In Italia nell’ultimo anno e mezzo sono state varate nuove imposte per un ammontare pari a circa 4 punti di Pil. Stime dell’effetto dell’inasprimento fiscale portano a prevedere una contrazione dell’economia intorno ai due punti e mezzo nei prossimi due anni. Da aggiungere al -3 per cento del 2012.
Negli ultimi mesi del Governo Berlusconi e nel primo anno del Governo Monti sono state varate nuove imposte (centrali e locali) per un ammontare pari a circa 4 punti di Pil (stima del vice-direttore della Banca d’Italia, Salvatore Rossi, in una recente audizione parlamentare).
GLI EFFETTI
Per valutare l’effetto di questo shock fiscale sull’economia italiana è necessario usare un “moltiplicatore“, cioè una misura dell’effetto (probabilmente recessivo) di un inasprimento fiscale. Vi è un ampio dibattito sul valore del moltiplicatore delle tasse. Christina e David Romer, dell’università di Berkeley, in un articolo pubblicato due anni fa sull’American Economic Review, e che ha fortemente influenzato la ricerca in questo campo, stimano per gli Stati Uniti, un moltiplicatore che raggiunge il valore di -3 dopo tre anni. In altre parole, un inasprimento fiscale pari a un punto di Pil ne riduce il livello, su quell’arco temprale, di 3 punti.
In una ricerca che applica una metodologia simile a un campione di quindici paesi Ocse, Alberto Alesina, Carlo Favero ed io stimiamo, per l’Italia, un moltiplicatore che è pari a poco meno di – 1.0 a un anno di distanza dallo shock fiscale e che poi sale fino a circa – 2.0 dopo due-tre anni.
I conti tornano: a meno di un anno di distanza dallo shock fiscale, il Pil italiano è sceso di due punti e mezzo, con un moltiplicatore pari a – 0,65.
Se il 2012 si chiuderà con una crescita negativa vicino a – 3 per cento, il moltiplicatore sarà pari a – 0,75. Se crediamo alle stime del moltiplicatore citate sopra — e pur escludendo i valori “estremi” stimati dai Romer — nei prossimi due anni l’economia, in assenza di variazioni nella politica fiscale, si contrarrà di altri due punti-due punto e mezzo.
Alla luce di questi conti, mi chiedo che cosa possa indurre all’ottimismo sulla crescita e che cosa giustifichi l’annuncio che “si inizia a vedere un po’ di luce in fondo al tunnel”.
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