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Mutuo lungo, rata più bassa

La sostenibilità di un mutuo per chi lo richiede dipende dal tasso di interesse e dalla durata. Ci sono differenze nelle offerte delle banche. Ma ad abbassare il livello di reddito necessario per pagare le rate è la diluizione nel tempo dell’ammortamento.

L’effetto dei tassi

L’ultimo rialzo in ordine di tempo dei tassi di interesse che la Banca centrale europea applica al sistema bancario è effettivo dal 22 marzo. In che misura ciò si è tradotto in un incremento del costo dell’indebitamento per gli acquirenti di case? Dipende dalla reazione delle banche. 

In un precedente articolo abbiamo esaminato le principali caratteristiche dei più diffusi metodi di calcolo dell’ammortamento dei mutui. In questo intervento prendiamo in considerazione gli altri fattori che i potenziali mutuatari devono monitorare per valutare la sostenibilità del finanziamento richiesto.

Dato il tipo di mutuo, oltre che dal reddito del mutuatario, la sua sostenibilità dipende principalmente da due parametri: il tasso di interesse e la durata. Chi richiede un mutuo può scegliere tra tasso fisso e variabile, che sono le due tipologie cui si fa quasi esclusivamente ricorso. Nel primo caso, l’importo della rata resta uguale per tutta la durata del mutuo; nel secondo, cambia a ogni modifica del tasso di riferimento. 

Per il mutuo a tasso variabile, il tasso di riferimento è l’Euribor (Euro interbank offered rate), mentre per quello a tasso fisso è l’Eurirs (Eurointerest rate swap). Semplificando, si può dire che questi tassi, quotati ogni giorno, indicano il costo della provvista per le banche. Sommandovi lo spread, il cui livello è deciso autonomamente da ogni banca, si ottiene il Tan (tasso annuo nominale), applicato per il calcolo del piano di ammortamento.

Per semplificare la valutazione dei possibili effetti delle scelte relative alla tipologia del tasso e alla durata del mutuo, abbiamo esaminato le offerte presenti sul portale mutuionline.it il 31 marzo scorso, considerando un mutuo di 125 mila euro, per l’acquisto della prima casa, al prezzo di 250 mila euro. 

Confrontando l’offerta del 31 marzo con quelle del 20 marzo, risulta che le banche hanno aumentato il Tan in 10 casi su 25 nelle offerte dei mutui a tasso fisso e in 5 casi sui 27 in quelle a tasso variabile; per entrambe le tipologie solo in un caso la crescita è leggermente superiore alla metà dei 50 punti base dell’aumento deciso dalla Bce. Almeno nel primo periodo a ridosso dell’ultima decisione della Bce, sembra che le banche non abbiano adeguato le loro offerte al nuovo livello dei tassi, e che la loro griglia per tipologia e durata non abbia subito sostanziali modifiche.

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Il grafico 1 riporta la media dei tassi di interesse e quella degli spread delle offerte del 31 marzo. Il tasso di interesse fisso si riduce leggermente con l’aumento della durata dell’ammortamento; quello variabile dei mutui a venti anni è leggermente più basso del livello applicato agli ammortamenti in dieci e trenta anni. La ragione per cui le banche non compensano con un aumento dei tassi il maggior rischio connesso all’allungamento della durata dei mutui va cercata soprattutto nell’andamento dei tassi di riferimento.

Come si vede dal grafico, per le diverse durate del mutuo, mediamente la differenza tra il tasso variabile e fisso è contenuta; per i mutui a 30 anni il tasso variabile è addirittura più alto di quello fisso. Alle attuali condizioni di mercato, il più basso importo della rata di partenza che costituiva il vantaggio del mutuo a tasso variabile rispetto a quello a tasso fisso si annulla o si riduce al punto che potrebbe essere cancellato anche da un piccolo aumento del costo del denaro.

L’effetto della durata

I valori medi sintetizzano, ovviamente, il ventaglio dei tassi praticati dai singoli istituti di credito. La differenza tra l’offerta della banca con il tasso più alto e quella con il tasso più basso non è del tutto trascurabile: oscilla tra un quarto e un poco più di un punto percentuale. Lo scarto si riverbera, ovviamente, sull’importo delle rate mensili. Nel campione di mutui considerato, la differenza tra la rata più alta e la più bassa varia da poco meno di 14 euro per il mutuo decennale a tasso fisso a oltre 70 per quello trentennale sempre a tasso fisso. 

Per la sostenibilità del debito, tuttavia, la durata dell’ammortamento del mutuo è un fattore più importante della differenza tra i tassi. Il grafico 2, riporta, per le diverse durate, l’ammontare della rata mensile più alta e quella più bassa, nonché la differenza tra i due in valore, che è particolarmente rilevante per i mutui a più lunga scadenza. 

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Ad abbassare il livello di reddito necessario per far fronte al pagamento della rate è soprattutto la diluizione nel tempo dell’ammortamento. Considerando le offerte più vantaggiose per il mutuatario, l’importo della rata media mensile di un mutuo trentennale a tasso fisso è circa la metà di quello di un mutuo decennale e quasi un quarto più basso di quello ventennale. Considerando un indice di sostenibilità del mutuo pari a 0,3 (importo annuo delle rate/reddito annuo), per ammortizzare un mutuo decennale occorre un reddito famigliare mensile che si attesti almeno sui 4.200 euro, mentre per il mutuo di venti e trenta basta un reddito sui 2.400 e 1.800 euro rispettivamente. 

Naturalmente, più il mutuo è lungo più costa, cioè maggiore è l’importo complessivo degli interessi da pagare. Nel nostro esempio, alla fine dell’ammortamento di un mutuo decennale si restituisce un ammontare di interessi pari a un quarto del capitale ottenuto, che diventa il 40 per cento per la durata intermedia e di oltre il 55 per cento nel caso del mutuo di trent’anni (sono costi al netto degli oneri accessori, quali spese di istruttoria, incasso delle rate e altro, che insieme agli interessi concorrono al calcolo del Taeg, tasso annuo effettivo globale). Sono valutazioni a valori nominali; in termini reali, le distanze si riducono. Ma il costo complessivo non è, probabilmente, il fattore decisivo nella scelta tra un mutuo corto e uno lungo. Prevale invece la valutazione, molto più impellente, della sostenibilità delle rate al momento in cui occorre iniziare a pagarle. Per molte famiglie, soprattutto di giovani, la lunga durata dei mutui diventa, forse, la strada principale per diventare proprietarie delle loro case.

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  1. Fausto

    C’è un altro fattore da tenere in considerazione: l’LTV (Loan to value: rapporto tra debito e valore dell’immobile a garanzia). Più è alto e più le banche chiedono uno spread maggiore come premio per il rischio.

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