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Meglio il proporzionale

Benvenuta la virata verso il proporzionale nei progetti di riforma elettorale. Nel nuovo contesto federalista, infatti, questo sistema realizza meglio il principio della sovranità popolare. E per raggiungere gli altri obiettivi che una buona legge elettorale si prefigge, bastano alcune regole: premio di maggioranza, soglia minima, indicazione a priori del leader, candidature in un solo collegio, una preferenza assegnata all’elettore. Tutto ciò riguarda la Camera. Solo dopo averlo realizzato si potrà pensare al Senato federale e alle norme per eleggerlo.

Nel rimandare il governo Prodi alle Camere, il Presidente della Repubblica ha fatto esplicito riferimento alla “necessità prioritaria di una modificazione del sistema elettorale vigente”. E per la verità, già prima della crisi, si profilava una maggioranza, al governo e al Parlamento, a favore del sistema elettorale proporzionale.

Mezzi e fini di una legge elettorale

Si tratta di una virata di 180 gradi rispetto agli umori prevalenti fino a poco tempo fa, che non mettevano neppure in discussione il maggioritario; ed è da accogliere con favore. Beninteso, anche il maggioritario è preferibile alla vigente legge che ha espropriato gli elettori della possibilità di scelta dei candidati per consegnarla alle direzioni dei partiti. E se, con un’altra virata, si tornasse in quella direzione, va detto subito che, tra le tante forme di maggioritario, sarebbe più appropriato il maggioritario a doppio turno alla francese: in mancanza di un vincitore a maggioranza assoluta al primo turno, si fa il ballottaggio tra i quattro candidati più votati.
Ma si può fare molto meglio. Il problema è che la legge elettorale è un mezzo e non un fine. E come tale, va scelta dopo avere chiarito gli obiettivi e avere discusso le relazioni tra mezzi e fini.
Il discorso va per ora limitato alla Camera dei deputati, in attesa di sapere se e come, e con quali competenze, si farà un Senato federale.
I fini da assegnare alla legge elettorale sono: attuare in modo soddisfacente il principio della sovranità popolare in relazione ai compiti affidati al legislatore nazionale (fine primario); dare trasparenza al processo elettorale, per consentire all’elettore di sapere per quale governo e quale candidato vota; garantire la governabilità e quindi la formazione di una maggioranza alla Camera; frenare le spinte alla frammentazione dei partiti; ristabilire un contatto territoriale tra candidati ed elettori. Trattandosi di tanti obiettivi, si tratta di scegliere consapevolmente lo strumento che realizza il mix ritenuto migliore.
Il nuovo e peculiare contesto federalista dell’Italia, che non è gravato dalle “intoccabili identità” di paesi dove il federalismo è nato dall’unione di stati sovrani né è condizionato da divisioni religiose o etniche o linguistiche, e che tuttavia lascia alla Camera la competenza solo su temi di ordine davvero nazionale (difesa, giustizia, bioetica, eccetera), comporta l’obbligo morale di far pesare sul risultato il voto di ogni cittadino, anche se in minoranza nel proprio collegio elettorale. (1)
Ciò si realizza con il proporzionale, non con il maggioritario che dà al voto dell’elettore un peso pieno o un peso nullo a seconda che egli sia o no in sintonia con la maggioranza dei votanti nel suo collegio. Quanto all’obiettivo della trasparenza, si realizza con due regole: l’indicazione a priori del leader di ogni coalizione, che diventerà capo del governo in caso di vittoria; e il divieto di candidarsi in più di un collegio, per evitare la pluricandidatura-civetta del capopartito. L’obiettivo di evitare le spinte frazionistiche si ottiene non con il maggioritario, come è dimostrato proprio dal caso italiano, ma imponendo a ciascun partito un’adeguata soglia minima di voti (almeno il 4 per cento). E la governabilità, che viene vista come il gran merito del maggioritario, è in realtà assicurata meglio, cioè senza eccezioni e con più equilibrio, dal premio di maggioranza in un sistema proporzionale. Per quanto riguarda l’ultimo obiettivo, che vuole ristabilire un contatto tra elettore e candidato, è per definizione negato in un sistema maggioritario che arrivi a un’unica candidatura di partito o coalizione per collegio, così come è negato nell’attuale sistema proporzionale senza preferenze rispetto alla graduatoria dei candidati fissata dal partito. È invece garantito in un sistema pluralista, anche maggioritario ma più tipicamente proporzionale, che conceda a ciascun elettore la facoltà di esprimere almeno una preferenza. Una facoltà da mantenere anche in ipotesi di elezioni primarie, che andrebbero facilitate ma non rese obbligatorie.
Riassumendo: voto proporzionale; premio di maggioranza; soglia minima; indicazione a priori del leader; candidature in un solo collegio; una preferenza assegnata all’elettore anche in presenza di votazioni primarie. E una volta fatto questo, sarà tempo di parlare di Senato federale, modificando la Costituzione, e della relativa regola elettorale.

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(1) Per una trattazione più diffusa dell’argomento vedi il mio articolo su Il Mattino di Padova del 22.5.2006.

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20 commenti

  1. Gaetano Criscenti

    Sono in disaccordo con le sue argomentazioni: poste per vere le finalità che Lei riassume all’inizio dell’articolo, le sue conclusioni non sono per niente in linea con gli obiettivi.
    Parto dall’elettore e dalla necessità, da Lei dichiarata, di avvicinare eletti ed elettori: è indubbio che tale vicinanza, tale controllo dell’operato dell’eletto, si ottiene solo con collegi di ridotte dimensioni e nei quali viene eletto uno,o al massimo due deputati; in tale sistema di cose il maggioritario arriva con i fatti reali: è difatti inutile presentare liste su liste con tanti nomi , se , alla fine, in quel collegio , verrà eletto solo un deputato.
    Lei, inoltre, accenna alla necessità (in effetti Lei lo definisce un “obbligo morale”) di far pesare ogni voto, anche quello minoritario; in effetti è quello che è sempre successo al Senato con la regola del ricalcolo a livello nazionale o regionale dei voti. Ma questo sistema dà come risultato un certo numero di deputati senza mandato elettorale, deputati più del partito che degli elettori! E questo è francamente l’opposto di quanto si era detto prima a proposito del mandato elettorale e del peso dei voti. Inoltre nella democrazia più vecchia del mondo, tutti i deputati sono eletti a maggioranza semplice a turno unico, senza che questo faccia sentire particolarmente frustrati gli elettori che in hanno votato per candidati sconfitti: questo perchè la ridotta dimensione del collegio, ed il fatto che esprima un solo deputato fa si che il controllo sugli atti ed il comportamento dell’eletto è fortissimo! Il vero obbligo morale è assicurare la trasparenza e la vera rappresentatività oggi negate !
    In un maggioritario, a turno unico o doppio, la frammentazione viene immediatamente ridotta e non si ha neanche il fenomeno della pluricandidatura! Per quanto attiene al premio di maggioranza , questo può essere tranquillamente assegnato , dando per eletti coloro che , pur sconfitti, hanno ottenuto il miglior risultato propozionale.

    • La redazione

      Il piccolo collegio del maggioritario facilita l’incontro tra eletti ed elettori ma non è condizione necessaria né sufficiente. Ci può essere contatto anche in una vasto collegio nell’ambito del sistema proporzionale se i candidati derivano dal territorio mentre il contatto nel piccolo collegio uninominale è fasullo se il candidato è imposto dal partito, come nell’ultima tornata elettorale in Italia.In ogni caso, rispetto al contatto con il candidato locale, pesa di più l’esigenza di rappresentare correttamente le preferenze degli elettori sulle piattaforme elettorali.

  2. mario giaccone

    finalmente una persona autorevole e al di sopra di ogni sospetto di interesse di parte che dichiara che il re (maggioritario) è nudo! Il maggioritario venne propagandato come lo strumento per mettere fine al trasformismo (sic!) per la governabilità (dando invece luogo a una “dittatura della maggioranza” intollerabile), ha ristretto i meccanismi di accesso e di ricambio delle elite, facendoci il paese più gerontocratico dopo la Cina Popolare (per non parlare del tracollo nel rating della libertà di espressione).
    in particolare l’esperienza di 13 anni ci segnala 3 fenomeni chiave.
    1) in assenza di uno stato molto forte, con una forte legittimazione nell’intervento sociale (come quello francese, non certo quello italiano), il sistema maggioritario riduca drasticamente il livello di coesione sociale e ci allontani dal modello sociale europeo;
    2) nei sistemi maggioritari prendono più facilmente piede processi di imbarbarimento del dibattito politico (si pensi al fenomeno dei giornali e delle Tv di Murdoch) e si formano nella destra blocchi di tipo fondamentalista del tipo la “moral majority” americana (oggi teo-com o teo-dem) , con forme diverse in ciascun paese;
    3) in assenza di livelli elevati di civicness (almeno sulla media europea di Algon e Cahuc, 2006), il miglioramento della governabilità si può apprezzare all’interno della singola legislatura, mentre produce spinte di tipo “vendicativo” in caso di cambio di maggioranza (basti vedere temi chiave come scuola, mercato del lavoro e relazioni industriali) che frenano processi di modernizzazione competitiva di tipo infrastrutturale e regolativo, che per il loro carattere di lungo termine vanno oltre la durata della legislatura
    Nel caso italiano ho la sensazione che la restrizione della competizione politica legittimi forme di restrizione della competizione economica laddove la dimensione d’impresa è elevata: senza proporzionale, non avremo mai una seria legge (super partes) sul conflitto d’interessi.

    • La redazione

      Grazie. Condivido buona parte dei timori sul maggioritario, senza nascondere tuttavia che, se non cresce la cultura politica, nessun sistema elettorale ci metterà al riparo da imbarbarimenti della competizione politica.

  3. gianluca

    l’unica modalità di evitare la frammentazione è agire sui rimborsi elettorali, non sulle soglie di sbarramento…

    • La redazione

      Come? Una soglia che impedisse il rimborso ma non l’elezione risulterebbe contraddittoria. Una soglia che impedisse sia il rimborso che l’elezione sarebbe eccessivamente punitiva.

  4. Fernando Luigi Fiori

    Onestamente quanto sostenuto dal sig. Muraro non mi convince: oggi il problema non è quello di essere o meno in sintonia con la parte vincente per vedere realizzato il proprio voto, e del resto uno sbarramento anche del 2 % escluderebbe comunque qualcuno…. il vero problema è quello di consentire ai molti cittadini, che per onestà, scelta e cultura non sono iscritti ai partiti politici, di poter concorrere con le primarie all’indicazione dei migliori candidati e poi eleggerli con il sistema maggioritario. Oggi grazie al porcellum di Berlusconi e Calderoli abbiamo in Parlamento personaggi imposti dalle segreterie dei partiti, parechi dei quali con discreti pedigree penali oltre a veline più o meno avvenenti.

    • La redazione

      Sono anch’io attratto dall’idea delle primarie; ma non so se convenga renderle obbligatorie, anche perché, prima che esse si radichino in un comportamento diffuso, rischiano di dare uno strapotere agli iscritti ai partiti, massicciamente presenti alla primarie, rispetto agli elettori non iscritti.

  5. efpi

    Il ballottaggio con più di due candidati è il solito pasticcio all’italiana; il ballottaggio è di per sè tra due soli candidati, altrimenti basta un turno, che fa risparmiare pure i soldi.

    • La redazione

      Ho citato approssimativamente il sistema francese dove si presentano al secondo turno i candidati che hanno avuto con più del 12,5% dei voti al primo turno.In un sistema orientato al bipolarismo, saranno di fatto solo due i candidati al ballottaggio. In un sistema con diversi partiti rilevanti, invece, è bene che ci sia la possibilità di cercare nuove coalizioni nell’intervallo tra le due votazioni.

  6. Luigi D. Sandon

    Non credo che sia tanto la formula a cambiare tanto le cose specialmente maggioritario a doppio turno e un proporzionale con premio di maggioranza, entrambi dimostrano di funzionare abbastanza bene se applicati con senno e senza furberie all’Italiana.
    Sono sicuramente da eliminare le candidature multiple e le liste bloccate. Io andrei oltre, “obbligando” l’elettore a esprimere una chiara preferenza per un candidato, senza automatismi. È l’unico modo per ristabilire il rapporto fra eletto ed elettori.

    • La redazione

      Concordo con lo spirito del commento e condivido la tesi sull’importanza dei comportamenti,ma credo al ruolo delle regole e non penso che si possa rendere obbligatoria l’espressione della preferenza..

  7. Mario Zen

    Finalmente qualcuno che scrive cose sensate sulla legge elettorale senza essere succube ideologicamente di esperienze anglosassoni, dai quali noi prendiamo a modello anche le cose superate, come le loro leggi elettorali. Concordo in particolare sulla affermazione che il sistema elettorale è un mezzo e non un fine e aggiungo che la rapopresentanza dovrebbe essere basata sugli interessi e non sul territorio.
    In altre parole: ognuno di noi vive in un collegio elettrorale, lavora in un altro, ha interessi in un altro ancora. Pensiamo alle grandi città che sono divise artificiosamente in collegi diversi. La rappresentanza basata sui collegi uninominali è anacronistica perchè tipica di una economia basata sul territorio come nelle società rurali. Vi sono poi gli aspetti legati alla mancata rappresentanza del possibile quasi 50% della popolazione, come si è visto in Sicilia nel 2001.
    Senza voler pensare ad organi di rappresentanza del genere “camera delle corporazioni” meglio un sistema parlamentare in cui gli interessi sono rappresentati dai partiti, con la frammentazione disincentivata dall’introduzione di una soglia di sbarramento o da premi di governabilità legati alle coalizioni.

    • La redazione

      D’accordo, soprattutto quando il Parlamento, nel nuovo contesto federalista, è chiamato a decidere su temi che toccano tutti i cittadini indipendentemente dal collegio di residenza.

  8. daniele v

    In generale sono d’accordo con il contenuto dell’articolo. Un Proporzionale “fatto bene” potrebbe essere anche piu’ aspicabile (nonche’ facile da raggiungere) rispetto al maggioritario.

    Credo pero’ che il motivo della forte stabilita’ di alcuni governi eletti con voto proporzionale stia non soltanto nel livello di sbarramento, ma anche nell’esistenza del voto di sfiducia costruttiva.

    Mentre legare per legge, come qualcuno ipotizza, la sfiducia del governo allo scioglimento delle camere risulterebbe incostituzionale, lo stesso non vale per il voto di sfiducia costruttiva.

    Sebbene questa modalita’ venga usata poco anche laddove esiste, ha la funzione di forte deterrente allo sfiduciare il governo. Di fatto aumentando la stabilita’.

    Tutto il contrario dell’Italia: dove le crisi addirittura avvengono fuori dal parlamento. Questo si’ che rende il parlamento non piu’ sovrano di scegliere il governo, e sposta questo potere nelle stesse segreterie di partito dove si consumano trasformismi e clientelismi.

    • La redazione

      Concordo pienamente nell’auspicare l’introduzione del voto di sfiducia costruttiva.

  9. camillo

    Io dividerei i problemi della rappresentatività e della governabilità.
    Per quanto riguarda quest’ultima, oltre allo strumento della “sfiducia”, non vedrei come penalizzante per la democrazia il principio che preveda che il governo, dopo aver ricevuto la fiducia iniziale a maggioranza, possa garantire la propria operatività ponendo la questione di fiducia con una soglia inferiore, per poter assorbire una certa percentuale (bassa…) di voti contrari dovuti a posizioni personali (magari in coerenza con quanto dichiarato ai propri elettori al momento della richiesta della loro delega).
    Penso che le ultime elezioni negli Stati Uniti, in Germania, in Italia ed in Austria dimostrino che la “sostanziale parità” non sia un fatto casuale, ma probabilmente il risultato di un’evoluzione del modo di vedere la politica e del sistema di comunicazione.

    • La redazione

      Temo che non si possa accettare che la fiducia possa essere data a minoranza. D’accordo sulla diagnosi di “sostanziale parità” nei sistemi contemporanei, mi pare che ciò rafforzi la proposta di un premio di maggioranza come unica soluzione certa per la governabilità.

  10. FILIPPO CRESCENTINI

    Meglio il maggioritario a doppio turno alla francese. Il sistema funziona per i sindaci ecc. Funzionerebbe anche per eleggere i deputati e garantirebbe bipolarismo e governabilità. Se poi si volesse porre l’accento sulla rappresentatività e sul cosiddetto “diritto di tribuna”, andrebbe bene anche una quota della Camera dei deputati (non più del 25%) eletta con il proporzionale, sulla base dei voti riportati dai candidati al primo turno, sommati tra loro, a livello nazionale, e con i seggi disponibili ripartiti secondo il metodo proporzionale, ma solo tra le forze politiche che avessero superato il 5% a livello nazionale oppure il 20% a livello di una singola regione.

  11. Michele Perbellini

    Innanzi tutto complimenti per l’articolo: mi è piaciuto. Aggiungerei un ulteriore aspetto non giuridico ma politico: la storia. L’italia è il paese dei campanili, delle differenziazioni (croce e delizia) e sarebbe, a mio modo di vedere, corretto rispettare questo aspetto. La legge elettorale proporzionale consente il rispetto e la valorizzazione delle differenze. Detto questo aggiungo che, tuttavia, per evitare il duplice rischio connesso a tale tipologia di legge elettorale (tutti contro tutti e proliferazione di partitini) è necessario che i partiti siano vincolati ad un patto preventivo di schieramento ed è altrettanto essenziale una quota ragionevole di sbarramento(3-4%). Grazie per lo spazio concesso.

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