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Disastri naturali e terremoti elettorali*

Due gravi terremoti e due modelli di ricostruzione diversi. In che modo hanno influito sul comportamento elettorale delle popolazioni colpite? Una ricerca sottolinea il ruolo chiave della fiducia nelle istituzioni per evitare un “voto autoritario”.

Storia di due terremoti

La tragedia dell’alluvione in Emilia-Romagna ci ricorda che il territorio italiano è particolarmente vulnerabile ai disastri naturali. Eventi come alluvioni o terremoti rappresentano una fonte ricorrente di devastanti perdite umane ed economiche. Dopo la tragedia, quando la luce dei media si sposta altrove e i proclami volgono al termine, arriva il momento della ricostruzione. Tuttavia, a parità di shock, non tutti i territori mostrano la stessa capacità di resilienza e alcune aree stentano a ripartire anche a molti anni di distanza. Quali sono le conseguenze sul comportamento elettorale delle popolazioni colpite?

In un articolo appena pubblicato, abbiamo investigato le ripercussioni elettorali di due tra i più grandi terremoti che hanno colpito l’Italia dall’inizio del secolo: quello dell’Aquila del 2009 e quello dell’Emilia del 2012 (figura 1). Fecero registrare intensità comparabili e provocarono gravissime perdite umane e ingenti danni economici e materiali.

Figura 1 – Mappe dei terremoti

Panel A – L’Aquila 2009

Panel B – Emilia 2012

I punti in comune, tuttavia, finiscono qui: la gestione dei due terremoti fu infatti caratterizzata da due modelli di ricostruzione nettamente diversi. La ricostruzione dell’Aquila fu subito politicizzata, centralizzata e contrassegnata da lunghi ritardi burocratici, scandali di corruzione e infiltrazioni della criminalità organizzata. Al contrario, la ripresa in Emilia venne agevolata da un processo di governance caratterizzato dal coinvolgimento delle popolazioni locali, che viene spesso considerato un vero e proprio modello di ricostruzione a seguito di disastri naturali.

Il nostro studio si è concentrato sul possibile effetto dei due terremoti sul “voto autoritario”, cioè quello a favore dei partiti a tendenza populista-autoritaria, che negli ultimi anni sono stati protagonisti di una rapida ascesa in molti paesi occidentali. 

La letteratura scientifica ha identificato vari fattori dietro questa crescita, enfatizzando, in particolare, il ruolo svolto da crisi economiche, globalizzazione, immigrazione e declino di lungo periodo dei territori tagliati fuori dai cambiamenti sociali ed economici, tutti elementi che hanno alimentato il sentimento di insoddisfazione e frustrazione verso i partiti considerati tradizionali, accusati di non aver saputo affrontare le nuove sfide. Per misurare il “voto autoritario”, abbiamo utilizzato un indice di autoritarismo, sviluppato da Ronald Inglehart e Pippa Norris, che attribuisce a ciascun partito dello spettro politico italiano un punteggio sulla base dell’adesione a valori autoritari come nazionalismo, sostegno a politiche anti-immigrazione e opposizione alle tendenze progressiste. La tabella 1 mostra l’indice di autoritarismo dei principali partiti italiani. La nostra variabile dipendente è dunque un punteggio di autoritarismo ottenuto moltiplicando la quota di voto registrata da ciascun partito per il corrispondente indice di autoritarismo. La procedura è ripetuta per ognuna delle elezioni nazionali ed europee tenutesi tra il 2004 e il 2019.

Gli effetti elettorali

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I principali risultati del nostro lavoro – ottenuti da un’analisi empirica rigorosa basata su una metodologia quasi-sperimentale – sono illustrati nella figura 2, rispettivamente per L’Aquila 2009 (Panel A) e per l’Emilia 2012 (Panel B). La figura mostra l’impatto di ciascun disastro naturale sul “voto autoritario”, ottenuto confrontando i livelli di voto autoritario osservati nelle aree colpite dal terremoto nelle tornate elettorali successive al terremoto con una stima dei valori che le stesse aree avrebbero registrato in assenza del sisma (il “controfattuale”).

Figura 2 – Impatti dei terremoti sul “voto autoritario”

Panel A – L’Aquila 2009

Panel B – Emilia 2012

La storia che emerge dalla figura è chiara: i due terremoti hanno portato a risultati elettorali nettamente contrastanti nelle aree colpite. Per L’Aquila, osserviamo un aumento considerevole, statisticamente significativo e persistente (fino alle elezioni europee del 2019) del numero di voti a supporto dei partiti a tendenza populista-autoritaria, specialmente nelle aree dove l’intensità del sisma è stata più forte. Al contrario, il terremoto emiliano non ha avuto alcun impatto sul voto autoritario: le stime rivelano che gli abitanti dei comuni colpiti non hanno cambiato il proprio comportamento elettorale in reazione al terremoto, indipendentemente dall’intensità del sisma. 

Nel lettore potrebbe sorgere il legittimo dubbio che le differenze siano da ascrivere alle diverse tradizioni politiche delle regioni colpite – l’Emilia, in particolare, è storicamente considerata una “roccaforte rossa” – ma la nostra analisi ne tiene pienamente conto, dal momento che confronta i comuni delle aree terremotate esclusivamente con comuni non colpiti caratterizzati da tendenze elettorali e tradizioni politiche estremamente simili.

Ricostruzione e fiducia
Per spiegare le ragioni di una tale eterogeneità, abbiamo indagato una molteplicità di canali economici, politici, materiali, sociali e istituzionali. In breve, quello che troviamo è che le differenze sono riconducibili alla diversa capacità di resilienza e rapidità del processo di ricostruzione che hanno caratterizzato le aree colpite dai due terremoti. La figura 3 mostra, per entrambi i terremoti, la quota di completamento dell’erogazione dei fondi per la ricostruzione (una proxy dello stato di avanzamento della ricostruzione) relativa all’anno 2020: nonostante sia avvenuto più di tre anni dopo il sisma aquilano, il terremoto emiliano è stato seguito da una ripresa molto più rapida, anche a parità di intensità sismica. Oltre quattordici anni dopo il sisma, invece, il centro storico dell’Aquila rimane ancora un cantiere.

Ulteriori analisi hanno mostrato come, nei comuni del cratere aquilano, il ritardo ha portato a sua volta a un calo della fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni che non si è verificato nei comuni colpiti dal sisma dell’Emilia, e a un notevole spostamento di voti a scapito del partito di centro-destra guidato da Silvio Berlusconi (il Popolo delle Libertà prima, Forza Italia poi) e a favore di partiti posizionati a destra dello spettro politico (Lega e Fratelli d’Italia).

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Istituzioni e comunità locali 

In conclusione, l’analisi rivela il ruolo chiave giocato dalle istituzioni nell’assicurare la resilienza dei territori e delle comunità locali e nel prevenire quei sentimenti di alienazione e sfiducia che possono indurre le popolazioni colpite da calamità naturali e, più in generale, da shock locali con grave impatto socio-economico a reagire sviluppando attitudini autoritarie. All’indomani della tragedia dell’alluvione in Emilia-Romagna, dunque, l’imperativo per le istituzioni è di non dimenticare le lezioni del passato.

* Le opinioni espresse in questo articolo sono quelle degli autori e non riflettono necessariamente quelle delle istituzioni a cui appartengono.

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Il Punto

  1. Giacomo

    Al di là dei dubbi sull’indice di Norris e Inglehart (per esempio, siami sicuri che l’Unione di Centro fosse il doppio più autoritario del Movimento 5 stelle?), il ragionamento concettuale non mi convince molto.

    Dai dati mostrati, non sembra essere una questione di autoritarismo ma di buona amministrazione. Se le amministrazioni amministrano bene (Emilia) i cittadini le premiano. Se amministrano male (Abruzzo) i cittadini votano per quei partiti che non erano al governo (populisti o no).

    • bob

      aldilà del confronto assurdo tra le due tragedie non assolutamente paragonabile per forza distruttiva . In Abruzzo come ad Amatrice l’evento per la sua assoluta potenza distruttiva resta mistero pure per gli esperti. In Emilia Romagna fu u terremoto. Per cui gestire il dopo evento comporta tempi e criticità diverse. Riguardo la ” buona amministrazione” Lei dimentica dei capannoni industriali in Emilia crollati poiché la trave era tenuta sul pilone da fettuccia di metallo spessa come una forchetta. Vogliamo parlare pure dell’ alluvione recente? Lo studio ripeto parte da un confronto sbagliato iniziale perché non confrontabile

  2. mauro zannarini

    Mi spiace, ma le lezioni del passato, non le ricordiamo; abbiamo l’urgenza di spendere soldi, come se piovessero, drogando una instabile economia, come se l’iniezione di denaro, fosse una cura.
    I disastri sono la fotografia della nostra incompetenza e sarebbe bene utilizzarli come opportunità, per rivedere modelli superati dal tempo e dal clima e con calma sedersi e discutere come è meglio ripartire

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