Il divario retributivo si manifesta in vari aspetti della vita sociale ed economica, dai ruoli di leadership alle opportunità professionali. Ma una delle sue espressioni più evidenti è la persistente disuguaglianza nelle retribuzioni di uomini e donne.

Quanto si guadagna in media all’ora in Italia

La retribuzione oraria media in Italia si attesta a 16,4 euro secondo la Rilevazione sulla struttura delle retribuzioni (Rcl-Ses) condotta sul 2022, armonizzata a livello europeo: è quanto le imprese e le istituzioni pubbliche con almeno dieci dipendenti erogano per le ore di lavoro ordinario e straordinario ai lavoratori dipendenti che sono stati retribuiti durante l’intero mese di ottobre e include le trattenute fiscali e previdenziali (retribuzione lorda). I dati raccolti tramite la Ses costituiscono la base anche per l’indicatore Eurostat sul divario retributivo di genere (gender pay gap).


Nelle retribuzioni ritroviamo differenze significative in base ad alcuni fattori, tra cui età, anzianità lavorativa nell’unità economica, titolo di studio, tipologia di contratto, regime orario e dimensione dell’unità economica, che si manifestano in modo diverso tra uomini e donne.


L’età gioca un ruolo rilevante: in media i dipendenti sotto i 30 anni hanno una retribuzione di 11,9 euro all’ora, con un gap del 36,4 per cento rispetto ai dipendenti over 50 e del 24,7 per cento rispetto a quelli tra i 30 e i 49 anni. All’inizio della carriera lavorativa si occupano posizioni meno qualificate o con contratti precari, mentre con l’esperienza il lavoro diventa più stabile e meglio pagato. I dipendenti con trenta anni di esperienza continuativa presso la stessa unità economica guadagnano 21,6 euro all’ora, un valore circa 1,6 volte superiore a quello dei dipendenti con meno di cinque anni di anzianità. La retribuzione oraria cresce al crescere dell’istruzione: i dipendenti con un titolo di studio secondario inferiore percepiscono 12,4 euro, il 17,3 per cento in meno rispetto ai diplomati e il 43,6 per cento in meno rispetto ai laureati. Anche il tipo di contratto gioca un ruolo significativo: con un contratto a tempo determinato si guadagna in media il 24,6 per cento in meno rispetto a chi ha un contratto a tempo indeterminato (12,9 euro contro 17,1 euro). Un altro fattore determinante è il tipo di orario: chi lavora part-time guadagna il 30,6 per cento in meno rispetto a chi lavora full-time (due/terzi dei lavoratori part-time sono donne). La dimensione dell’unità economica presso cui si è occupati influisce sulla retribuzione oraria: nelle unità più piccole (tra i 10 e i 49 dipendenti) si ha la più bassa retribuzione media oraria (12,8 euro l’ora), mentre nelle più grandi (con almeno mille dipendenti) si ha quella più alta (19,2 euro l’ora).
I livelli retributivi medi nascondono ragguardevoli differenze di genere.

Una misura del divario retributivo di genere

Il gender pay gap (Gpg) è un indicatore ampiamente utilizzato a livello europeo appunto per misurare le disparità retributive tra uomini e donne. Sintetizza la differenza percentuale tra la retribuzione oraria media di uomini e donne rapportata a quella degli uomini. La metodologia di calcolo dell’indicatore è complessa: il calcolo è a livello aggregato, risente di effetti di composizione, che celano differenze legate a specificità o dell’unità economica (per esempio, il settore economico) o del lavoratore (per esempio, l’età). Nel 2022, il Gpg in Italia si attesta al 5,6 per cento, con gli uomini che guadagnano mediamente 16,8 euro all’ora, mentre le donne si fermano a 15,9 euro.


Il divario è particolarmente evidente tra i laureati, dove le donne sono più numerose e la differenza retributiva raggiunge il 16,6 per cento. Differenze simili si riscontrano anche tra i meno istruiti, dove il gap è del 15,2 per cento, ma su valori più bassi.

Nelle professioni con una bassa presenza femminile i divari retributivi sono più ampi. Tra i dirigenti, il gap è del 30,8 per cento, con retribuzioni orarie di 34,5 euro per le donne e 49,8 euro per gli uomini. Seguono le forze armate (27,7 per cento) e gli artigiani e operai specializzati (17,6 per cento).

Nonostante il gap retributivo di genere persista nei diversi ambiti professionali, le professioni intellettuali e scientifiche, in cui la presenza femminile è più alta, ne mostrano uno relativamente contenuto, pari all’8,4 per cento. Le retribuzioni elevate in questi settori, con una media di 23,4 euro all’ora per le donne e 25,5 euro per gli uomini, potrebbero suggerire che, sebbene permanga una disparità retributiva, le donne hanno più possibilità di accedere a ruoli di responsabilità e prestigio rispetto a quanto non avvenga in altre professioni.


Il Gpg è inferiore nelle unità economiche a controllo economico prevalente di tipo pubblico (5,2 per cento), rispetto a quelle a controllo economico prevalente di tipo privato (5,9 per cento). Nelle prime le donne rappresentano la maggioranza dei dipendenti (55,6 per cento) e guadagnano mediamente più delle loro colleghe che lavorano nelle unità a controllo privato (ad esempio per le laureate 23 euro, contro 16,9 euro l’ora). Questa combinazione di caratteristiche influisce sul livello complessivo del gender pay gap. Bisogna tuttavia considerare che le retribuzioni orarie più alte nel pubblico sono anche condizionate dalle retribuzioni orarie del personale docente della scuola (a maggioranza femminile). Per loro, le ore retribuite ordinarie stabilite da Ccnl non tengono conto delle attività svolte nella correzione dei compiti a casa e di altre incombenze, pertanto la retribuzione media oraria appare particolarmente elevata. Questo non toglie che nel pubblico esistano più opportunità per donne altamente qualificate di accedere a posizioni stabili e ben remunerate, grazie a una maggiore equità nei percorsi di carriera. Al contrario, nel privato, potrebbero dover affrontare ostacoli maggiori nell’avanzamento professionale e nel ricoprire ruoli di leadership.

Il gender pay gap nel confronto europeo

A differenza dell’indicatore diffuso a livello nazionale, il Gpg diffuso a livello europeo non include l’amministrazione pubblica e difesa e assicurazione sociale obbligatoria perché la sua stima è facoltativa. Nel 2022 il gender pay gap italiano così calcolato è pari al 3,8 per cento, decisamente inferiore alla media europea Ue-27 (12,2 per cento). La retribuzione media oraria più bassa (5,55 euro) si osserva in Bulgaria, la più alta in Danimarca (32,56 euro). L’Italia si colloca all’undicesimo posto per retribuzione media oraria (16,02 euro) al di sotto di quella dell’Ue-27 (17,69 euro). Valori bassi di Gpg non sempre si associano a retribuzioni orarie elevate e viceversa; Tra i paesi dell’Unione europea si nota una grande eterogeneità tra le retribuzioni medie orarie e i differenziali retributivi di genere. Tali valori sono dettati da leggi di mercato, ma anche da norme extra mercato e il Gpg grezzo (unadjusted gender pay gap) risente degli effetti di composizione legati alle diverse caratteristiche dei dipendenti, delle imprese e dei rapporti di lavoro ma anche di fattori non spiegati (Rieds, 2022).

Molto resta da fare per comprendere le cause delle disparità salariali, ma soprattutto per eliminarle. È necessario, tra l’altro, promuovere un graduale cambiamento culturale che metta in discussione preconcetti e stereotipi presenti sia nell’ambito familiare che lavorativo. Come scrive nel 2023 Daniela Del Boca, citando il premio Nobel per l’economia Claudia Goldin, lavoro, istruzione e famiglia sono connesse alle ragioni alla base del gender gap.

* Le opinioni espresse dalle autrici non impegnano l’Istituto d’appartenenza.

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