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Politiche del lavoro

La riforma del mercato del lavoro è la grande incompiuta del governo Monti. Sulla carta è una legge molto ambiziosa, ma diverse misure sono destinate a dimostrarsi inefficaci e ad aumentare il grado di incertezza. Il tavolo sulla produttività è un’occasione persa per un nuovo patto sociale.

La riforma del mercato del lavoro è la grande incompiuta del governo Monti. Sulla carta la legge 92 (la cosiddetta riforma Fornero) è molto ambiziosa: affronta tutti i principali problemi, dall’entrata nel mercato del lavoro alla cosiddetta “flessibilità in uscita”, dal riordino degli ammortizzatori sociali al dualismo fra lavoratori precari e lavoratori assunti con i contratti a tempo indeterminato. Purtroppo, questa ampiezza avviene a scapito della profondità e scontenta tutte le parti in causa.

COSA È STATO FATTO: UNA RIFORMA INCOMPIUTA

Molte misure sono destinate a essere inefficaci e ad aumentare il grado di incertezza sul mercato del lavoro. Anziché ridurre il ruolo dei giudici nel contenzioso, tendono a potenziarlo, come segnalato dalla prima giurisprudenza sulla nuova legge. Aumenta così l’incertezza sui costi dei licenziamenti. Come giustamente dice il ministro, saranno comunque i dati a dirci a breve quanto la riforma abbia cambiato lo status quo. Per il momento, l’unica cosa certa è che il contratto di apprendistato, il veicolo principale per l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro nelle intenzioni del legislatore, non decolla, tant’è che si pensa di cambiargli nome (!). La cosa più grave è che continua a non esserci canale di ingresso verso la stabilità.
Ed è significativo il fatto che il Governo Monti nel giorno stesso in cui ha chiesto la fiducia sulla riforma, si sia impegnato a cambiarla. In effetti, la circolare emessa dal ministro Fornero sui contratti a termine una settimana fa è tutt’altro che una semplice interpretazione della riforma. È già una riforma della riforma perché si demanda alla contrattazione la determinazione delle modalità del passaggio da un contratto a tempo determinato all’altro.

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COSA SI POTEVA FARE

Anche il tavolo sulla produttività non sembra avere portato sin qui a risultati di rilievo. Poteva essere l’occasione per un nuovo patto sociale, a vent’anni dallo storico accordo raggiunto da Carlo Azeglio Ciampi in un altro momento di grande difficoltà per il nostro paese. Poteva contemplare una significativa riduzione del cuneo fiscale in cambio di moderazione salariale, che assegnasse più spazio alla cosiddetta contrattazione di secondo livello, e di un blocco dei licenziamenti. Ma si è scelta un’altra strada. E il patto adesso appare molto lontano e, se anche un accordo fosse raggiunto in extremis, rischia di essere di basso profilo.
Infine, la riforma delle pensioni ha ignorato il mercato del lavoro nel mezzo di una crisi profonda. Anziché permettere pensionamenti a diverse età con riduzioni attuariali della pensione per chi si ritira prima dalla vita attiva, si è proceduto innalzando bruscamente l’età minima di pensionamento. Abbiamo così avuto il problema degli esodati ed esodandi, che rischia di non essere risolto nemmeno con l’ultimo emendamento alla legge di Stabilità. Il rischio è che il numero di esodandi sia una variabile fuori controllo, che dipenda dalle aspettative sull’azione di Governo. Se imprese e lavoratori si aspettano di essere salvaguardati da provvedimenti ad hoc, il numero di lavoratori esodandi probabilmente aumenterà invece che diminuire. Non si sono neanche aboliti i ricongiungimenti onerosi, che penalizzano chi cambia lavoro più spesso. È una misura iniqua che colpisce le donne e i giovani.

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  1. Mariella Carbone

    La riforma Fornero sul mercato del lavoro cerca di introdurre alcune novità ma allo stesso tempo di garantire un grado maggiore di stabilità all’interno del sistema. Dall’istituzione dell’ASPI fino alla creazione di un “congedo di paternità”, il ministro Fornero incentiva i contratti non più a tempo determinato o a progetto che in questi ultimi anni dominavano sullo scenario lavorativo e il contestato articolo 18 cercherà di limitare gli abusi del licenziamento. A parer mio la riforma potrebbe funzionare, resta ovvio che tutto dipenderà come sempre dalla capacità degli imprenditori e dei lavoratori di collaborare. Lo Stato fornisce delle semplice direttive, siamo noi a doverle applicare nel migliore dei modi. Stop agli abusi sui licenziamenti e sui contratti quali l’apprendistato per i giovani che tentano di affacciarsi sul mondo del lavoro.

    Mariella Carbone.

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