I consumi delle famiglie italiane proseguono il lento recupero post-Covid. Ma le scelte dei consumatori portano a una forte ricomposizione a favore dei servizi e a scapito di beni e industria. A soffrire, in particolare, gli alimentari consumati in casa.
Consumi deboli, con meno alimentari
Nel 2022 i consumi delle famiglie italiane sono cresciuti del 4,6 per cento, sopra le attese degli analisti. In calo a fine anno (-1,7 per cento), hanno ricominciato a espandersi nel 1° trimestre 2023 (+0,5 per cento). Il dato aggregato positivo, però, nasconde una forte eterogeneità di traiettorie, oltre al fatto che, a causa del lento recupero, non si è ancora tornati ai livelli pre-Covid (-1,2 per cento).
Come mostrato nell’ultima pubblicazione di Congiuntura Flash, la spesa per i beni è salita meno del totale (+2,4 per cento nel 2022; dati di contabilità nazionale trimestrale). In crescita i semidurevoli (+12,3 per cento), per esempio abbigliamento e vestiario. Invece, una dinamica fiacca caratterizza i beni durevoli (+0,5 per cento), che però erano già risaliti molto l’anno precedente (per esempio, arredamento, elettrodomestici). E soprattutto i non durevoli, rimasti quasi piatti nel 2022 (+0,3 per cento %), anche perché la spesa aveva sofferto meno durante la pandemia (-2,8 per cento nel 2020, -11,3 per cento i consumi totali) ed era già tornata ai valori pre-Covid nel 2021.
Tra i beni non durevoli, la spesa delle famiglie italiane per gli alimentari è in forte riduzione (-3,7 per cento nel 2022; -8,7 per cento nel quarto trimestre 2022 dal primo trimestre 2021), in controtendenza rispetto a molte altre voci. Ciò ha fatto da zavorra alla risalita dei consumi totali, visto anche il peso della spesa alimentare pari al 14 per cento (secondo solo a quella per abitazione, acqua ed energia, 23 per cento). I dati sulle vendite al dettaglio di beni alimentari confermano la debolezza della domanda nel 2022 (-4,3 per cento) e mostrano uno stallo nel primo trimestre 2023 (+0,1 per cento). Pure negli altri paesi dell’Eurozona si ha una contrazione della domanda di tali beni: le vendite al dettaglio di alimentari sono calate di -2,7 per cento nel 2022 e registrano un -0,1 per cento nei primi tre mesi del 2023.
Più servizi
L’altra voce di spesa che è variata molto è quella dei servizi, ma in direzione opposta: forte rimbalzo nel 2022 (+8,8 per cento), sebbene ancora sotto i valori pre-Covid (-3,9 per cento). Il completo superamento delle restrizioni anti-pandemia ha infatti favorito la spesa proprio in quelle categorie che più erano state penalizzate nel 2020-2021, come alberghi e ristoranti (+26,5 per cento nel 2022) e ricreazione e cultura (+19,6 per cento).
Quali i motivi?
La domanda repressa per il Covid, liberatasi nel 2022, potrebbe aver frenato gli alimentari, grazie al desiderio di recupero dei “pasti fuori casa” (contabilizzati come servizi, non beni). Una sostituzione di “pasti a casa” con i servizi di ristorazione potrebbe essere stata dettata anche dalla dinamica dei prezzi relativi, a favore dei secondi (+12,5 per cento annuo il rincaro degli alimentari a giugno, +6,8 per cento i ristoranti). Inoltre, la diffusione con la pandemia dei servizi di delivery di pasti pronti a casa, a parità di spesa, alza quella in “ristoranti” e abbassa quella in alimentari. Potrebbe poi esserci un “effetto reddito”: le famiglie meno abbienti che hanno accumulato meno extra-risparmio nel 2020-2021, ora subiscono maggiore erosione del reddito reale (visto che l’inflazione è da energia): ne può conseguire un impatto più negativo sui consumi alimentari, che rappresentano una maggior quota della loro spesa (26 per cento nel quintile più basso, 14,4 per cento nel più alto).
Ritorno su dinamiche pre-pandemiche
In parte, la dinamica evidenzia un recupero dei trend storici pre-pandemia. Da oltre un decennio, si vede una ricomposizione della spesa verso i servizi (+6,5 per cento nel 2022 dal 2005) e a scapito dei beni (-7,4 per cento). Tra questi ultimi, hanno sofferto specie i non durevoli (-14 per cento), tra cui appunto gli alimentari (-10,6 per cento). A inizio 2023 la quota spesa per servizi (51 per cento) ha superato di nuovo quella dei beni (49 per cento).
Questi trend dipendono da vari fattori: il consumo si sposta verso comportamenti più sostenibili (meno spreco di cibo), che con il Covid sono stati accelerati da una maggiore percezione per via del maggior tempo passato in casa (restrizioni e smart working); agiscono anche le abitudini comuni tra le nuove generazioni (più pasti fuori casa) e fattori legati all’invecchiamento (più servizi sanitari).
Le prospettive per il 2023 indicano che i consumi alimentari risentiranno ancora delle tensioni sui prezzi, per diversi mesi. È probabile che anche la spesa in servizi rallenti, man mano che svaniscono gli effetti del “recupero” dei livelli pre-pandemici (e si esaurisce l’extra-risparmio). Infine, il rialzo dei tassi potrebbe indebolire nei prossimi mesi la dinamica dei consumi, non solo di beni durevoli, più sensibili al costo del credito, ma anche di alimentari e servizi, indirettamente, tramite un “effetto reddito” dovuto alle maggiori spese per interessi.
Freno all’industria italiana
Il taglio dei consumi alimentari può avere effetti negativi a cascata sull’industria italiana: la produzione del comparto, infatti, è in calo (-1,8 per cento nella media gennaio-maggio 2023 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno). E l’export di beni, fiacco, non sembra compensare, visto che anche i consumi alimentari nei mercati europei sono in flessione.
Nei prossimi mesi, la contrazione della domanda potrebbe restringere ancora di più i già esigui spazi per le imprese alimentari nel traslare a valle, sui prezzi, gli enormi rincari subiti a monte sui costi delle materie prime e dell’energia: dunque, i prezzi alimentari al consumo finale potrebbero rallentare, ma i margini industriali del settore assottigliarsi ancora di più (dopo il calo del 2022), riducendo le risorse disponibili per nuovi investimenti.
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Savino
E’ stata tolta al cittadino medio la gioia di un pasto al ristorante o di una vacanza o di un film al cinema. Le persone sono sempre più come Amazon, Google, Facebook, Netflix. Glovo e Tesla le vogliono. E gli operatori economici citati o alti simili passano all’incasso.