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Democrazia in ribasso

Il Democracy Index 2021 certifica un ulteriore calo del livello di democrazia in tutto il mondo. È una tendenza in corso da diversi anni, non imputabile solo alle misure anti-pandemia. Regimi come la Cina affascinano perché garantiscono crescita economica.

La democrazia nel mondo secondo l’Economist

L’Economist ha recentemente pubblicato il Democracy Index 2021, che misura il livello di democrazia di 167 paesi. Già l’anno scorso, il rapporto 2020 era stato presentato con un laconico “La democrazia nel mondo ha avuto un brutto anno”, con una riduzione consistente a livello globale soprattutto a causa delle situazioni emergenziali dovute alla pandemia. Nel 2021, l’indice ha raggiunto un nuovo minimo storico.

La pandemia, accompagnata da misure restrittive e dal ricorso, in molti casi, ad un approccio tecnocratico, ha certamente accelerato il trend, ma il livello di democrazia nel mondo, secondo questa rilevazione, è in calo da molti anni. Dopo una riduzione legata alla Grande Recessione, l’indice aveva ripreso a crescere fino a raggiungere il massimo nel 2014. Da quel momento in poi, la discesa è stata quasi costante.

In generale, negli ultimi due decenni lo stato della democrazia del mondo non è migliorato. Dal 2006, 108 delle 167 nazioni prese in esame dall’indice hanno peggiorato, o comunque non migliorato, il proprio punteggio e nessuna delle macro regioni considerate ha visto il proprio punteggio medio aumentare. Nel 2021, l’indice è calato di 0,09 punti su scala globale (in una scala da 1 a 10). Complici del calo sono state le misure straordinarie imposte dalla pandemia, che hanno permesso di accentrare il potere con la scusa dell’emergenza. Tra i fattori fondamentali troviamo anche l’intensa presenza di cambi di regime repentini e colpi di stato, da quello in Myanmar fino al ritorno dei talebani in Afghanistan. Più della metà della popolazione mondiale vive oggi sotto un regime non democratico, con oltre un terzo dei paesi che si trova in veri e propri regimi autoritari.

L’indice è composto da cinque categorie, la cui media restituisce il valore generale, compreso tra un minimo di 0 e un massimo di 10: processo elettorale e pluralismo, funzionamento del governo, partecipazione politica, cultura politica, libertà civili. In base al punteggio ottenuto, gli stati sono così classificati: “piene democrazie” (da 8 punti in su), “democrazie imperfette” (tra 6 e 8 punti), “regimi ibridi” (punteggio maggiore di 4 e minore o uguale a 6), “regimi autoritari” (punteggio uguale a o minore di 4).

La situazione in Europa occidentale e in Italia

In termini di punteggio, rispetto al 2020 la media dai paesi dell’Europa occidentale è scesa da 8,29 a 8,22. Tra le ragioni che portano a una diminuzione in numerosi paesi europei, c’è la frammentazione politica accelerata dalla pandemia: dai successi elettorali dei partiti scettici nei confronti dei vaccini allo scontento dell’opinione pubblica per gli obblighi vaccinali. Nonostante il calo, la regione ha il secondo punteggio medio più alto, dopo il Nord America, e il numero più alto di “piene democrazie”, sceso da tredici nel 2020 a dodici nel 2021, dopo che la Spagna, il cui punteggio è calato da 8,12 a 7,94, è passata a “democrazia imperfetta”.

Tra i ventuno stati europei, solo tre hanno conosciuto un trend positivo, mentre il punteggio di oltre la metà dei paesi ha registrato un calo rispetto all’indice del 2020. Tra questi, l’Italia, il cui punteggio, sceso da 7,74 a 7,68, è il secondo valore più basso mai ottenuto dal nostro paese dalla prima edizione del Democracy index del 2006 (figura 2a). La “democrazia imperfetta” italiana, sedicesima in Europa occidentale per punteggio totale, fa meglio della media europea occidentale solo nella categoria “Processo elettorale e pluralismo”, mentre registra lo scarto maggiore con la media regionale in “Funzionamento del governo” (figura 2b).

Il fascino discreto dei regimi autoritari

Sorprendentemente, l’Europa Occidentale è, insieme al Nord America, tra le regioni che hanno subito il calo maggiore, e che partono però da livelli più elevati. Dati del Pew Research Center suggeriscono che, nei paesi avanzati, la voglia di cambiamento delle istituzioni democratiche sia molto alta. In Italia, per esempio, l’89 per cento dei cittadini vorrebbe una riforma radicale del sistema politico. Lo scontento per l’attuale sistema democratico potrebbe derivare anche dal fatto che, in alcuni casi, la relazione tra democrazie e crescita economica sembra essersi interrotta, con la “concorrenza” di regimi autoritari, come la Cina, che garantiscono il boom economico e affascinano anche i cittadini di democrazie mature. Il focus del report di quest’anno è infatti proprio sulla Cina e sul suo modello di sviluppo basato su un regime autoritario.

Il successo economico e, in parte, mediatico di regimi come quello cinese potrebbero indurre verso una riforma della democrazia, richiesta appunto a gran voce dai cittadini dei paesi avanzati. Il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden, per esempio, ha convocato a fine 2021 il primo di due Summit sulla democrazia, con l’obiettivo di rivitalizzare la partecipazione democratica nel mondo.

A giudicare dalle informazioni contenute nel report 2021 del Democracy Index, ce n’è bisogno.

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Il Punto

  1. maria grazia cattaneo

    Molto interessante l’articolo sulle democrazie nel mondo.

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