vedi bene che per la macroeconomia le spese di qualsiasi operatore economico (stato, famiglie e industrie) sono ricavi per gli altri.”
    È questa la mentalità folle che ci ha rovinato: ti rammento che esistono spese produttive e spese improduttive. E saranno anche “ricavi per altri” ma si tratta comunque di oneri per altri ancora (e cioè per noi adesso) e visto che tiri in ballo la macroeconomia, bisogna vedere se da tali spese complessivamente prevalgono, al netto, i benefici o gli svantaggi (il PIL aumenta anche in caso di una guerra, per l’industria bellica. Bisogna vedere se convenga subire le devastazioni della guerra per aumentare il PIL).
    “Vedi sopra, se separi banca centrale da min del tesoro sei costretto a finanziarti presso terzi, che prima o poi questi soldi li rivogliono.”
    Il divorzio tra banca d’italia e ministero del tesoro, come causa del debito pubblico, è una assurda e strampalata teoria, al pari di quelle incredibili fantasie sul signoraggio della moneta.
    Il debito pubblico nasce da quando lo Stato, per trovare i soldi da mettere nelle pensioni di chi ci era andato dopo soli 15 anni, 6 mesi e 1 giorno di anzianità, quindi con versamenti ampiamente insuff. per una pensione (parlo con molta cognizione di causa, perché ho un caso reale estremamente vicino), emetteva titoli di stato, che i risparmiatori compravano. In quel momento lo Stato faceva un debito e i soldi che i risparmiatori gli davano comprando i suoi titoli, li metteva nelle pensioni da elargire a quelli dei 15 anni, ecc. di anzianità. Dopo 30 anni, i titoli piazzati vengono a scadere e ai risparmiatori che li avevano comprati devono essere restituiti i soldi prestati. Dove li trova ora lo Stato i soldi da restituire? Dalle tasse. E chi le paga le tasse? La generazione attualmente in vita.
    Ho citato i baby pensionati, potrei citare altri casi (corruzione: un ponte che inizialmente costa 7 mld di lire e poi finito ne costava 40, ecc., ecc.), e tutti hanno contribuito al debito pubblico. Il debito pubblico nasce così (e il meccanismo è generale, non solo italiano. In italia e in Grecia è stato sfrenato).
    Come vedi la motivazione basata su divorzio tra banca e ministero è una solenne stupidaggine.

    • stefano delbene

      Il debito cresce a prescindere dalle spese produttive o improduttive: l’esempio storico sono la Germania hitleriana e gli Stati Uniti reganiani che hanno avuto una grande crescita economica dall’indebitamento portato dal riarmo….

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