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Non autosufficienza: dieci milioni di persone rinviate al 2025

L’approvazione della riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti aveva suscitato grandi speranze. La legge di bilancio rinvia l’attuazione al 2025. Rimangono così senza risposta dieci milioni di persone tra anziani, familiari e operatori.

Ventisei anni di attesa

A marzo, il Parlamento ha approvato la legge delega della riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti (legge 33/2023), prevista dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. È un risultato atteso da lungo tempo poiché l’introduzione della riforma è stata discussa per decenni. Tra la prima proposta della Commissione Onofri nominata dal governo Prodi I (1997) e l’approvazione della legge 33/2023, infatti, sono trascorsi 26 anni.

La legge del 2023 è la nostra prima riforma del settore, e segue quanto già avvenuto in altri stati, ad esempio in Germania nel 1995, in Francia nel 2002 e in Spagna nel 2006. La ragione è sempre la medesima: sino agli anni Ottanta la dimensione numerica della popolazione anziana era contenuta, mentre, a partire da allora, è notevolmente cresciuta. Tutte le riforme cercano dunque di modificare strutturalmente i sistemi di welfare, ideati quando gli anziani non autosufficienti erano assai meno di oggi, per metterli in condizione di rispondere alle nuove esigenze. 

La platea interessata è ampia. Sommando i 3,8 milioni di anziani non autosufficienti, i caregiver familiari e gli operatori che li assistono professionalmente si arriva in Italia a 10 milioni di persone.

Fermi alle buone intenzioni

La legge 33, analogamente alle riforme estere, contiene una revisione complessiva delle politiche di assistenza agli anziani. Il suo disegno comprende indicazioni condivise da tempo nel dibattito tecnico, tanto da raccogliere un diffuso sostegno da parte degli addetti ai lavori. Tra i numerosi dispositivi previsti, vi sono ad esempio: i) la semplificazione dell’estenuante iter che oggi le famiglie devono compiere per ricevere gli interventi necessari; ii): l’attivazione di quel servizio di assistenza domiciliare specificamente pensato per gli anziani non autosufficienti che oggi nel nostro paese non esiste, iii) l’innalzamento degli standard di qualità nelle strutture residenziali, iv) la previsione di incentivi economici per chi assume le badanti in modo regolare (la disamina complessiva della legge 33 è disponibile qui).

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La riforma, dunque, rappresenta un’occasione unica per realizzare quella svolta di cui questo settore del welfare – segnato da profonde difficoltà – ha senza dubbio bisogno. Alla luce del ritardo nella sua approvazione e dell’invecchiamento della popolazione, ci si sarebbe aspettata una decisa spinta a realizzarla. Ma non è così, anzi il contrario. Oggi, la legge 33 rappresenta solo l’ennesima lista di buone intenzioni destinate a rimanere sulla carta, un esito conosciuto da molte riforme nel nostro paese. Infatti, per il momento, la legge di bilancio non prevede alcuna misura per cominciare a tradurla in pratica.

Piano di legislatura addio

Il Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza – che ha promosso l’inserimento della riforma nel Pnrr e ne ha ampiamente influenzato i contenuti – aveva elaborato una dettagliata proposta per avviare nel 2024 un piano di legislatura che attuasse progressivamente la riforma. Un piano da sviluppare in modo incrementale, ma che già dal prossimo anno cominciasse a operare per migliorare ciascuno dei principali ambiti del settore: assistenza a casa, strutture residenziali e contributi monetari, con un finanziamento sostenibile per le casse dello stato, pari a 1,3 miliardi nel 2024.

Un piano, inoltre, teso a imparare via via dalla pratica dell’attuazione e dalle sue naturali difficoltà. Non un’idea particolarmente originale, a ben vedere, bensì l’unica strada possibile per dare sostanza alla riforma: centralità attribuita all’attuazione, azione su un orizzonte pluriennale, introduzione graduale dei cambiamenti e apprendimento dall’esperienza.

L’attuale versione della legge di bilancio, tuttavia, rende irrealizzabile un simile piano. Ciò significa (almeno per ora) rinunciare a un percorso di legislatura per costruire un welfare migliore per anziani e famiglie e vanificare 26 anni di attesa della riforma.

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Rischio boomerang sul rientro dei cervelli

  1. Savino

    Lo Stato non fa corretta e trasparente informazione a chi si trova in certe situazioni. Sui disabili lo Stato ha conferito risorse avanzate (perchè i familiari non sapevano e non erano stati avvisati) sul superbonus.

  2. .Scaccabarozzi Umberto

    Nonostante che l’Italia ha,col Giappone,la più elevata velocità di invecchiamento della popolazione e che il fabbisogno essenziale dell’età più anziane è destinato a raddoppiare nell’immediato futuro e che la fragilità dell’anziano,dopo i 75 anni,si traduce in un elevato rischio di perdita completa di autonomia personale a causa della coesistenza di polipatologie e disabilità…restiamo in attesa.
    Il destino dello stato sociale si giocherà soprattutto sulla capacità di risolvere il problema dell’assisyenza agli anziani.Umberto Scaccabarozzi

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