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22 marzo: l’acqua per la pace

Per proteggere l’acqua abbiamo le competenze tecniche e le norme. Manca invece una chiara percezione della gravità della questione da parte dei cittadini. La giornata dell’acqua può essere l’occasione per aumentare la consapevolezza, nel nome della pace.

La crisi idrica in Italia

L’acqua è una risorsa sempre più fragile, in particolare nel nostro paese. Il cambiamento delle condizioni climatiche, alternando momenti di siccità alle alluvioni, lascia intuire che la disponibilità di acqua – potabile e pulita – non possa essere più data per scontata.

Qualche numero. La siccità del 2022 ha costretto oltre 1.350 comuni a limitare il consumo di acqua, causato danni per l’agricoltura per 6 miliardi di euro, impegnato risorse emergenziali per oltre 55 milioni di euro. Le alluvioni in Emilia-Romagna del maggio 2023 e quindi in Toscana nel novembre 2023 sono costate oltre 440 milioni di euro solo di interventi in “somma urgenza”.

Figura 1

Fonte: elaborazione Ref Ricerche su dati Protezione Civile

Così come dobbiamo imparare a gestire le nuove scarsità e abbondanze, è altrettanto necessario preoccuparsi di più della qualità delle acque che “entrano” nelle nostre case e di quelle che “escono”. Un dato su tutti: il dipartimento della Protezione civile, per fronteggiare la presenza dei Pfas (composti perfluorolchilici) in Veneto, con alcune ordinanze ha messo a disposizione 80 milioni di euro per finanziare gli interventi di emergenza.

Le direttive europee

Il provvedimento va letto alla luce della direttiva Ue 2020/2184 sulle acque potabili, entrata in vigore nel gennaio 2021, che indica alcuni nuovi inquinanti, la cui presenza deve essere monitorata nelle acque potabili: tra questi i Pfas, gli interferenti endocrini, i prodotti farmaceutici e le microplastiche. Al contempo limiti massimi più stringenti vengono indicati per la concentrazione di inquinanti già noti, come il piombo, il cloro e i cloriti.

Per quello che riguarda la depurazione delle acque reflue, è in corso la revisione della direttiva “acque reflue” (direttiva Ue 91/271/Eec), che ha trovato un punto di incontro tra Parlamento e Consiglio negli ultimi giorni di gennaio 2024. Tra i tanti, tre aspetti meritano particolare attenzione.

1. Ridurre ulteriormente l’inquinamento di origine urbana: riconoscendo che anche i centri urbani più piccoli producono scarichi inquinanti, la direttiva estende a tutti i centri con più di mille abitanti equivalenti (dai 2 mila attuali), gli obblighi di realizzare reti fognarie e trattamenti di depurazione.

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Figura 2

Fonte: elaborazione Laboratorio Ref ricerche

2. Indicare un traguardo per la neutralità climatica della depurazione: poiché la depurazione è una attività a elevato assorbimento di energia, se vogliamo ridurre le emissioni e contrastare il cambiamento climatico è necessario che anche la depurazione vi contribuisca, utilizzando solo energia da fonti rinnovabili.

3. Rinforzare il principio “chi inquina paga”: le industrie cosmetiche e farmaceutiche, responsabili del rilascio nelle acque reflue di microplastiche e microinquinanti, saranno chiamate a sostenere l’80 per cento dei costi dei trattamenti di depurazione avanzati (quaternari).

Aumentare la consapevolezza dei cittadini

Non si può negare che esistono le competenze tecniche e anche le volontà politiche – tradotte in puntuali indicazioni normative – per proteggere l’acqua e, dunque, l’ambiente e la salute dei cittadini.

Cosa manca allora? È paradossale, ma manca soprattutto il coinvolgimento dei cittadini.

Viziata da errate convinzioni, manca una chiara percezione della gravità delle questioni: ancora troppo scarsa è la conoscenza e la partecipazionerispetto ai temi connessi della gestione dell’acqua. Per averne una riprova, basta guardare come vengono puntualmente contestati gli aumenti delle bollette dell’acqua che servono a migliorare il servizio idrico.

La Commissione europea ha stimato che i costi dell’aggiornamento della direttiva acque reflue ammontano a circa 3,8 miliardi di euro all’anno per i paesi europei, di cui circa il 50 per cento coperti dalle tariffe pagate da cittadini e imprese, il 22 per cento dai bilanci pubblici e il 27 per cento dal contributo dei produttori.

Per evitare che questo percorso alimenti nuove conflittualità, è necessario costruire conoscenza e partecipazione dei cittadini: gli ingredienti imprescindibili del consenso.

Assemblee, sondaggi, riunioni sono solo alcune delle iniziative per attivare la partecipazione pubblica, di cui il dibattito pubblico rappresenta sicuramente lo strumento più noto: un processo codificato e guidato da esperti, che attraverso le fasi topiche – apprendimento, deliberazione, elaborazione della proposta – permette ai cittadini di esprimersi in maniera informata e consapevole. Le istituzioni devono quindi essere disponibili non solo all’ascolto delle loro istanze, ma anche a far sì che i desiderata e gli auspici espressi siano considerati nelle decisioni.

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La partecipazione pubblica è uno strumento utile per avvicinare i cittadini alla fragilità dell’acqua e alle azioni per preservarla: un esperimento in questo senso è stato condotto di recente nell’area di Parigi. I cittadini sono stati chiamati a esprimersi su un progetto di miglioramento dei trattamenti di potabilizzazione, in accordo con quanto previsto dalla direttiva “acque potabili”.

Il gestore della rete idrica dell’area parigina ha quantificato in 890 milioni di euro i fondi necessari per adeguare tre impianti di potabilizzazione con tecnologie per rendere l’acqua più salubre: un aggravio in bolletta di circa 40-50 euro all’anno per una famiglia media. Il dibattito pubblico, iniziato ad aprile 2023, si è articolato in 48 incontri tra cittadini ed esperti, mettendo a fuoco l’impatto del progetto su quell’ecosistema complesso che è la gestione dell’acqua.

Sono emerse questioni relative alla salute, all’ambiente, alle conseguenze sul tessuto socioeconomico, alla solidarietà nazionale, che sono state accompagnate dalla richiesta da parte dei cittadini di approfondire gli effetti delle diverse sostanze, i benefici economici per le comunità, l’impatto del consumo energetico di una eventuale riproposizione in scala nazionale di queste soluzioni. Ne sono scaturite raccomandazioni allo stato, al fine di promuovere una riflessione più ampia, che superi la scala locale, per codificare una strategia e indirizzi per l’intero sistema paese: perché le questioni epocali che abbiamo di fronte chiamano soluzioni eque e condivise.

Il 22 marzo 2024 si celebrerà la giornata mondiale dell’acqua: il tema di quest’anno è “acqua per la pace”. Rinforzare la partecipazione dei cittadini alle scelte sulla gestione idrica è il modo per costruire una “piccola pace” nei nostri territori. Perché parlare dell’acqua ci deve unire e non dividere.

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  1. Maurizio Cortesi

    Vedo che anche a Parigi dove risiedono milioni di persone si chiede di spostare a livello statale il discorso come se appunto 7 milioni di abitanti, quanti ne fa la Grand Paris ma Eurostat conta 12,4 milioni per l’area metropolitana parigina evidentemente includendo tutta la Regione dell’ Ile de France, sono solo una realtà locale! E naturalmente viene da chiedersi ancora una volta perché debbano esistere enti politico amministrativi con meno di mille o 2mila o 3mila abitanti e/o con 2/3/5/10 kmq di estensione. La gestione dell’acqua come tutte le problematiche relative al cambiamento climatico e alla transizione ecologica richiedono una drastica fusione dei mitici comuni, anche per resuscitare il senso vero della cittadinanza repubblicana.

  2. Lamberto Uguzzoni

    I problemi vengono da lontano:che cosa ha portato il famoso referendum sull’acqua pubblica?per svegliare i cittadini l’acqua deve costare molto di più di adesso;e non possiamo regalare le concessioni a prezzi ridicoli alle solite mega aziende in odore di monopolio,come accade tranquillamente anche in Emilia(vedi Hera,monopolista assoluta,ma visto che i diversi comuni sono azionisti non si lamentano dal momento che incassano lauti dividendi).Cordialità

  3. francesco mario

    L’acqua è il bene più prezioso che abbiamo ed il suo utilizzo è strategico:potabile,industriale,agricolo,raffreddamento.
    Purtoppo l’acqua è inquinata da migliaia di sostanze chimiche non facilmente biodegradabili in tempi brevi, che poi ritroviamo a centinaia anche nel sangue umano.
    Il trattamento delle acque reflue non è in grado di rimuovere questi microinquinanti, (POPs,EDs,ECs) se non con trattamenti AOPs molto costosi sia come investimenti sia come gestione.La soluzione ,parziale, potrebbe essere l’uso di tecniche particolari che degradino queste sostanze prime di essere scaricate nelle fognature comunali.Intercettare questi flussi in ospedali,case di cura e condomini permetterebbe la degrdazione di queste sostanze in prodotti più facilmente degradabili riducendo gli impatti ambientali. I costi sia dell’acqua potabile sia della depurazione troppo bassi non riconoscono l’importanza di questo bene prezioso e la sua salvaguardia.Manca una politica di difesa dell’acqua e di gestione idrogeologica della stessa (bacini di contenimento, bacini di laminazione,griglie, pulizia degli alvei,ecc)

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