Il nuovo impianto di bilancio europeo sposta il baricentro verso difesa e sicurezza energetica. A farne le spese sono politiche regionali e agricoltura. Con il rischio di indebolire il progetto comunitario e alimentare l’euroscetticismo dei territori.

Il nuovo Quadro finanziario pluriennale dell’Ue

Con la proposta di Quadro finanziario pluriennale 2028-2034 presentata dalla Commissione europea a luglio e dei relativi regolamenti settoriali, è iniziato il lungo percorso di negoziazione che entro gennaio 2028 porterà il Parlamento ad approvare il futuro bilancio Ue. 

Il budget settennale ammonta a 1.984,89 miliardi di euro (a prezzi correnti), di cui 168 destinati al primo rimborso del Next Generation EU. Per capire il volume, basta ricordare che nella programmazione precedente 2021-2027, il Qfp si aggirava intorno ai 1.200 miliardi. 

La novità più rilevante, oltre che dalle dimensioni, è data dalla distribuzione prevista delle risorse. I fondi per politica agricola comune e per politica di coesione, che tradizionalmente coprono il 70 per cento del bilancio Ue, vengono nettamente ridimensionati, attestandosi a circa il 45 per cento, e sono previsti cambiamenti anche per i meccanismi di distribuzione che favoriscono centralizzazione e centralità di Commissione e stati.

Il nuovo impianto di bilancio è stato criticato da soggetti istituzionali e politici, a cominciare da Comitato europeo delle regioni e governi nazionali. I principali gruppi politici che sostengono l’esecutivo von der Leyen (partito popolare europeo, socialisti e democratici europei, Renew Europe e verdi) chiedono di mantenere separate le grandi politiche – coesione, agricoltura, pesca, politiche sociali – con proprio bilancio e regole, evitando che le risorse siano rimescolate in un fondo indistinto e per di più con una eccessiva centralizzazione dei programmi nazionali. Non sembra però che le istituzioni europee siano disponibili a sostanziali modifiche della proposta di luglio. Una indicazione sulla volontà di accogliere o meno le richieste di modifica si avrà nella prossima riunione del Consiglio europeo programmata per il 18 ed il 19 dicembre.

Cambiano le priorità strategiche

Va subito detto che difficilmente l’impianto strategico di luglio potrà essere messo in discussione, poiché rappresenta una ulteriore tappa di un percorso che il Consiglio e la Commissione europea hanno intrapreso dal 2021 in termini di modello di governance e dal 2023 in termini di obiettivi politici di lungo periodo.

Per quanto riguarda la governance, infatti, si conferma il modello performance based del Next Generation EU, con Piani solo nazionali (lasciando agli stati la possibilità di prevedere capitoli regionali) e indicatori di output basati su milestone e target. Inoltre, si è introdotta una maggiore flessibilità fino al 25 per cento (un quarto del bilancio di fatto non è pre-allocato) per garantire all’Unione “l’indipendenza e la capacità d’azione in un mondo in rapido mutamento” e quindi la possibilità di dirottare più facilmente le risorse verso nuove necessità individuate dai governi e concordate con le istituzioni europee.

Nei più rilevanti documenti sulla visione futura dell’Europa presentati da inizio 2024 a oggi (Rapporto Letta, Rapporto Draghi, Bussola per la competitività dell’Ue, Una politica di coesione modernizzata per rafforzare le priorità strategiche dell’Ue), e ora con il Qfp 2028-2034, le priorità strategiche per il futuro dell’Ue sono fondamentalmente tre: colmare il divario innovativo dell’Ue, la decarbonizzazione, ma soprattutto, il rafforzamento della difesa degli stati Ue.

In sostanza, quello che emerge dai lavori preparatori per il nuovo bilancio Ue 2028-2034 è che negli ultimi due anni si è affermata a tutti i livelli, anche nella programmazione europea, una forte spinta verso una maggiore centralità delle politiche di difesa, tanto nel discorso politico quanto in quello economico.

A ogni ciclo di programmazione il suo obiettivo

Dal 2000 al 2021 ogni ciclo di programmazione ha avuto sempre obiettivi diversi, legati ai contesti economici e politici ed è così anche per il ciclo 2028-2034. 

Nel ciclo 2000-2006 l’obiettivo era interno: la convergenza tra le regioni in ritardo di sviluppo e quelle più sviluppate. Tra il 2007 e il 2013 ci si era posti l’ambizioso traguardo di integrare i paesi dell’Est Europa. Nel ciclo 2014-2020 l’idea era di costruire un’Unione che riuscisse a competere con Usa e Cina su innovazione e capitale umano. Nel 2021-2027, con la scommessa del Next Generation EU, l’obiettivo è stato quello di costruire società resilienti in grado di affrontare meglio le crisi future. Per 2028-2034 si cambia totalmente paradigma: adesso l’emergenza sembra essere principalmente la guerra e la difesa, e tutto il resto assume importanza secondaria. 

Dopo il vertice della Nato che si è tenuto all’Aia il 24 e il 25 giugno 2025, dove i paesi europei si sono impegnati a destinare, entro il 2035, il 5 per cento del Pil annuo per “requisiti essenziali di difesa e per le spese legate alla difesa e alla sicurezza”, era chiaro che il bilancio pluriennale dell’Ue ne sarebbe stato condizionato. Peraltro, anche il documento del 16 ottobre della Commissione sul tema (Joint communication to the European Parliament, the European Council and the Council – Preserving Peace – Defence Readiness Roadmap 2030) prevede espressamente di mobilitare investimenti pubblici e privati attraverso il nuovo quadro finanziario pluriennale (Mff), proponendo risorse sostanziali per difesa e spazio (Fondo per la competitività, Horizon Europe), e anche attraverso la Banca europea per gli investimenti. Come ha spiegato il commissario Ue alla Difesa, Andrius Kubilius, entro il 2035 tra risorse pubbliche e private si prevede di investire circa 6.800 miliardi di euro nella difesa, provenienti principalmente dai bilanci nazionali, ma con un importante contributo comunitario. E infatti, nella proposta di bilancio Ue, nella Rubrica 2, che contiene anche il Pilastro 2 (Fondo per la competitività), si riservano 131 miliardi di euro per difesa, sicurezza e spazio. Ed è anche questa la chiave di lettura per la maggiore flessibilità nell’allocazione dei fondi, per la centralizzazione della programmazione nei Piani nazionali e regionali di partenariato, e per il processo decisionale per l’approvazione dei Piani che passa dalla Commissione europea al Consiglio.

Coesione e Pac ne fanno le spese

In questa impostazione, che si avvicina a una “economia di guerra”, politiche di coesione e Pac perdono la loro centralità nel bilancio (passando dal 62 per cento delle risorse nella programmazione 2021-2027 al 39,5 per cento del bilancio in quella 2028-2034) e i concetti guida place based e governance multilivello, alla base della politica di coesione degli ultimi trent’anni, scompaiono dalla programmazione europea.

Nel discorso della presidente Ursula von der Leyen al Parlamento europeo del 12 novembre su architettura e governance del nuovo Quadro finanziario pluriennale 2028-2034 sono emerse alcune aperture, come l’assicurazione di un minimo di 218 miliardi per le regioni meno sviluppate e un minimo di 294 miliardi per il sostegno al reddito degli agricoltori. Quanto alla governance multilivello, la presidente ha affermato che le regioni saranno coinvolte mantenendo un dialogo diretto con la Commissione e con un maggiore controllo sui piani nazionali e regionali per garantire la continuità degli investimenti nelle regioni. Ma nella sostanza resta immutato l’impianto del bilancio: centralizzato, flessibile e con un deciso incremento delle spese per la sicurezza energetica e la difesa.

Se il nuovo impianto di bilancio propone un’Europa più reattiva di fonte alle sfide della geopolitica o dell’intelligenza artificiale, resta centrale il rischio che la corsa al rafforzamento di sicurezza energetica e difesa (anche nella modalità dual use) a scapito delle politiche regionali indebolisca su diversi fronti il progetto comunitario, invece di rafforzarlo, alimentando così l’euroscetticismo dei territori. Se si riduce il peso di Pac e politica di coesione si indebolisce l’unico strumento che l’Unione europea ha per mostrare ai cittadini delle regioni meno sviluppate che l’orizzonte europeo conviene soprattutto a chi è più indietro. 

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!