L’aumento dei tassi ha fatto emergere evidenti problemi di stabilità finanziaria. E se finora la qualità del credito è rimasta relativamente buona, bisogna evitare che tornino a crescere le insolvenze, a causa di una contrazione del credito bancario.
Se Svb non è un caso isolato
Come sempre in queste occasioni, la prima reazione delle autorità americane alle difficoltà della banca californiana Silicon Valley Bank è stata quella di gettare acqua sul fuoco. Le frasi sono state quelle di circostanza: Svb è un caso isolato e il sistema bancario americano è fondamentalmente solido.
Sulla base delle ultime vicende, un lavoro di Erica Xuewei Jiang, Gregor Matvos, Tomasz Piskorski e Amit Seru si interroga proprio sull’entità delle minusvalenze latenti nei bilanci delle banche americane e sul ruolo dei depositi non assicurati nelle fughe di capitali. Il quadro che emerge non è molto rassicurante. Gli autori rilevano che le perdite nascoste nel bilancio di Svb, determinate dalla diminuzione di valore degli asset a reddito fisso in conseguenza dell’aumento dei tassi di mercato, non sono così differenti da quelle di una buona parte del settore bancario americano. Circa l’11 per cento delle banche aveva minusvalenze latenti superiori a quelle di Svb e quasi il 10 per cento aveva una patrimonializzazione inferiore a quella della banca californiana. Se il fallimento di Svb fosse stato determinato solo da questioni patrimoniali, oltre 500 altri istituti avrebbero dovuto fare la stessa fine. Ciò che invece ha causato il collasso di Svb è stato l’elevato livello di quello che gli autori chiamano uninsured leverage, il rapporto tra passività non garantite (principalmente costituite dai depositi oltre 250 mila dollari) e attività. Secondo questa metrica, Svb rappresenta davvero un caso eccezionale, perché ha utilizzato soprattutto depositi non garantiti per finanziare le proprie attività, ed è così una delle più esposte alla fuga dei depositi, come puntualmente è capitato.
I depositi lasciano le banche americane
Quando i depositi hanno un maggior carattere di stabilità, le minusvalenze latenti non necessariamente determinano una situazione di crisi del tipo di quella registrata da Svb. Il problema è che i depositi continuano a lasciare le banche americane. I dati diffusi settimanalmente dalla Fed dicono che dall’inizio dell’anno si sono ridotti di circa 400 miliardi di dollari, in dodici mesi il conto arriva vicino a mille miliardi.
Le ragioni alla base del fenomeno sono varie e non esclusivamente legate alla solidità delle banche: per esempio, c’è la possibilità di ottenere una remunerazione maggiore su altri strumenti di impiego della liquidità, come le quote dei fondi monetari e i titoli di stato a breve termine. Solo nelle ultime due settimane i fondi monetari hanno visto affluire circa 240 miliardi di dollari. La stima fatta da Xuewei Jiang, Matvos, Piskorski e Seru, basata sul fatto che il settore bancario americano ha attualmente circa 2 mila miliardi di dollari di minusvalenze nascoste in bilancio, è che nel caso in cui la metà dei depositi non garantiti uscisse dal sistema, il fondo di tutela (Fdic) dovrebbe chiudere altre 186 banche, che complessivamente detengono 300 miliardi di depositi garantiti, con una perdita stimata di 10 miliardi per Fdic. Perdita che potrebbe essere ancora maggiore se la risoluzione bancaria determinasse una svendita, una liquidazione sotto al valore di mercato, delle attività in bilancio. Per evitare questo scenario Fdic è costretta a intervenire e chiudere una banca prima che le percentuali di ritiro dei depositi non garantiti raggiungano livelli preoccupanti. Per Svb si è trattato del 30 per cento, ma questo non ha evitato di incorrere in una considerevole perdita: la recente cessione della gran parte delle sue attività a First Citizens Bank ha determinato per il Fdic una perdita di circa 20 miliardi di dollari, la più grande della sua storia e pari a quasi il 15 per cento della dotazione del fondo.
Le contromisure decise dalle autorità americane cercano di sterilizzare i problemi legati all’uninsured leverage secondo un duplice binario, da un lato garantendo che i depositi non assicurati di Svb e Signature Bank non avrebbero subito perdite, evitando così di scatenare il panico fra i depositanti non garantiti di tutte le altre banche regionali, dall’altro istituendo una finestra di sconto che permetta alle banche di ottenere liquidità alla pari del valore nominale degli asset che hanno, facendo in modo che le banche sottoposte alla fuga di depositi non debbano monetizzare la minusvalenza nascosta in bilancio come ha fatto Svb. Sono però contromisure che, alla lunga, potrebbero portare Fdic e Fed a dover garantire una quota sempre maggiore di depositi e ad assorbire una parte via via più elevata del rischio nascosto nei bilanci bancari.
L’aumento dei tassi ha così fatto così emergere evidenti problemi di stabilità finanziaria, che a questo punto dovranno essere tenuti nel giusto conto insieme a quelli di stabilità monetaria. Il capo della Fed nell’ultimo discorso ha fatto presente che nelle prossime decisioni si dovrà considerare l’impatto che queste difficoltà bancarie avranno sul credito all’economia reale e sull’attività economica. Il puzzle che le autorità americane dovranno sbrogliare non è certo semplice. Finora la qualità del credito è rimasta relativamente buona e i problemi sono essenzialmente legati alla diminuzione di valore di mercato delle attività conseguente all’aumento dei tassi. Ma se la contrazione del credito bancario, che probabilmente seguirà questo periodo di turbolenza, dovesse riaccendere la dinamica delle insolvenze, di cui si iniziano già a vedere i primi segnali, altri problemi si sommerebbero a quelli già esistenti, con conseguenze ancora difficili da valutare.
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