Il senso comune suggerisce una larga diffusione del fenomeno, ma sui tirocini non retribuiti attivi in Italia non disponiamo di numeri precisi. Utilizzando i dati Istat possiamo però adottare una metodologia che permette di coglierne l’ordine di grandezza.

Fuori dai radar

I tirocini curricolari rappresentano un passaggio fondamentale nel percorso formativo di molti giovani italiani, offrendo un primo contatto con il mondo del lavoro. Nonostante la loro diffusione, però, mancano dati precisi sul numero effettivo di stage attivi ogni anno: non esistono statistiche ufficiali che forniscano una fotografia completa del fenomeno, rendendo quindi difficile valutare la reale entità e l’efficacia di queste esperienze formative verso il mercato del lavoro.

L’unica fonte che censisce parzialmente i tirocini curricolari è il Rapporto biennale dell’Anvur, che rileva solo quelli svolti dagli studenti universitari. Tuttavia, come segnalato da Eleonora Voltolina de La Repubblica degli Stagisti, i dati vengono pubblicati con grande ritardo, tanto che l’ultima misurazione disponibile risale all’anno accademico 2015-2016, con un totale di 301.319 tirocini attivati.

I tirocinanti curricolari nei dati Istat

Per provare a effettuare una nuova quantificazione dei tirocini curricolari in Italia analizziamo qui in maniera originale i microdati dell’indagine sulle forze di lavoro forniti pubblicamente dall’Istat. Nel questionario dell’indagine è infatti presente una domanda relativa allo svolgimento di uno stage o un tirocinio non retribuito, all’interno della sezione dell’intervista che raccoglie informazioni su percorsi di istruzione e formazione di ciascun individuo. La domanda viene posta a tutti gli individui che non risultano occupati e che hanno meno di 40 anni. Purtroppo, l’Istat rende disponibili questi dati solo a partire dal 2019. Nonostante il limite temporale, per gli ultimi cinque anni è quindi possibile contare quanti sono gli individui che ogni trimestre dichiarano di star svolgendo un’esperienza di tirocinio non retribuito. Il risultato del conteggio è presentato nella figura 1. Al netto delle oscillazioni stagionali, in media dal 2019 in poi ogni trimestre vi erano 232mila giovani con un tirocinio curricolare non retribuito in corso.

Dal numero dei tirocinanti al numero dei tirocini

I dati si riferiscono al numero di tirocinanti di ciascun trimestre, ovvero sono la fotografia istantanea dello stato delle cose in un dato trimestre di un dato anno. Nonostante possa apparire come una mera tecnicalità, il conteggio non equivale però al numero di tirocini attivati nello stesso periodo di tempo, dal momento che un tirocinio potrebbe essere contato più volte qualora si estendesse su più trimestri.

Per aggirare il problema e provare a dare una quantificazione del numero di tirocini non retribuiti attivati in Italia possiamo dividere la somma del numero di tirocinanti nei quattro trimestri di un anno per la durata media di un tirocinio. Un esempio, per comprendere il problema: se tutti i tirocini durassero due trimestri, ogni tirocinante sarebbe contato due volte nel corso di un anno e quindi dovremmo dividere per due il numero totale di tirocinanti per ottenere il numero di tirocini. Tuttavia, anche per calcolare la durata media di un tirocinio in un dato anno dobbiamo stare attenti al problema del conteggio multiplo: i tirocini più lunghi avranno maggiore probabilità di comparire più volte in diverse edizioni trimestrali dell’indagine campionaria, falsando quindi al rialzo il risultato di una semplice media aritmetica. Per questo motivo, utilizziamo la media armonica delle durate dichiarate dai tirocinanti nei quattro trimestri di un dato anno. La media armonica fa infatti uso degli inversi delle durate dei tirocini, dando così meno peso a quelli più lunghi. Il risultato è di 1,5 trimestri. Se dunque, dal 2019 in poi, in media ogni anno la somma dei tirocinanti (escludendo il 2020) è di circa un milione, otteniamo un numero di circa 666mila tirocini non retribuiti attivi ogni anno.

Spazi di miglioramento

Il conteggio qui effettuato permette di cogliere l’ordine di grandezza del fenomeno dei tirocini curricolari in Italia sfruttando nel modo migliore possibile i pochi dati disponibili, ma rimane comunque una misura approssimativa.

Il vero modo per affrontare il problema sarebbe ripristinare l’obbligatorietà della comunicazione obbligatoria al ministero del Lavoro. Ciò consentirebbe non solo una quantificazione precisa dell’utilizzo di questo strumento di formazione, ma anche una analisi dettagliata degli utilizzatori, delle aziende ospitanti e, aspetto ancora più importante, degli esiti occupazionali successivi alla conclusione dell’esperienza di tirocinio. Se infatti la ratio dello stage curricolare è quella di aumentare l’esperienza e le capacità del tirocinante, e magari anche di fargli stringere un legame specifico con l’azienda ospitante, i dati ora in nostro possesso sono completamente silenti rispetto a questi temi.

In questa direzione sono andate nel corso degli ultimi anni diverse iniziative legislative di varie forze politiche d’opposizione, dal Partito democratico, al Movimento cinque stelle fino alle ultime proposte di ItaliaViva. Uno dei comuni denominatori è proprio il miglioramento della legislazione in materia di tirocini curricolari, partendo dalla reintroduzione della comunicazione obbligatoria. Si tratterebbe di una riforma a costo zero che sarebbe di grande aiuto per migliorare il percorso che porta dal mondo dell’istruzione a quello del lavoro. Il governo potrebbe quindi farla propria.

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