I fondi pensione hanno un ruolo fondamentale nella strategia di crescita della Comunità europea e sono un motore nello sviluppo del mercato unico dei capitali. Per spingere i lavoratori ad aderirvi arriva il principio della sottoscrizione automatica.
Finalmente i fondi pensione
Uno dei passaggi più attesi per la realizzazione della Savings and Investments Union si sta finalmente realizzando. L’obiettivo delle misure sinteticamente descritte nei nostri precedenti interventi è quello di superare la frammentazione dei mercati e offrire ai risparmiatori un contesto (di prodotti e infrastrutture) che li incentivi a scommettere su nuove opportunità di investimento in Europa; una mobilitazione di risorse che rischia però di rimanere sulla carta in assenza dell’altro grande protagonista in grado di veicolare investimenti per la crescita della Comunità e cioè gli investitori istituzionali.
La Savings and Investments Union ha focalizzato la sua attenzione soprattutto sui fondi pensione, considerati di fatto la sfida più importante sulla quale il mercato unico dei capitali si gioca il suo futuro. Il peso delle finanze pubbliche e le contemporanee tendenze demografiche attribuiscono al pilastro della previdenza complementare un ruolo imprescindibile nel welfare per le nuove generazioni, con un conseguente volume di fuoco di investimenti, che, se opportunamente “accompagnato” da conseguenti politiche regolatorie, potrà rappresentare una potente iniezione di capitali sul mercato.
Il duplice obiettivo – sicurezza finanziaria per i cittadini europei e flussi di capitale per la crescita – presuppone un deciso incremento della ancora scarsa adesione ai fondi pensione negli stati membri, definendo un terreno comune per lo sviluppo di operatori solidi e soprattutto in grado di gestire una adeguata dimensione di asset. Secondo gli ultimi dati, infatti, solo il 20 per cento degli europei aderisce a uno schema pensionistico e solo il 18 per cento ha un prodotto pensionistico individuale, con una copertura particolarmente bassa per i giovani, i lavoratori part-time e le donne. In altri termini, nella Comunità i fondi pensione non mancano, ma sono poco sviluppati e ancora troppo piccoli.
La spinta gentile della sottoscrizione automatica
Con la comunicazione Enhancing the capacity of the EU supplementary pension sector to improve retirement, income and supply long-term capital to the EU economy del 20, novembre 2025, la Commissione introduce ora il principio della sottoscrizione automatica per ogni lavoratore, con possibilità dell’opting-out, considerata una modalità “facile ed efficiente” e “catalizzatore per sbloccare la crescita di scala e una maggiore profondità dei mercati delle pensioni aziendali e professionali”. Seguendo l’ormai affermato approccio regolamentare ispirato dalle teorie comportamentali e dai dettami del nudge, da molto tempo si discute della opportunità di promuovere l’auto-enrolment negli schemi pensionistici complementari, secondo una pratica già diffusa in molti paesi. È una strada che presuppone scelte legislative delle singole giurisdizioni e che si è quindi tradotta in un atto di soft law, e cioè una raccomandazione. Ma è innegabile che molti paesi – anche con una tradizionale e consolidata matrice pubblica dei sistemi previdenziali, compreso il nostro – si orientano verso scelte di incentivazione della previdenza complementare, alla luce delle tendenze di medio e lungo periodo della spesa pensionistica.
Secondo la Commissione, l’adesione automatica dovrebbe essere accompagnata da misure che individuino il teatro dei potenziali aderenti e la tipologia di fondi, con le relative linee di investimento, a questi funzionali. Sempre in linea con l’impostazione tipica delle politiche regolamentari ispirate alle scienze cognitive, la via indicata è quella di definire le opzioni di default in modo chiaro e lineare, evitando un sovraccarico di informazioni che potrebbero incrementare la complessità della scelta e quindi disorientare i destinatari. L’ auto-enrolment dovrebbe, infine, essere facilitato da più “amichevoli” contesti fiscali incentivando la deduzione dei contributi.
Prudenti, ma non troppo
Si tratta di proposte ambiziose, ma la cui declinazione spetterà agli stati membri, e quindi la loro efficacia andrà valutata alla luce della concreta realizzazione, ma è indubbio lo sforzo, per la prima volta, di delineare un percorso programmatico per lo sviluppo e la diffusione della previdenza complementare. Con due importanti specificazioni, una di carattere squisitamente politico, l’altra che investe più direttamente le possibili conseguenze sulla maturazione dei mercati finanziari.
La prima riguarda l’affermazione, chiaramente scolpita negli intenti della Commissione, che lo sviluppo delle forme di previdenza privata non deve in alcun modo essere inteso come escamotage per abbassare le tutele (laddove previste, perché anche qui la situazione nei diversi stati membri non è omogenea) dei sistemi di copertura pubblica valorizzando, appunto, il paradigma della “complementarità”. La seconda è che l’auspicato e forte incremento delle adesioni ai fondi pensione si deve coniugare con un ampliamento delle griglie che delimitano le politiche di investimento. L’obiettivo viene perseguito attraverso una serie di interventi sulla direttiva Iorp (Institution for Occupational Retirement Provision).
Non è qui possibile soffermarsi sul complesso di queste misure, ma è importante sottolineare il passaggio della prudent person rule al prudent person principle come criterio di riferimento nella qualificazione delle scelte gestorie, un criterio che governa anche la responsabilità del gestore e che assume ora un evidente connotato di maggiore flessibilità proprio con la finalità di rendere meno rigidi i margini di diversificazione degli investimenti anche verso quegli asset sui quali la Comunità fa affidamento per incrementare l’afflusso di capitali “pazienti” e di lungo termine verso le imprese. E per meglio precisare la sua posizione, la Commissione chiarisce senza ombra di equivoco che anche gli investimenti nel private equity non possono di per sé essere considerati “imprudenti”, al contrario “they can be an essential component of a well-diversified, long term-oriented pension portfolio provided that their risks are clearly understood, and their market value can be reliably estimated and aligned with the objectives of the scheme” (“possono essere una componente essenziale di un portafoglio pensionistico ben diversificato e orientato al lungo termine, a condizione che i loro rischi siano chiaramente compresi e che il loro valore di mercato possa essere stimato in modo affidabile e allineato con gli obiettivi dello schema pensionistico”).
Ovviamente, la nuova versione della direttiva Iorp dovrà attraversare tutti i passaggi del processo legislativo comunitario e i tempi non saranno certo brevissimi, ma è un ulteriore tassello che attribuisce ai futuri fondi pensione un ruolo di grandi protagonisti nella strategia di crescita della Comunità e di motore essenziale nello sviluppo del mercato unico dei capitali. La speranza è che siano in grado di giocarlo fino in fondo.
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Francesco Vella insegna Diritto Commerciale e Diritto Bancario all’Università di Bologna. Nella sua attività di ricerca ha prodotto quattro manuali (tutti editi dal Mulino), quattro monografie e numerose pubblicazioni in volumi collettanei e riviste in materia bancaria, finanziaria e societaria. Ha ricoperto e ricopre incarichi in organismi di controllo e di amministrazione, come amministratore indipendente, in società quotate. E’ tra i soci fondatori dell’Associazione Disiano Preite. È membro della redazione della voce.info.
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