Lavoce.info

Perché la Zes unica potrebbe essere una buona idea*

La Zes Unica è la principale novità del decreto Sud. Il suo Piano strategico ha la funzione di delineare e attuare la politica industriale e di sviluppo del Mezzogiorno. L’efficacia del progetto dipende da alcune condizioni e azioni di coordinamento.

Arriva la Zes Unica

Il disegno complessivo del recente decreto legge Sud punta a rafforzare competenze e funzioni in capo al ministro per gli Affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il Pnrr (d’ora in poi ministro per il Sud), ben al di là del tradizionale coordinamento. Per ciò che riguarda investimenti e localizzazioni di imprese, come evidenziato anche da Nicola Rossi, il rafforzamento consiste nell’introduzione della Zes Unica, una nuova zona economica speciale che include il territorio di tutte le regioni meridionali e sostituisce le otto zone esistenti.

Nella letteratura, le zone economiche speciali sono identificate come aree territoriali di ristrette dimensioni, dotate di idonee infrastrutture e accessibilità, all’interno delle quali sono previste particolari opportunità di insediamento, servizi e agevolazioni fiscali a favore delle imprese.

La sfida della Zes Unica è duplice: da un lato, superare le inefficienze dimensionali e funzionali delle precedenti zone speciali; dall’altro, costruire un modello che consenta di rendere concreti i potenziali benefici dello strumento.

Il decreto legge varato in settembre assegna al ministro per il Sud la responsabilità di predisporre e attuare il Piano strategico della Zes, in cui sono definite le politiche di sviluppo e individuati i settori da promuovere e da consolidare, nonché gli interventi infrastrutturali prioritari da realizzare. Al Piano è attribuito anche il compito di individuare le filiere industriali su cui concentrare il miliardo di euro di agevolazioni fiscali previsto dalla recente proposta di revisione del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Il Piano strategico rappresenta, dunque, lo strumento attraverso il quale indirizzare la politica industriale all’interno della Zes, consentendo  l’integrazione delle strategie di sviluppo con la politica industriale e infrastrutturale nazionale, a differenza di quanto avvenuto finora con i due tradizionali strumenti (credito di imposta sugli investimenti e semplificazione delle procedure) e come d’altronde avviene nelle esperienze di successo a livello internazionale.

Le condizioni necessarie per il successo

La previsione di un Piano strategico non può, tuttavia, rappresentare l’unico elemento su cui basarsi per vincere la scommessa di migliorare l’efficacia dello strumento Zes. È necessario soddisfare alcune condizioni basilari per il suo corretto avvio e attuare alcune strategie per rafforzare ulteriormente le prerogative di indirizzo e orientamento del ministro per il Sud sul complesso delle politiche e degli interventi per la coesione.

Leggi anche:  Dove soffia il vento dell'Europa

La prima condizione è che, nella predisposizione e attuazione del Piano strategico, vengano effettuate scelte precise, circoscritte e coerenti ai fini dell’individuazione delle aree di specializzazione e localizzazione da privilegiare per lo sviluppo della Zes, evitando gli errori del passato con piani di sviluppo onnicomprensivi e con dimensioni geografiche troppo frammentate.

Tra i settori da promuovere dovrebbero rientrare quelli cruciali per la sicurezza della Ue (chip, intelligenza artificiale, quantum e biotecnologie), dal momento che la proposta Step della Commissione europea prevede la finanziabilità con i fondi europei per la coesione degli investimenti delle grandi imprese in questi settori in tutte le regioni il cui Pil medio pro-capite sia inferiore alla media dell’Ue a 27 (cioè, purtroppo, l’intero Mezzogiorno).

La seconda è che la nuova Struttura di missione presso la presidenza del Consiglio dei ministri sia effettivamente in grado di gestire in maniera rapida ed efficiente i numerosi procedimenti amministrativi e autorizzazioni uniche relative alle attività economiche di tutto il Mezzogiorno.

L’ultima condizione è che il ministro per il Sud proceda alla razionalizzazione del sistema di agevolazioni nel Mezzogiorno. La riforma, prevista anche nel Pnrr, oltre a eliminare le inefficienze e sovrapposizioni dell’attuale sistema, dovrebbe individuare le modalità con cui concedere le agevolazioni finanziate dal Pnrr e le coperture per rendere strutturali gli incentivi fiscali usufruibili nella Zes, oggi limitati al solo 2024.

La capacità del ministero di offrire miglior indirizzo e orientamento riguarda, innanzitutto, il coordinamento tra coinvolgimento nella strategia della Zes Unica degli Accordi per la coesione introdotti dal decreto legge.

Gli accordi consentono al ministro di esercitare un forte ruolo di indirizzo sulle aree tematiche, i territori e le tipologie di intervento su cui allocare le consistenti risorse nazionali del Fondo per lo sviluppo e la coesione perché è lì che devono essere specificati infatti tutti gli interventi da realizzare da parte di ministeri e regioni, le quali potranno ottenere l’effettiva assegnazione delle risorse solo dopo la sottoscrizione dell’accordo.

Lo schema logico da seguire, dunque, dovrebbe essere il seguente: una volta individuate nel Piano strategico le priorità di specializzazione, localizzazione e fabbisogno infrastrutturale, negli Accordi per la coesione si procede alla previsione degli interventi infrastrutturali funzionali per tipologia e territorio alle scelte del Piano.

Leggi anche:  Un colpo di spugna sulle rivendicazioni delle regioni?

Un identico schema dovrebbe riguardare il raccordo degli obiettivi del Piano strategico con le azioni per le filiere strategiche da finanziare con il Programma ricerca, innovazione e competitività, e con quelle sui territori da privilegiare nel Programma sicurezza e legalità, che vuole garantire un presidio di sorveglianza continuo in particolari territori del Mezzogiorno – tra cui le aree produttive prioritarie della Zes. La tutela dalla criminalità, assicurando maggiore sicurezza alle attività economiche e di vita civile, potrebbe incidere sulle scelte di localizzazione.

Altrettanto rilevante sarebbe inserire la gestione dei contratti di sviluppo all’interno del contesto di programmazione che lega Zes e politiche di coesione. I contratti rappresentano il principale strumento di politica industriale attualmente operativo per il Mezzogiorno e dovrebbero confluire nella sfera di competenza del ministro per il Sud.

La natura negoziale dei contratti, infatti, permetterebbe sia di individuare e finanziare con più efficacia i settori su cui puntare per la specializzazione produttiva del Mezzogiorno, sia di incidere sulla localizzazione degli investimenti e sulle eventuali infrastrutture e servizi da fornire in tali aree, soprattutto per quelli volti a finanziare programmi di investimenti di ampie dimensioni.

Si concretizzerebbe, in tal modo, un approccio che potrebbe consentire di integrare la Zes Unica nell’ambito delle più generali politiche nazionali ed europee per il Mezzogiorno, di migliorare la qualità e l’efficacia degli strumenti per la localizzazione degli investimenti, nonché di recuperare, almeno in parte, gli obiettivi propri delle zone economiche speciali “classiche”, in termini di dotazione di infrastrutture, densità imprenditoriale, specializzazione e ricadute all’interno di piccole aree delimitate. 

Molto dipenderà dalla volontà e capacità di attuare le norme, di coordinare le politiche e di gestire, dal centro, un sistema sicuramente complesso.

* Le idee e le opinioni espresse in questo articolo sono da attribuire all’autore e non investono la responsabilità dell’istituzione di appartenenza.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Votare tutti per pagare meno tasse?

Precedente

Nadef e Patto di stabilità: il diavolo è nei dettagli

Successivo

A lezione di autonomia dalle Free School inglesi

  1. Savino

    Ci vogliono politici, parti sociali e operatori economici lungimiranti, che non si accontentano di riempire le tasche con un pò di spiccioli, ma che amano il proprio territorio.

  2. Alfredo

    Buonasera. Sicuramente la Zes unica potrà rivelarsi uno strumento utile per migliorare gli investimenti nel Mezzogiorno. Tuttavia devo rilevare che non viene invece rinnovato il bonus sud ed in questo modo si penalizzano notevolmente le microimprese. I piccoli artigiani, i bar, i ristoranti, difficilmente fanno investimenti da 200 mila euro che è il limite minimo per le zes.

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén