Biden può vantare successi economici tangibili, ma la percezione dei cittadini è più orientata al pessimismo. Si tratta di un fattore che potrebbe rivelarsi decisivo nelle elezioni presidenziali di novembre. Quanto pesano le crisi geopolitiche.
Presidenziali Usa in un anno di elezioni
Nel corso del 2024, un anno elettorale di portata globale, più della metà della popolazione mondiale, approssimativamente 4 miliardi di persone in 50 paesi, sarà chiamata alle urne per eleggere i propri rappresentanti. Tra questi paesi rientrano giganti come l’India e l’intera Unione europea, ma è innegabile che un’attenzione particolare sia riservata alle elezioni presidenziali americane, che si distinguono per il loro impatto e risonanza internazionale.
In queste elezioni, nonostante l’importanza di temi come immigrazione, geopolitica, aborto e le cosiddette “culture wars”, l’economia si conferma come un argomento di primaria rilevanza nella campagna elettorale. Analizzando i dati, il presidente Joe Biden può vantare alcuni successi notevoli, che possono essere sintetizzati come “due missioni compiute e mezza” (tenendo presente che i presidenti amano prendersi il merito quando le cose vanno bene e cercano scuse quando vanno male, per cui le mie osservazioni si devono interpretare con questo caveat in mente).
La ripresa dopo la pandemia
La prima missione compiuta è l’aver guidato il paese fuori dalla pandemia, con una ripresa economica più forte rispetto agli altri paesi sviluppati. Il prodotto interno lordo degli Stati Uniti è aumentato a un tasso annualizzato del 5,2 per cento nel terzo trimestre e del 3,3 per cento nel quarto trimestre del 2023. Secondo le analisi dell’economista Daniel Harari, gli Stati Uniti hanno registrato l’aumento percentuale più elevato del Pil reale tra i paesi del G7 nel terzo trimestre del 2023 rispetto ai livelli pre-pandemia (quarto trimestre del 2019), con un incremento del 7,3 per cento. Il dato mette in evidenza la robustezza della ripresa economica americana, in netto contrasto con le variazioni più modeste registrate dai membri europei del G7. Ad esempio, nello stesso periodo, l’Italia ha avuto una crescita del 3,4 per cento, mentre la Francia un incremento dell’1,7 per cento. Il Regno Unito e la Germania, invece, si posizionano agli ultimi posti in Europa, con aumenti rispettivamente dell’1,4 e dello 0,3 per cento.
Durante la presidenza di Biden si è verificata una seconda “missione compiuta”, ovvero il fatto che l’inflazione sia tornata sotto controllo, realizzando un “soft landing”, un atterraggio morbido, senza innescare una recessione. Vi è un vivace dibattito su quali meccanismi abbiano prodotto il risultato, se il rialzo dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve, l’attenuazione delle interruzioni della catena di approvvigionamento o altri fattori. Ma il fatto è che dopo aver raggiunto un picco del 9,1 per cento a giugno 2022, il tasso di inflazione negli Usa è sceso significativamente. Le ultime rilevazioni hanno mostrato che i prezzi sono aumentati solo dello 0,2 per cento da novembre a dicembre 2023, leggermente sopra l’obiettivo annuale del 2 per cento fissato dalla Fed.
Questi dati sono particolarmente rilevanti considerando che non solo non c’è stata una recessione, ma il mercato del lavoro è estremamente forte, con una disoccupazione stabilmente bassa intorno al 3,7 per cento e numeri record di occupati. Rispetto all’inizio della pandemia a febbraio 2020, l’economia Usa conta oggi quasi 5 milioni di posti di lavoro in più. Inoltre, nonostante l’inflazione, la crescita economica è stata accompagnata da aumenti dei salari reali, cioè aumenti dei salari nominali superiori agli aumenti dell’inflazione. Un recente studio empirico ha evidenziato che la ripresa post-pandemia ha portato a un significativo miglioramento dei salari per i lavoratori nella fascia bassa della distribuzione, riducendo il divario di retribuzione tra laureati e non laureati e contrastando significativamente l’incremento dell’ineguaglianza salariale registrato negli ultimi quarant’anni negli Stati Uniti.
La “mezza” missione compiuta da Biden riguarda il riavvio degli investimenti pubblici in America, dopo decenni di stasi. Gli investimenti in infrastrutture, transizione ecologica e nel settore considerato strategico dei semiconduttori hanno rappresentato una componente importante della “Bidenomics”, insieme a politiche a favore dei sindacati dei lavoratori e azioni di protezione di consumatori e lavoratori contro il potere di mercato delle grandi imprese, anche attraverso una politica antitrust più aggressiva.
La missione è “mezzo compiuta” perché il Congresso diviso non ha consentito al presidente di realizzare tutto ciò che aveva in programma: su questo presumibilmente sarà costruita la piattaforma per la sua rielezione, probabilmente annunciandola in occasione del discorso sullo “State of the Union” il 7 marzo prossimo.
Cosa pensano gli americani dell’economia
Tuttavia, Biden si trova ad affrontare una percezione molto diversa nella popolazione. Importanti fasce di americani sono scontente della situazione economica. Un recente sondaggio di Pew Research mostra che circa tre americani su dieci (28 per cento) attualmente valutano le condizioni economiche nazionali come eccellenti o buone, mentre una quota simile (31 per cento) afferma che sono cattive e circa quattro su dieci (41 per cento) le considerano solo “discrete”. A gennaio 2020, all’inizio dell’ultimo anno dell’amministrazione Trump, ben il 57 per cento degli americani considerava la situazione economica eccellente o buona.
Lo scollamento tra realtà e percezione è stato da alcuni battezzato “vibecession”, o recessione nelle “vibes”, cioè nelle “sensazioni” della gente. John Burn-Murdoch mostra che un ampio divario tra come le persone dicono di sentirsi riguardo all’economia e gli indicatori di come l’economia sta effettivamente andando è un fenomeno specifico agli Stati Uniti.
È difficile non associare queste percezioni con il giudizio negativo sul presidente Biden, considerando che attualmente solo il 33 per cento degli americani approva la sua presidenza, mentre il 65 per cento la disapprova. Il tasso di approvazione del presidente non supera il 40 per cento dall’aprile 2022.
Come si spiega lo scollamento? Tra coloro che dicono che le condizioni sono cattive o solo discrete (il 72 per cento degli americani), le motivazioni più frequentemente espresse sono l’inflazione elevata (28 per cento) e l’alto costo della vita (21 per cento). Una possibilità è che, sebbene l’inflazione abbia effettivamente rallentato, ci voglia un po’ di tempo perché le persone percepiscano concretamente questo cambiamento. Se le percezioni dipendono non dall’ultimo dato ma, per esempio, dalla media degli ultimi 1-2 anni, ci vorranno diversi mesi di inflazione bassa perché la media cambi significativamente e con essa le percezioni. Un dato positivo per Biden è che le percezioni sono migliorate a gennaio rispetto al mese precedente, un trend incoraggiante per il presidente uscente.
Va detto anche che le percezioni sull’economia sono polarizzate a seconda dell’orientamento politico delle persone. In particolare, le percezioni negative sono trainate dagli elettori repubblicani e indipendenti. Dichiarano che l’economia è in condizioni buone o eccellenti il 44 per cento dei democratici, il 28 per cento degli indipendenti e il 13 per cento degli elettori repubblicani.
Il fattore incertezza
L’opinione negativa degli elettori repubblicani si sposa con il tenore della linea di Donald Trump, finora abbondantemente in testa alla corsa per la nomination repubblicana, e secondo cui il collasso economico è imminente e solo lui può salvare il paese. La piattaforma economica di Trump non sembra essere cambiata rispetto al passato: ulteriori tagli alle tasse, sfruttamento intensivo di risorse petrolifere, opposizione alle politiche ambientaliste come i sussidi all’adozione di veicoli elettrici, inasprimento delle tariffe sulle importazioni.
Il track record elettorale dei repubblicani a guida Trump non è buono. Dopo le presidenziali del 2016, hanno o perso o registrato risultati abbondantemente sotto le aspettative: i repubblicani hanno perso la Camera dei rappresentanti nelle elezioni di Midterm del 2018, Trump ha perso le presidenziali del 2020, e nelle elezioni di Midterm del 2022 i democratici hanno mantenuto il controllo del Senato contro previsioni di vittorie repubblicane in entrambe le camere.
Ciò può rendere Biden ottimista se si dovesse di nuovo confrontare con Trump per la presidenza. Ma l’incertezza non manca. Se le decisioni di voto sono influenzate da eventi recenti, molto dipenderà da quello che succede nei prossimi mesi. La Fed potrebbe decidere di tagliare i tassi prima delle elezioni, offrendo ulteriore stimolo all’economia. Ma è anche possibile che gli effetti dei tassi di interesse elevati si manifestino con ritardo proprio nei prossimi mesi, rallentando l’economia.
Si aggiungono poi le tensioni geopolitiche, che vanno dalla situazione in Ucraina, al conflitto a Gaza, fino alle crescenti tensioni tra Cina e Taiwan, tutti fattori che potrebbero influenzare significativamente il contesto globale e interno.
A questo proposito, il risultato delle elezioni presidenziali avrà ovviamente effetti globali, anche perché Biden e Trump hanno visioni molto diverse in materia di politica estera. Se Biden è stato alla guida dell’aiuto all’Ucraina in seguito all’invasione russa del febbraio 2022, Trump lo considera un problema dell’Europa; l’ex presidente ha infatti dichiarato che, in caso di rielezione, farebbe cessare “il flusso infinito di denaro americano verso l’Ucraina” e chiederebbe agli europei di “rimborsare gli Stati Uniti per il costo della ricostruzione delle scorte di armamenti”.
In conclusione, mentre Biden può vantare successi economici tangibili, la sfida rimane nel colmare il divario tra la realtà economica e la percezione pubblica, un fattore che potrebbe rivelarsi decisivo nelle prossime elezioni presidenziali americane. Inoltre, persiste un’incertezza dovuta alla situazione volatile sia interna che internazionale, che potrebbe influenzare in modo significativo il contesto e gli esiti elettorali.
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Roberto Zanetto
totalmente assente nell’analisi l’esplosione del deficit e del debito americano dovuta alla politica economica di Biden