Lavoce.info

SALARI PIU’ ALTI PER LA LOCOMOTIVA GERMANIA

La Germania affronta meglio di altri paesi la crisi finanziaria: non deve fare i conti con una bolla immobiliare né con famiglie troppo indebitate. La cogestione ha permesso alle imprese tedesche di ristrutturarsi e il paese ha fondato la sua più recente crescita su moderazione salariale ed esportazioni. Il rovescio della medaglia sono i consumi privati bassissimi. Il governo tedesco deve perciò intervenire con misure incisive e rapide per sostenere la domanda interna. Servono aumenti dei salari, ma anche politiche di bilancio permanenti, indirizzate alle famiglie più povere.

 

L’economia tedesca si trova in una situazione migliore rispetto a molti altri paesi per superare la crisi finanziaria. In Germania non ci sono né famiglie troppo indebitate né una bolla immobiliare. I consumi privati e pubblici sono rimasti piatti per anni e la crescita è stata trainata dalle esportazioni nette, grazie al successo del processo di ristrutturazione delle imprese: il sistema delle imprese non finanziarie è in salute.
Il precedente apprezzamento dell’euro e le recenti turbolenze finanziarie possono certo portare a una recessione, ma la Germania potrebbe anche uscire bene dalla crisi: dovrebbe però imporsi una crescita più equilibrata attraverso incrementi dei salari reali, per incoraggiare i consumi privati a lungo soffocati, e attraverso significative politiche di bilancio.

I MERITI DELLA COGESTIONE

La Germania ha ottenuto notevoli risultati economici negli ultimi anni: nel periodo 2006-07, ha registrato una crescita del 3 per cento, nonostante un deciso aumento dell’Iva. (…)
Alla base dei recenti successi ci sono riforme lungimiranti che tuttavia non sono arrivate dall’alto, come è invece accaduto nel Regno Unito di Margaret Thatcher, né da accordi tra industria, sindacati e governo, come è stato nel caso di Olanda e Irlanda. Le riforme si devono invece all’azione delle imprese, in genere in accordo con i consigli di sorveglianza e i sindacati: negli ultimi dieci anni le imprese tedesche hanno profondamente cambiato la pratica del lavoro e i livelli di retribuzione e ciò ha spinto notevolmente le esportazioni e la crescita.
Negli anni Novanta, la competitività della Germania era caduta a picco e il costo del lavoro (in dollari) era salito alle stelle. La risposta delle imprese tedesche è stata una massiccia globalizzazione e delocalizzazione (grafico 1). (…) Studi recenti dimostrano che le imprese tedesche che hanno aumentato l’occupazione nelle filiali straniere hanno anche mantenuto in patria un numero di posti di lavoro superiore a quello di aziende simili che però non hanno preso la strada dell’espansione all’estero. (1)
Il punto interessante è che la ristrutturazione è avvenuta senza alcuno sciopero, grazie in larga misura alla Mitbestimmung, ovvero alle pratiche di co-decisione. (2) Pratiche che sono state aspramente criticate da molta della letteratura economica anglosassone perché considerate una intollerabile intromissione nella libertà dei manager di tagliare i salari, licenziare i lavoratori e magari riservare a sé stessi compensi spropositati. Invece, coinvolgendo i rappresentanti dei lavoratori nelle decisioni strategiche, la cogestione tedesca ha facilitato un aggiustamento che altrimenti sarebbe stato accompagnato da un conflitto sociale ben più aspro e da un ben più alto numero di esuberi. La moderazione salariale e i miglioramenti di produttività che ne sono derivati sono stati sorprendenti, soprattutto se confrontati con quelli del contesto europeo (grafico 2 e 3).
(…)
Il rovescio della medaglia è stato la debolezza dei consumi privati. Per sette anni la spesa per consumi non è praticamente aumentata, in netto contrasto con quanto è accaduto nel resto d’Europa (grafico 4). Una strategia che privilegia la moderazione salariale e la crescita della produttività ha rafforzato i profitti e, in una fase successiva, gli investimenti, ma ha fatto ben poco per incrementare i redditi delle famiglie.

LA GERMANIA E LA CRISI

Le turbolenze finanziare rischiano ora di spingere la Germania in una lunga recessione. La natura asimmetrica della crescita recente rende il paese vulnerabile a cadute delle esportazioni di beni di investimento, perché gli investimenti globali si indeboliscono in risposta all’aumento repentino dell’incertezza. Il governo tedesco deve quindi intervenire in modo incisivo e veloce per sostenere i consumi privati. Negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in molti altri paesi Oecd sforzi simili servono a fronteggiare la caduta dei prezzi degli immobili e il forte indebitamento delle famiglie. Non è il caso della Germania, dove i prezzi delle case sono in discesa dal 1990, l’indebitamento delle famiglie è stabile e il risparmio alto e in crescita.
Come si possono incoraggiare i consumi? Ci sono due meccanismi. Il primo è attraverso l’aumento dei salari reali. In aprile, i ministri delle Finanze e il governatore della Bce Trichet hanno approvato una crescita dell’8 per cento degli stipendi nel settore pubblico (suddiviso in due anni) sulla base dell’argomento che a differenza di quanto accaduto in altri paesi, in Germania i salari reali richiedevano una correzione verso l’alto. (3)
E per l’industria meccanica sarebbe stato visto con favore un accordo al di sopra dell’inflazione: i negoziati si sono invece appena conclusi con un accordo assai moderato, che contribuirà ben poco alla crescita dei consumi.
I consumi possono però essere rilanciati anche attraverso adeguate politiche di bilancio. Il piano dovrebbe riflettere obiettivi di lungo periodo attraverso misure che incrementino la domanda (in particolare di consumo) nel breve periodo, ma che contribuiscano anche a migliorare il lato dell’offerta nel lungo termine. Le politiche di stimolo dovrebbero anche puntare a invertire la significativa crescita della diseguaglianza dei redditi e della povertà registrata in Germania dalla metà degli anni Novanta. (grafico 5)
Si dovrebbe approfittare di questa occasione per introdurre piani di spesa che non dovranno essere revocati in seguito, perché migliorano l’efficienza economica nel lungo periodo oppure perché si ripagano da soli, e per introdurre cambiamenti nel sistema di tassazione coerenti con gli obiettivi di lungo periodo. In questa categoria non rientrano misure come gli sgravi fiscali temporanei (“gli assegni che arrivano per posta”) o la riduzione dell’Iva. Possono anche essere necessari, ma in un clima di crescente incertezza, i tagli alle imposte dirette potrebbero trasformarsi in risparmio e quelli alle imposte indirette potrebbero contribuire alla deflazione dei prezzi. Da qui, la necessità di indirizzare le riduzioni di imposta o l’incremento dei sussidi alle famiglie più povere perché sono quelli che avranno il più forte impatto sui consumi nel breve periodo. Potrebbero rientrare in questi criteri anche contributi limitati nel tempo, da utilizzare per l’acquisto di particolari articoli correlati ad altri obiettivi statali, ad esempio la riduzione delle emissioni di CO2.
Altre politiche ancora potrebbero contribuire a sostenere la domanda e a raggiungere obiettivi di più lungo periodo. Tra queste, politiche di incentivo mirate a una maggiore partecipazione femminile al mercato del lavoro, politiche per migliorare la formazione e l’istruzione, oltre a investimenti in progetti che si autofinanziano, come quelli per le politiche ambientali. (…)

(1) S.O. Becker and M.-A. Muendler (2008). ‘The Effect of Fdi on Job Security’, The B.E. Journal of Economic Analysis and Policy,8, (Advances), Article 8, 1–44, 
(2) W. Carlin and D. Soskice (2008). “German economic performance: disentangling the role of supply-side reforms, macroeconomic policy and coordinated economy institutions”, Socio-Economic Review.
(3) Financial Times del 4 aprile 2008.

Fonte: Oecd (2008)

Foto: Porta di Brandeburgo, Berlino

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Un po' di Pil in più
Leggi anche:  Agricoltori e cordoni della borsa pubblica*

Precedente

IL RITORNO A COLBERT

Successivo

QUEL CAPITALE CHE MANCA AL SUD ITALIA

  1. mirco

    Probabilmente il Centro Nord Italia e la Germania sono molto simili e integrate economicamente. Per la parte più progredita del nostro paese occorrerebbe adottare gli stessi provvedimenti che la Germania sta adottando. Il vero problema dell’Italia è il sud e la sua classe dirigente. Il recente successo della lega nord alle ultime politiche è responsabilità diretta della scarsissima capacità di governo della classe dirigente meridionale. Senza il sud avremmo avuto anche meno debito pubblico e per combattere l’attuale recesione avremmo potuto permetterci un aumento del debito invece possiamo sperare solo nell’aumento della domanda interna di Germania e Gran Bretagna e inserirci nelle esportazioni in quei paesi. Che tristezza!

  2. sgl

    Grazie Ms. Carlin per la sua analisi acuta della ‘poverty rate’ per household, di disposable real income vs. productivity e di real exchange parities. I charts valgono più di 1000 parole.

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén