Il decreto legge “Pnrr quater” chiarisce le conseguenze sulla finanza pubblica della riformulazione del Piano, nonché la diversa sorte delle misure che ne sono state escluse. Si tratta di una rimodulazione complessiva delle risorse per investimenti.

Gli effetti della modifica sulla finanza pubblica

L’approvazione del decreto-legge “Pnrr quater” rappresenta un passaggio legislativo indispensabile per adeguare le dotazioni finanziarie del nuovo Piano nazionale di ripresa e resilienza e definire la sorte delle misure escluse  con la decisione del consiglio europeo dell’8 dicembre 2023.

Pur in assenza di informazioni specifiche sulla nuova struttura finanziaria del Pnrr, cercherò qui di analizzare le principali implicazioni della sua rimodulazione sui saldi di finanza pubblica, sulle misure escluse e sulle coperture finanziarie che si sono rese necessarie.

In linea di principio, una rimodulazione del Pnrr non dovrebbe sortire effetti sulla finanza pubblica, dal momento che la copertura delle nuove misure introdotte risulterebbe assicurata dalle risorse, di pari importo, rinvenienti dai definanziamenti di quelle escluse, nonché, in caso di aumento della dotazione finanziaria, dai contributi europei.

Al contrario, la relazione tecnica al decreto legge evidenzia come la modificazione del Pnrr determini un onere complessivo su fabbisogno e indebitamento netto pari a 9,42 miliardi di euro (tabella 1).

Per meglio comprendere le ragioni dell’onere, va ricordato come il Pnrr si componga non solo di nuovi interventi che attingono la loro fonte di finanziamento dal dispositivo di ripresa e resilienza (Rrf), ma anche di “progetti in essere”. In quest’ultima categoria rientrano quegli interventi, in parte in fase di attuazione ancor prima della stesura del Piano, per i quali già esistevano coperture nel bilancio dello stato, poi sostituite dalle nuove risorse del Rrf.

Per attenuare l’impatto del Pnrr sul fabbisogno finanziario, le originarie coperture con risorse nazionali dei progetti in essere sono state trasferite sul Fondo di rotazione per l’attuazione del Next Generation EU-Italia, dal momento che la loro cancellazione ha luogo solo a seguito della certificazione da parte della Commissione europea del raggiungimento dei relativi target finali. Sempre per attenuare gli effetti negativi sul fabbisogno finanziario, i nuovi interventi sono stati finanziati con risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione (Fsc) 2021-2027.

Pertanto, al momento della prima stesura del Pnrr, la presenza di progetti in essere o coperti con Fsc aveva consentito di procedere a un finanziamento del Fondo di rotazione inferiore a quanto sarebbe avvenuto in loro assenza.

Leggi anche:  Che ne sarà dei nuovi nidi senza Pnrr*

L’esclusione, in sede di rimodulazione, di numerosi progetti in essere o coperti dal Fsc, che si sono successivamente rivelati non coerenti con i regolamenti e le tempistiche del Piano, e la contemporanea loro sostituzione con nuove misure prive di finanziamenti, ha invece determinato l’esigenza contabile di trovare idonee coperture per consentire l’incremento del Fondo di rotazione, ridottosi dopo la fuoriuscita dei progetti. 

Ne consegue che, come riportato nella tabella 1, con la rimodulazione del Pnrr, per maggiori impieghi (relativi alle nuove misure introdotte) per 22,74 miliardi, si sono rese disponibili risorse solo per 10,42 miliardi di euro, corrispondenti al valore delle misure prive di coperture nazionali escluse dal Piano. Si è così creato uno scompenso tra nuovi impieghi e risorse disponibili di 12,32 miliardi, poi ridottosi a 9,32 miliardi grazie ai circa 3 miliardi rinvenienti dai nuovi contributi europei.

La sorte delle misure non in essere escluse dal Pnrr

I 10,42 miliardi di risorse liberatisi a seguito delle riduzioni delle dotazioni di misure prive di coperture derivano da:

– definanziamenti di misure per 7,43 miliardi di euro;

– riduzione di costi di misure, dovute a economie realizzatesi o a revisione al ribasso degli obiettivi, per 2,99 miliardi di euro.

Il decreto legge prevede anche un’autorizzazione di spesa per la realizzazione degli investimenti non più finanziati a valere sulle risorse del Pnrr per complessivi 3,44 miliardi di euro.

La tabella 2 contiene una ricostruzione, sia pure non del tutto esaustiva, delle misure che dovrebbero essere state definanziate, evidenziando quelle contenenti progetti in essere o coperture Fsc, nonché quelle che sono state rifinanziate attraverso il decreto legge.

Nell’ultima colonna della tabella 2 è riportato il valore delle misure rimaste prive di coperture anche dopo il varo del decreto legge, che dovrebbe ammontare a circa 4 miliardi di euro. Due di queste (sostegno alla nascita delle Pmi del turismo e gestione del rischio di alluvione) sono state sostituite nel nuovo Pnrr da interventi con analoghe finalità, sebbene, per il rischio alluvione, caratterizzati da una differente distribuzione territoriale (le regioni colpite da eventi alluvionali nel 2023). Per la misura sui bus elettrici si tratta di un definanziamento parziale, dal momento che 100 milioni di euro sono confluiti nella nuova missione REPowerEU. Rimangono quindi prive di coperture quelle misure che, secondo la quarta relazione e i precedenti documenti governativi, sono caratterizzate da tempi di realizzazione non compatibili con il Pnrr (off-shore e infrastrutture ferroviarie).

Leggi anche:  Se il robot fa valere i suoi diritti

L’unica misura per la quale il decreto legge è dovuto intervenire attraverso una nuova copertura riguarda la quota dei Piani urbani integrati esclusa dal Pnrr. Al riguardo va segnalato come al rifinanziamento abbia corrisposto, all’interno del decreto, una riduzione di maggiore entità dei capitoli di spesa relativi a spese per investimenti dei comuni (tabella 3).

Le coperture finanziarie

La rimodulazione del Pnrr ha sinora determinato oneri a carico della finanza pubblica per 12,86 miliardi di euro (9,42 direttamente legati alla modifica del Piano e 3,44 per il rifinanziamento delle misure escluse).

Ulteriori oneri potrebbero aggiungersi per il rifinanziamento di alcune delle misure escluse, che sono ancora senza copertura. Per esempio, il Cipess ha da poco deliberato il finanziamento, con risorse Fsc, di uno degli interventi rimasti scoperti: il potenziamento della tratta ferroviaria Roma-Pescara.

La copertura di questi oneri è avvenuta principalmente attraverso la riduzione di numerosi e importanti capitoli di spesa in conto capitale (tabella 3), tra cui spicca, per oltre 5 miliardi di euro, il Fondo per lo sviluppo e la coesione, le cui risorse avrebbero dovuto caratterizzarsi per una destinazione di almeno l’80 per cento al Mezzogiorno.

Uno degli esiti della revisione del Pnrr sembra quindi consistere in una rimodulazione complessiva delle risorse per investimenti disponibili per il prossimo triennio, modificandone finalità, anche attraverso un consistente spostamento di risorse dalle opere pubbliche ai sussidi alle imprese, e destinazione territoriale.

L’auspicio è che la spesa ricompresa nel Pnrr risulti più efficace di quella che si sarebbe potuto effettuare altrimenti.

* Le idee e le opinioni espresse in questo articolo sono da attribuire all’autore e non investono la responsabilità dell’istituzione di appartenenza.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Per i "progetti in essere" la sorte è incerta*