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Ruoli di genere: qualcosa sta cambiando

Se nella sfera familiare la piena parità è ormai una norma sociale diffusa, sul lavoro le donne continuano a percepire appropriato mostrarsi poco competitive. Una indagine tra studenti universitari mostra che vecchi pregiudizi coesistono con nuove aspettative.

Uno studio sulle norme di genere

L’esistenza di disuguaglianze di genere in Italia è ormai un fenomeno ampiamente documentato. I dati evidenziano la persistenza di divari tra uomini e donne in diversi ambiti, dall’ambiente di lavoro alle mura domestiche. Identificare le cause alla base di questo fenomeno è complesso, ma la letteratura scientifica ci viene in aiuto: diversi studi hanno mostrato come i fattori culturali influenzino le modalità di interazione tra uomini e donne in contesti specifici. Dunque, studiare le norme di genere risulta cruciale per comprendere i divari di genere esistenti e per disegnare politiche mirate a promuovere le pari opportunità.

Le norme di genere sono una complessa combinazione di aspettative sociali e culturali che definiscono e regolano i comportamenti, i ruoli, gli atteggiamenti e le caratteristiche fisiche e non (come i tratti della personalità) considerate appropriate per uomini e donne all’interno di una società. Vengono costruite e perpetuate attraverso vari meccanismi sociali (tra cui la famiglia, la scuola, i media e le istituzioni), influenzando profondamente le identità di genere, le relazioni interpersonali e le opportunità disponibili per gli individui. Le norme sociali iniziano a influenzare i comportamenti e i pensieri degli individui fin dalla loro giovanissima età, orientando inconsciamente le loro scelte.

Un recente studio ha indagato le percezioni degli studenti universitari riguardo alle norme di genere che influenzano la sfera familiare e professionale. L’indagine ha coinvolto 434 studenti dell’Università di Bologna ed è stata condotta al laboratorio per gli esperimenti in scienze sociali di Bologna (Bless) nel maggio 2022. I partecipanti hanno compilato un questionario che esplorava la loro carriera accademica, le preferenze per il lavoro futuro e i loro tratti della personalità.

Nel questionario erano presentati due scenari ipotetici in cui il protagonista doveva scegliere tra diverse alternative. Il primo scenario verteva sulla carriera lavorativa, il secondo sulla gestione della vita familiare. Gli studenti hanno valutato ogni possibile scelta nei due scenari (su una scala che andava da “molto appropriata” a “molto inappropriata”) cercando di indovinare l’opinione prevalente tra gli altri rispondenti del loro stesso genere. Coloro che hanno indovinato la risposta più frequente data dagli altri studenti del loro stesso genere sono stati remunerati con piccole somme di denaro. L’obiettivo dello studio era quello di far emergere le norme di genere che gli studenti percepiscono come prevalenti tra i loro coetanei.

Aspirazioni di carriera

Come viene percepita tra gli studenti e le studentesse l’ipotetica decisione di una donna o di un uomo di perseguire obiettivi di carriera ambiziosi? Per rispondere, il questionario propone uno scenario in cui un protagonista – uomo o donna in base al trattamento – è chiamato a scegliere tra due opzioni: rinunciare alla carriera notarile dopo aver fallito il concorso per la seconda volta e accettare un impiego poco stimolante presso uno studio legale, oppure tentare una terza volta il concorso da notaio. I risultati dello studio evidenziano la persistenza di norme di genere tradizionali nel contesto professionale: molte studentesse percepiscono la mancanza di determinazione nel perseguire i propri obiettivi di carriera come socialmente accettabili, ma solo se riguarda una donna. La stessa mancanza viene percepita come meno socialmente accettabile se riguarda un uomo.

Il risultato assume particolare rilevanza se contestualizzato rispetto al campione dei partecipanti allo studio. Circa la metà degli studenti frequentano un corso Stem (science, technology, engineering, mathematics) e il campione riporta eccellenti prestazioni accademiche con un voto medio di 27,3 su 30. Da un gruppo di studenti così qualificati ci si aspetterebbero ambizioni elevate per la carriera futura. Stupisce dunque che, in un simile contesto, le studentesse percepiscano che la mancanza di forti ambizioni professionali da parte di una donna sia socialmente più accettata della analoga mancanza da parte di un uomo.

La percezione del diverso giudizio sociale attribuito alle ambizioni professionali di uomini e donne potrebbe contribuire a spiegare i divari di genere negli esiti occupazionali, sfavorevoli per le laureate fin dal loro ingresso nel mercato del lavoro, nonostante ottengano in media migliori voti dei loro coetanei maschi in tutte le discipline. L’indagine Almalaurea 2022, effettuata su un campione rappresentativo di studenti italiani, mette in luce l’esistenza di divari di genere nel tasso di occupazione, nella tipologia di contratto e nella retribuzione media netta già a un anno dal conseguimento della laurea (tabella 1). Se restringiamo l’attenzione a un campione di laureati comparabili agli studenti dello studio, osserviamo simili differenziali di genere. Tra i laureati presso dell’Università di Bologna nelle aree disciplinari Stem e scienze sociali il divario nel tasso di occupazione si attesta infatti intorno al 2 per cento in favore degli uomini. Il divario più rilevante emerge nella retribuzione media netta, con le laureate Stem che guadagnano circa 200 euro in meno rispetto ai loro colleghi uomini, e le laureate in scienze sociali che percepiscono circa 120 euro in meno rispetto alle loro controparti maschili.

Tabella 1

Lo studio fornisce una possibile chiave di lettura per interpretare questi dati. Come mostra la figura 1, nel campione considerato in media le ragazze mostrano maggior interesse rispetto ai ragazzi per gli aspetti professionalizzanti di un potenziale futuro impiego, come professionalità, prestigio e prospettive di carriera. Allo stesso tempo, riportano livelli più bassi di attitudine verso la competizione e di autostima rispetto ai ragazzi (figura 2). Questi risultati suggeriscono che i divari negli esiti occupazionali non siano riconducibili a differenze di genere nelle preferenze. Potrebbero invece essere influenzati da fattori più complessi, tra cui le norme di genere emerse nello studio. È probabile che le aspettative sociali sul ruolo delle donne in ambito professionale condizionino anche le loro attitudini: percependo una maggiore accettazione sociale nel rinunciare alle proprie ambizioni, le donne potrebbero aver interiorizzato l’idea che sia appropriato mostrarsi poco competitive sul posto di lavoro.

Figura 1

Figura 2

In sostanza, le disparità occupazionali tra uomini e donne derivano da un complesso insieme di fattori, tra cui le norme di genere svolgono un ruolo importante. Queste norme alimentano circoli viziosi che minano l’autostima delle donne e influenzano il lato della domanda del mercato del lavoro, per esempio condizionando i datori di lavoro che potrebbero aspettarsi (scarsa) determinazione e ambizione da parte delle candidate donne.

Ambito familiare

Il secondo scenario ipotetico esplora la percezione delle norme sociali riguardanti la conciliazione tra vita familiare e carriera. Viene presentata una situazione in cui una coppia con un figlio deve gestire gli impegni familiari e professionali. I due partner percepiscono lo stesso stipendio, hanno una carriera simile e lavorano lo stesso numero di ore. I partecipanti sono chiamati a valutare come le persone del loro stesso genere ed età percepirebbero le scelte dell’uomo o della donna di ridurre l’orario di lavoro per dedicare più tempo alla famiglia sacrificando eventuali opportunità di promozione, oppure di dare priorità alla carriera diminuendo così il tempo trascorso con il figlio.

I risultati indicano che la maggior parte degli studenti percepisce norme di genere lontane da quelle conservatrici e tradizionali. Sia gli studenti che le studentesse ritengono socialmente accettabile che una donna possa dare priorità alla propria carriera mettendo in secondo piano le responsabilità familiari. Inoltre, viene percepito come più appropriato per gli uomini che per le donne il fatto di dedicare più tempo alla cura dei figli a discapito della propria carriera.

La seconda analisi mostra che gli studenti universitari, probabilmente influenzati dall’attuale dibattito pubblico sull’uguaglianza di genere, ritengono che tra i coetanei si sia instaurata una norma di genere che promuove un’equa suddivisione dei compiti tra le mura domestiche.

Come conciliare questo risultato con quello precedente che mostrava la percezione di un atteggiamento tollerante verso le lavoratrici che rinunciano alle loro aspirazioni professionali? Quel passo indietro che le donne si sentono autorizzate a compiere in ambito lavorativo non sembra essere accompagnato dalla percezione che i coetanei si aspettino da loro un maggiore impegno nella vita familiari.

In conclusione, lo studio suggerisce che stiamo assistendo a un cambiamento nella percezione dei ruoli di genere, ma mostra anche le contraddizioni che ancora permangono. Da un lato, la parità tra uomini e donne nella sfera domestica pare ampiamente accolta dagli studenti universitari italiani, e si riconosce l’importanza di incoraggiare le donne a perseguire le proprie carriere. Dall’altro, però, persiste una tolleranza verso la possibile mancanza di determinazione a perseguire le proprie ambizioni da parte delle donne, una mancanza che non è giudicata con la stessa severità riservata agli uomini. La discrepanza suggerisce che, nonostante i progressi, la transizione verso una piena parità di genere nei ruoli professionali e familiari non sia ancora completata, neppure tra gli studenti universitari. Anche la nuova generazione pare incapace di portare a termine questa trasformazione, lasciando che vecchi pregiudizi, come l’idea che gli uomini siano più ambiziosi e più determinati ad avere successo nel lavoro rispetto alle donne, coesistano con nuove aspettative. Il conflitto tra tradizione e modernità evidenzia quanto sia difficile superare gli stereotipi di genere più radicati e suggerisce che il cambiamento culturale richiede ancora tempo e un impegno collettivo significativo.

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Il Punto

  1. Marco Recubini

    esiste un qualche studio che lega i fattori ormonali alle scelte lavorative? maggiori livelli di testosterone potrebbero portare a scelte più rischiose e competitive in ambito lavorativo

  2. Catullo

    Io lavoro con donne da anni e sinceramente questa sensazione non l’ho mai avuta. Mi sembra sia solo una scusa di quelle che non hanno il coraggio di mettersi in gioco diversamente da quelle più volitive.

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