I dati Inps confermano che anche nel 2024 gli occupati sono aumentati sensibilmente. La crescita è tutta tra i dipendenti, a tempo indeterminato e determinato. La dinamica è più intensa al Sud, fra gli stranieri e i giovani. L’incidenza della manifattura.
Il mercato del lavoro nel Rapporto Inps
Il Rapporto Inps pubblicato la settimana scorsa offre informazioni rilevanti anche sul mercato del lavoro italiano, oltreché sulle pensioni.
Trattandosi di un rapporto istituzionale, giustamente non calca la mano sul loro possibile impatto su immagini, valutazioni, narrazioni, lasciando al lettore l’onere di svilupparle. Del resto, è del tutto falso sostenere che “i numeri (i dati statistici) parlano da soli”: a volte restano muti e inutili, altre volte sono selezionati solo per confermare posizioni e idee già assunte. Ma possono pure dialogare costruttivamente sia tra loro – vale a dire con altri dati provenienti da altre fonti statistiche o altre definizioni – sia con le domande e le aspettative dell’osservatore, contribuendo ad allargarne la comprensione dei fenomeni reali.
Alcuni dati del primo capitolo del Rapporto risultano di rilievo su aspetti critici del mercato del lavoro: la crescita dell’occupazione e la questione salariale. Ci occupiamo qui della prima questione, mentre ci soffermiamo sulla seconda in un altro articolo.
Aumenta solo il lavoro dipendente
I dati Inps confermano – come tempestivamente mostrato dalle indagini campionarie Istat – che anche nel 2024, come già nel 2023 e nel 2022, gli occupati sono aumentati sensibilmente, superando i livelli pre-pandemici e raggiungendo risultati mai in precedenza registrati. Rispetto al 2019, a Inps risultano 1,5 milioni di assicurati in più (si tratta di soggetti occupati regolarmente per qualsiasi periodo nel corso dell’anno: nel 2024 hanno superato i 27 milioni). Non era affatto scontato: nessuna previsione formulata nel 2020-2021 aveva ipotizzato per gli anni successivi non solo un recupero, ma anzi una crescita occupazionale così intensa e una caduta della disoccupazione così rapide.
Come già i dati Istat, anche quelli Inps mostrano che tutta la crescita occupazionale è dovuta all’espansione del lavoro dipendente, con un incremento della dimensione media delle imprese. Il lavoro indipendente, dopo la forte scrematura intervenuta nel decennio precedente, nell’ultimo quinquennio ha mantenuto a stento le posizioni, con andamenti molto variabili tre le sue eterogenee componenti. In particolare, diminuiscono le figure tradizionali di commercianti, coltivatori e artigiani.
All’interno del lavoro dipendente, confrontando 2024 con 2019 (logico punto di confronto pre-Covid), anche secondo i dati Inps l’incremento maggiore ha riguardato le posizioni a tempo indeterminato (circa 1 milione in più) ma non è stato esclusivo: pure i dipendenti a tempo determinato sono aumentati – tra terziario pubblico e privato e industria risultano circa 650mila in più nel 2024 rispetto al 2019 – e ciò è avvenuto, pur con intensità diverse, in tutte le declinazioni contrattuali del lavoro a termine (tempo determinato, stagionali, intermittenti, somministrati).
I segnali positivi di stranieri, Sud e giovani
Il Mezzogiorno (Sud e Isole) mostra – sempre nell’arco temporale 2019-2024 – una dinamica occupazionale (per Inps crescita degli assicurati) più intensa di quella registrata per il Centro Nord. Non si tratta di grandi differenze, ma è almeno un segnale positivo di inversione di rotta, dopo che nei primi due decenni del secolo la distanza, misurata in termini di tasso di occupazione, era andata accentuandosi.
Certo, la distanza è stata appena scalfita e rimane impressionante: al Sud nel 2024 ci sono 54 assicurati Inps in età 15-64 ogni cento residenti della stessa classe di età, mentre nel Nord Est quel valore è 80. Il divario territoriale resta più profondo di quello di genere: nel 2024 il tasso di occupazione maschile al Sud risulta inferiore al tasso di occupazione femminile al Nord.
Alla crescita dell’occupazione gli stranieri hanno contribuito in maniera decisiva: tra il 2019 e il 2024 circa la metà dell’incremento complessivo degli assicurati risulta dovuto agli extracomunitari (+750mila assicurati), mentre per i comunitari dell’Est (rumeni in primo luogo) si segnala ormai da tempo un continuo trend decrescente, indice che quella riserva di manodopera – importantissima per circa un ventennio dopo la caduta del muro di Berlino – si va esaurendo.
Quanto ai giovani, gli assicurati con meno di 35 anni sono aumentati, tra il 2019 e il 2024, di oltre 700mila unità (+11 per cento), mentre per i quarantenni (in calo) e i cinquanta-sessantenni (in crescita) l’andamento è stato condizionato soprattutto dalle relative dinamiche demografiche e in misura minore dalle variazioni del tasso di occupazione.
Deindustrializzazione? Sì, ma solo in termini relativi
In valori assoluti l’occupazione dipendente nel settore manifatturiero è aumentata: 135mila assicurati in più nel 2024 rispetto al 2019. Certo, in termini relativi l’incidenza sui dipendenti totali è diminuita, passando dal 20 per cento (2019) al 19 per cento (2024): d’altra parte, nell’attuale fase di sviluppo, sarebbe possibile una crescita manifatturiera allineata a quella del terziario? Che, stando almeno alle aggregazioni settoriali maggiori, è aumentato in maniera diffusa: certamente nel commercio, ricettività e ristorazione, ma anche nei servizi professionali e nei servizi alle persone (istruzione, salute).
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