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Una “cura” per i deficit della sanità

Il deficit accumulato dalla sanità pubblica nel periodo 2002-2005 supera i 17 miliardi. E le previsioni non indicano alcuna inversione di tendenza. Tuttavia, alcune Regioni perseguono armonicamente gli obiettivi di politica sanitaria e di bilancio. Mentre le amministrazioni che hanno disavanzi enormi difficilmente troveranno gli incentivi per migliorare le proprie prestazioni nel vincolo di bilancio soffice imposto dal governo. I risultati di una simulazione che ipotizza un aumento del 30 per cento dell’aliquota dell’addizionale Irpef.

Dal 2000, la spesa sanitaria pubblica in Italia è cresciuta mediamente, in termini reali, del 2,5 per cento, ovvero oltre un punto in più rispetto alla crescita registrata per il Pil. Eppure, nonostante il costante e cospicuo aumento delle risorse disponibili, la sanità pubblica sembra vivere in uno stato di cronico sottofinanziamento.

Il miraggio del pareggio
La tabella 1 documenta come le situazioni di disavanzo si ripetano nel quadriennio 2002-2005. Complessivamente, lo squilibrio (al netto degli avanzi regionali), ammonta a 17,1 miliardi di euro, con una media annuale pari a oltre 4 miliardi. I risultati del biennio 2004-05 evidenziano la gravità della situazione finanziaria, mentre le previsioni del ministero dell’Economia per il 2006 e del modello Sanimod del Ceis Tor Vergata per il periodo 2007-2009 non segnalano alcuna inversione di tendenza.
La Finanziaria per il 2007 prevede per lo stesso periodo il raggiungimento di un sostanziale pareggio attraverso l’aumento delle risorse disponibili e risparmi di spesa di 3 miliardi per il 2007, 3,3 miliardi per il 2008 e 4,2 miliardi per il 2009. La recente storia ci dice però che le probabilità di successo sono minime, data la spiccata tendenza dei policy maker a sottostimare il finanziamento necessario e a sovrastimare l’efficienza del sistema. E la tabella 2 testimonia che anche tra il 2006 e il 2009 la tendenza sarà di continuare ad accumulare disavanzi, pur se su livelli più contenuti.

Aumento delle addizionali e riduzioni di spesa

Lazio, Campania e Sicilia  sono responsabili di oltre il 50 per cento del deficit sanitario nazionale. È dunque cruciale individuare i margini di manovra che queste Regioni hanno per riuscire a ripianare i loro enormi disavanzi.
La tabella 3 riporta i risultati di una simulazione in cui si aumenta del 30 per cento l’aliquota dell’addizionale Irpef regionale. Nelle prime due colonne sono riportate la percentuale di contribuenti con tassazione positiva (non esentati) e la tassazione media. Nelle colonne da 3 a 5 sono riportati i deficit pro capite corretti per il numero di contribuenti effettivi dal 2006 al 2008. Nelle colonne da 6 a 8 sono riportati i rapporti tra deficit pro capite e tassazione effettiva pro capite, al fine di avere un’idea di quanto rilevante sia il peso del disavanzo sul totale delle entrate da addizionale Irpef. Infine, le ultime tre colonne riportano i dati che permettono di capire quanto del deficit è colmabile grazie all’aumento dell’aliquota dell’addizionale regionale e quanto dovrebbe eventualmente essere colmato attraverso riduzioni di spesa. La comparazione intertemporale di questi dati mostra come, per il 2006, la manovra fiscale sarebbe stata da sola capace di azzerare il deficit in Valle d’Aosta, Marche, Puglia e Basilicata, e coprirne una parte comunque consistente in Lombardia, Trentino e Umbria. In tutte le altre Regioni, l’aumento delle aliquote non sarebbe stato in grado di determinarne l’azzeramento. Anzi, si sarebbero generate risorse capaci di coprirne meno del 15 per cento in Lazio, Molise e Campania e solo poco più del 20 per cento in Sicilia. Nel complesso dunque, in moltissimi casi l’abbattimento del deficit per via fiscale avrebbe imposto un aumento delle aliquote così elevato da risultare politicamente non attuabile.
I dati del 2007 e del 2008, grazie all’aumento delle risorse stabilite a livello centrale, evidenziano un importante fattore di novità rispetto al passato. L’aumento della tassazione locale riuscirebbe a generare surplus in quasi tutte le Regioni, con l’eccezione di Lazio, Abruzzo e Molise.
L’approccio basato sullo stanziamento di maggiori risorse rischia però di penalizzare la razionalizzazione delle spese. Gli unici esempi in questa direzione sono quelli offerti dalle Regioni che hanno sottoscritto i Piani di rientro (Abruzzo, Campania, Lazio, Liguria e Molise) grazie ai quali, tuttavia, amministrazioni poco virtuose potranno beneficiare di un congruo contributo statale per il ripiano del debito cumulato fino al 31 dicembre 2005.
Il fatto che alcune Regioni riescano ad avvicinarsi al pareggio senza compromettere in modo significativo la qualità dell’assistenza, pone una questione dalla quale sarebbe miope continuare a prescindere. Da un lato vi sono amministrazioni che dimostrano di poter essere autosufficienti e perseguono armonicamente gli obiettivi di politica sanitaria e di bilancio; dall’altra vi sono amministrazioni che nel vincolo di bilancio soffice imposto dal governo difficilmente troveranno gli incentivi per migliorare le proprie prestazioni. Lungi da noi l’idea che lo Stato centrale non debba mettere a disposizione risorse aggiuntive per una migliore sanità, ma che senso ha continuare a finanziare le Regioni meno efficienti non vincolandole al conseguimento di miglioramenti significativi

Leggi anche:  Ma la "tessera a punti" può far bene alla salute

 

Tab.1 – Spesa e finanziamento corrente del SSN

(risultati finali di gestione anno 2005 – in mln di euro)

Costi Totali

Ricavi
Totali

Rettifiche concordate con le Regioni +
Correzioni e integrazioni.

Disavanzo

Disavanzo al netto degli avanzi regionali

2002

81.025,0

78.134,0

-2.890,6

-2.925,5

2003

83.668,9

81.417,4

-2.251,5

-2.475,4

2004

91.986,6

85.725,5

-225,9

-6.486,9

-7.081,0

2005

96.535,2

92.148,1

-84,8

-4.471,9

-4.610,4

Fonte: Relazione Generale Corte dei Conti (2006)

Tab.2 – Simulazioni spesa sanitaria

(mld di euro correnti)

Anni

Valori FSN
(1)

Valori
reali
(2)

Nostre Stime
Scen. base
(3)

Deficit

(2) –(1)

(3) –(1)

2002

78,1

81,0

80,3

-2,9

2003

81,4

83,7

84,0

-2,3

2004

85,5

91,8

91,4

-6,5

2005

92,1

96,5

97,3

-4,5

2006

93,2

98,7

-5,5

2007

99,1

102,3

-3,2

2008

102,0

105,4

-3,4

2009

105,1

108,7

-3,7

Fonti: Relazione generale sulla situazione economica del paese (2005), Relazione Corte dei Conti (2005), Stime SANIMOD.

 

Tab.3 – Effetti di un aumento dell’addizionale regionale sul deficit

IRPEF

Deficit per contribuente effettivo (euro)

Rapporto tra deficit per contribuente effettivo e addizionale IRPEF media esistente (%)

% di deficit eliminabile
con aumento tasse (+30%)(*)

Contribuenti effettivi
(%)

Addizionale media per contribuente effettivo (euro)

2006

2007

2008

2006

2007

2008

2006

2007

2008

(1)

(2)

(3)

(4)

(5)

(6)

(7)

(8)

(9)

(10)

(11)

Piemonte

61.6

260

237,9

59,9

61,1

2,92

10,23

11,69

32,8

>100,0

>100,0

Val d’Aosta

64.7

170

33,4

0,0

0,0

0,00

0,00

0,00

>100

S

S

Lombardia

61.7

260

88,0

10,1

9,7

39,11

46,53

49,23

88,6

>>100,0

>>100,0

Trentino

60.5

170

69,3

0,0

0,0

60,64

70,75

80,86

73,6

S

S

Veneto

59.4

240

168,1

37,0

37,7

51,37

60,44

63,46

42,8

>100,0

>100,0

Friuli

63.1

170

193,7

33,3

33,1

31,13

38,92

38,92

26,3

>100,0

>100,0

Liguria

61.0

170

126,9

30,6

33,6

177,15

189,37

201,58

40,2

>100,0

>100,0

Emilia Romagna

64.8

170

252,5

39,6

40,3

88,93

102,26

106,71

20,2

>100,0

>100,0

Toscana

59.8

160

123,8

7,6

7,2

76,16

90,80

93,73

38,8

>>100,0

>>100,0

Umbria

56.7

180

61,4

0,0

0,0

92,42

103,97

103,97

87,9

S

S

Marche

56.6

230

0,0

0,0

0,0

35,75

45,97

45,97

S

S

S

Lazio

53.2

190

520,6

104,7

114,0

301,94

322,83

334,23

10,9

54,4

50,0

Abruzzo

49.2

150

291,5

54,2

58,3

242,39

263,46

274,00

15,4

83,0

77,1

Molise

43.3

140

670,9

93,9

102,5

359,14

359,14

410,44

6,3

44,7

41,0

Campania

35.5

150

390,4

31,8

35,9

416,73

449,29

465,57

11,5

>100,0

>100,0

Puglia

42.0

210

0,0

0,0

0,0

22,43

33,64

36,45

S

S

S

Basilicata

41.4

140

0,0

0,0

0,0

0,00

28,88

28,88

S

S

S

Calabria

35.4

140

104,7

9,5

8,9

10,04

30,12

30,12

40,1

>>100,0

>>100,0

Sicilia

37.4

140

146,4

18,4

20,0

187,20

213,94

221,58

28,7

>100,0

>100,0

Sardegna

43.8

150

186,5

26,4

26,5

212,90

240,67

249,92

24,1

>100,0

>100,0

(*) “>100”: l’aumento delle tasse azzera il deficit e genera surplus.
“>>100”: l’aumento delle tasse azzera il deficit e genera forti surplus.
“S”: surplus indipendentemente dall’aumento delle tasse.

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  1. Mussari Ferdinando

    E’ interessante notare come l’approccio di cura sia in tendenza con il comportamento del ministro dell’economia di far pagare di più tasse a chi già paga.
    Prendiamo il caso calabria, sicilia e campania; i vostri dati mettono in evidenza che sono il 35% della popolazione che contribuisce a pagare il ripiano con gli aumenti dell’irpef, visto che ci siamo perchè non fargli pagare anche il caffè?
    Cerchiamo di fare qualcosa di corretto introducendo metodologie scientifiche all’interno della macchina amministrativa pubblica, e introduciamo elementi di responsabilità economica-finanziaria più stringenti per i professionisti del sistema. la più grande risorsa del SSN sono le persone, è da li che si parte per risolvere i problemi.

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