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le vostre riflessioni hanno contribuito ad arricchire la conoscenza sull’argomento stimolando un ampio dibattito.

Sui contenuti:

1)     La diffusione: In Europa il nucleare è al primo posto nel confronto del mix delle fonti per la produzione di energia elettrica con il 31%. Il carbone è al 28%, il gas al 21%, le rinnovabili sono al 14% e il petrolio al 4% (cfr. Enea Rapporto energia ambiente 2007 – Luglio 2008). E’ ormai opinione comune che solo un mix equilibrato delle fonti energetiche è in grado di favorire l’efficienza energetica.

2)     Le scorie: se è vero che oggi le centrali nucleari sono più sicure di vent’anni fa, è anche vero che le scorie rimangono un problema e il loro smaltimento richiede tempi lunghissimi. Riguardo lo smaltimento, la gestione dei rifiuti prende in considerazione il loro isolamento dalla biosfera per il tempo necessario a consentire il decadimento della radioattività presente. Nel caso di rifiuti a bassa attività, che costituiscono circa il 95% dell’intera produzione (cfr. Enea Rapporto energia ambiente 2007 – Luglio 2008), l’isolamento può essere garantito anche dal calcestruzzo che ha dimostrato di avere proprietà meccaniche, idrauliche e chimiche idonee per questo fine. Nel deposito definitivo dei rifiuti a vita lunga, la soluzione che ormai viene universalmente attuata è il loro deposito in alcune formazioni geologiche profonde adatte a restare stabili e inalterate nel tempo. Hanno questi requisiti i giacimenti come i bacini salini, specie quelli di salgemma e quelli argillosi e altri particolari tipi di rocce cristalline come i graniti non fratturati. In Francia si stanno sperimentando sistemi che prevedono la separazione in appositi reattori dei prodotti a più alta attività e la loro trasmutazione in radioisotopi a vita breve.

3)     La pericolosità delle centrali: mi chiedo se siano più pericolose le “eventuali” centrali italiane sottoposte a rigidissimi controlli, oppure se dobbiamo temere maggiormente alcune centrali nucleari che sono a pochi chilometri dai nostri confini come quelle al di là dell’Adriatico. Dopo il 1987 c’è da domandarsi se ha ancora senso importare energia in dosi massicce da paesi vicini al nostro che la producono con la tecnologia nucleare: questo non ci protegge da eventuali incidenti esponendoci nello stesso modo ai rischi di dispersione sul territorio e ci fa sostenere gravosi costi di acquisto dell’energia.

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4)     Energie alternative: La previsione della European Photovoltaic Industry Association (cfr. http://www.epia.org/) per il 2025 è di avere una potenza fotovoltaica mondiale installata di 433 GW con una produzione di energia elettrica corrispondente a circa il 3% della stima di consumo mondiale. In Italia l’attuale dipendenza energetica è frutto di anni di incurie: oggi dipenderemmo meno dall’estero se avessimo investito nelle rinnovabili. Siamo il paese del sole e per vedere i tetti fotovoltaici dobbiamo andare in Germania. Da noi ci sono alcune zone, soprattutto nelle Isole, fortemente battute dal vento ma i maggiori produttori di energia eolica in Europa sono la tedesca E.ON e le spagnole Gamesa e Endesa. Anche in questo caso c’è da chiedersi perché negli anni non abbiamo investito seriamente in queste tecnologie accumulando, così, un imbarazzante ritardo nella ricerca e nello sviluppo.

5)     Sviluppo sostenibile-autonomia energetica: I dati dell’International Energy Agency dello scorso anno (cfr. http://www.iea.org) indicavano l’Italia come il secondo paese al mondo per importazione di energia elettrica: acquistiamo circa l’84 per cento del fabbisogno. Non è auspicabile continuare a dipendere in modo così ampio dalle importazioni per soddisfare una crescente domanda. I nostri consumi negli ultimi anni sono aumentati enormemente, pensiamo solo alla diffusione dei condizionatori o agli impianti industriali sempre più energivori. Anche la domanda mondiale è in crescita: le previsioni contenute nel Word Energy Outlook 2008, riportano un incremento medio della domanda mondiale dell’1,6% annuo durante il periodo 2006-2030.

6)     Il piano energetico nazionale: un piano energetico dovrebbe prevedere un programma di sviluppo che tenga conto delle risorse per l’efficienza energetica, per lo sviluppo delle rinnovabili e investimenti nella ricerca in modo da non dover rinunciare alle, sempre più strette, sinergie interdisciplinari.

7)     Nucleare si o no: Una cosa è certa: il nostro Paese accusa ritardi enormi nella ricerca e non possiamo permetterci di continuare a dipendere, nelle proporzioni sopra indicate, dall’estero. E’ necessario trovare presto delle alternative, siano le rinnovabili (che da sole però non bastano) o lo stesso nucleare, che ci permettano di ridurre le importazioni di energia.

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12 commenti

  1. Aram Megighian

    Chiarissimo e ben documentato. Penso che altri esperti come lei avranno mostrato in modo semplice e pragmatico la nostra situazione energetica ora come in passato. Il problema è che deve essere recepita da delle persone (i politici) che oramai, oltre ad essere espressione di numerosissime lobbies di potere, sono anche spesso assolutamente ignoranti. Ignoranti di questo come di qualsiasi altro argomento si mettano a trattare (basta leggere la natura di certi provvedimenti legislativi, come pure il modo con cui sono redatti) e, ovviamente, dotati di un senso di autostima esagerato. E’ qui il problema, caro Iezzi: riuscire a scalfire questo muro di ignoranza e presunzione.

  2. Maria Rosa Virdis

    Secondo i dati del Bilancio Energetico Italiano – anno 2007, le importazioni nette di energia elettrica italiane dall’estero sono ammontate a 46283 GWh, contro un fabbisogno interno lordo di 354505 GWh: le importazioni di energia elettrica dunque sono state del 13% circa. Cosa diversa sono le importazioni energetiche totali (di fonti primarie e secondarie, includendo petrolio, gas, carbone etc.) che effettivamente rappresentano circa l’85% del fabbisogno energetico italiano. La dipendenza energetica Italiana è forte, ma non un caso unico in Europa o nel mondo e non mi pare il caso di drammatizzarla ulteriormente. Uno sforzo per migliorare l’efficienza energetica del paese (sulla quale ben pochi progressi sono stati fatti dopo i primi anni ’90) e per sfruttare meglio il potenziale delle rinnovabili in Italia, come proposto dal pacchetto Energia-Clima dell’UE attualmente in fase di negoziazione, potrebbe produrre dei risultati a breve termine, a costi contenuti e con utili ricadute economiche. Intanto che riflettiamo meglio sul ritorno al nucleare.

  3. Federico Arzilli

    Cari lettori, vedendo i commenti agli articoli, non capisco le contrapposizioni che vi trovo. Nucleari e rinnovabili, se affrontate con serietà, non sono scelte alternative ma complementari. Secondo gli scenari previsionali della IEA (Energy Technology Perspectives 2008), l’incidenza auspicata delle rinnovabili nella riduzione delle emissioni serra al 2050 sarà del 21%, quella del nucleare del 6% (scenario blue).

  4. Ciro Spataro

    Un Piano Energetico Nazionale deve tenere conto di un mix energetico, ma credo che il fattore sul quale lavorare con senza minore intensità è il risparmio e l’efficienza energetica degli edifici. Su questi fattori focalizzare l’attenzione del Governo per le decisioni successive. Porre tetti alla detrazione 55% per gli anni a venire e annullare l’obbligatorietà della certif.energetica nella compravendita immobili, significa tagliare le gambe all’efficienza energetica edifici e tagliare sviluppo economico dell’indotto. Gli edifici "devono" diminuire la loro tradizione di energivori. Su questo c’è tantissimo da fare ancora, e poco si fa e si è fatto malgrado la legge 10/91. Se l’orientamento è avere energia a un minor costo col nucleare fatto in casa, non so come l’efficienza energetica edifici e il risparmio possa diventare piloni portanti di un probabile futuro Piano Energ. Nazionale. La prima pianificazione energetica è la costruzione dell’efficienza energetica degli edifici. Consumare sempre meno. Centinaia di migliaia di uffici pubblici sono oggetto di una malsana gestione energetica dove l’efficienza non trova affatto alcun ruolo. Su questo bisogna attirare attenzione.

  5. Piero Mattirolo

    Buongiorno, l’assenza di una politica energetica si ritrova nei confronti delle energie rinnovabili prodotte in agicoltura. Per esempio, la filiera del biogas. In Germania, sono 4000 gli impianti installati, con una produzione di 1400 Mw ed un trend in ulteriore aumento. Questo equivale alla produzione di un paio di centrali nucleari di medie dimensioni. Il settore utilizza in larga parte materie prime di scarto o di recupero. Fachverband Biogas valuta che la percentuale delle biomasse sul potenziale disponibile superi di poco l’1%. In Italia, gli impianti installati non arrivano a 200 e la crescita del settore trova ostacoli nei lunghi percorsi autorizzativi, (spesso per poca conoscenza della materia a livello locale), nelle incertezze legislative (i decreti attuativi degli incentivi previsti nella finanziaria 2008 non sono a oggi ancora usciti) e nell’accesso al credito. L’APER stima l’incidenza di questi fattori in un costo nascosto del 35%. Una coerente politica di sviluppo permetterebbe alle agroenergie di svilupparsi in tempi molto più rapidi di quelli necessari al nucleare, senza nulla togliere a quest’ultimo. Maggiori informazioni sul sito: http://www.distrettoenergetica.eu

  6. pippo

    Rispettando le opinioni di ognuno, non credo che fare del bene deve essere solo se ricambiato. Sono donatore da diversi anni e partecipando a vari incontri di sensibilizzazione sulla donazione e documentandomi sullo svolgimento della stessa, ho domandato ad un responsabile di un noto ospedale di Roma: "negli ospedali della capitale vengono diversi cittadini Italiani di altre regioni, in particolare del sud, ed in quest’ultime, a mio sapere, il sangue ricevuto dalle donazione, alcune volte è superiore al fabbisogno, perchè, le ASL di competenza od il SSN non richiedono, a quest’ultime, di fornire le sacche del sangue superfluo?" Roma, necessita di una grande quantità di sangue, perchè oltre al fabbisogno dei romani, si aggiunge quello delle persone provenienti dalle altre regioni (non perchè gli mancano gli ospedali, ma perchè qui trovano, forse, le strutture migliori) oltre agli immigrati, pertanto ritengo doveroso, da parte delle Asl delle regioni interressate, partecipare al fabbisogno di quelle regioni in difficoltà, che dalle statistiche sono: Lazio e Sardegna (quest’ultima si può immaginare perchè). A risposta: "sarebbe bello, ma non è possibile, troppo complicato."

  7. Antonio Carbone

    Apprezzo la serietà con la quale il tema è trattato. Aggiungo qualcosa sperando di non sembrare poco ‘pragmatico’. In Italia: 1- il rispetto dei parametri ambientali viene garantito tramite decreti ministeriali, elevando i limiti consentiti via via che questi vengono superati; 2- è possibile perdere una gran parte delle risorse genetiche conservate in una delle più importanti banche dei semi al mondo (l’Istituto di genetica vegetale di Bari), causa mancata riparazione dei frigoriferi; 3- lo stoccaggio di scorie nucleari può avvenire in aree a rischio alluvione come quella del Volturno; 4- manca in quasi tutte le grandi città una gestione razionale del ciclo rifiuti. Ora, se esistesse un ‘rating’, analogo a quelli economico finanziari, per la credibilità ambientale di un paese, quale sarebbe il punteggio dell’Italia? Il nucleare nel “sistema italia”? Meglio vendere frigoriferi in Groenlandia PS. L’attendibilità dei dati ambientali (soprattutto da fonti istituzionali, con rare eccezioni) è prossima allo zero. Cause: incuria, assenza di coordinamento, servizi tecnici smembrati e ricomposti più volte disperdendo, ad ogni cambio di gestione, competenze, esperienze e organizzazione.

  8. Annibale

    Nel cercare informazioni sulle energie rinnovabili e sul futuro che ci aspetta, in relazione soprattutto all’esaurimento dei combustibili fossili (petrolio, gas, carbone, etc..) mi sono imbattuto in una teoria detta "Teoria di Olduvai" secondo la quale entro poche decine di anni avrà fine la cosiddetta "civiltà industriale". Non ho elementi per confutare tale teoria, però sarei interessato a sentire altre valutazioni su questo tema. Questo è il link: http://www.oilcrash.com/italia/olduvai.htm grazie, Annibale

  9. Federico Arzilli

    Interessante la riflessione dell’esimio Ciro Spataro sull’efficienza energetica. Sto preparando una tesi sulla sostenibilità in architettura e, in effetti, mi sono reso conto che l’opzione più sostanziosa è proprio quella. E’ imprescindibile, però, un cambio culturale di tutti gli attori che entrano in gioco, e cioè una mentalità più aperta verso le novità. Esempio: è inutile perseguire la ricerca di un efficienza energetica aumentando lo spessore dei muri delle abitazioni o rivestirli di cappotti coibenti (di dubbia efficacia, tra l’altro), se continuiamo ad organizzare la produzione edile nei modi tradizionali. Non avremo mai risultati apprezzabili. Occorre pensare a sistemi inconsueti e quasi inauditi. L’arch. Shigeru Ban, ad esempio, costruisce con tubi di carta, teli di plastica e giunzioni di legno strutture bellissime, sicure, confortevoli e di scarso impatto ambientale.

  10. Francesco

    Apprezzabile, davvero, la completezza e la moderazione con cui è trattato l’argomento. Aggiungerei però alcune considerazioni a proposito del ritardo accumulato dall’Italia nell’acquisizione di una strategia energetica equilibrata: 1) non esite in Italia alcuna seria politica di risparmio ed efficienza energetica, in nessun settore, né a livello publico né a livello privato. 2) Siamo il paese di ENEL, ENI, EDISON (peraltro oggi controllata dai Francesi) e delle grandi o piccole aziende regionali, provinciali o comunali (magari ex – municipalizzate) che assicurano alla popolazione e alle industrie l’approvigionamento di energia elettrica, gas, petrolio, carbone etc. Quali sono le responsabilità delle suddette imprese nel ritardo italiano? Quali le innovazioni compiute per il miglioramento dei servizi e la riduzione dei costi a carico degli utenti negli ultimi 10 anni, cioè dall’epoca della loro semi-privatizzazione (vedi Eni e Enel). L’unica strategia messa in atto da costoro (con l’approvazione politica) sembra sia quella di comprare risorse all’estero a 10 e rivenderle ai "polli" italiani a 100, con tanti saluti agli investimenti in ricerca e innovazione fatti in Italia per l’Italia.

  11. Rinaldo Sorgenti

    Certo, c’è ancora molto da fare per l’efficienza energetica, soprattutto nei settori civile ed industria. Non dimentichiamo però che in Italia (quasi unici in Ue e più di chiunque altro) negli ultimi 5 anni abbiamo investito circa 27 miliardi di Euro per rinnovare molti impianti di generazione elettrica, aumentando significativamente l’efficienza (e quindi risparmio di risorse) che è al top nel settore Termoelettrico in Ue e nel mondo. Purtroppo, l’abbiamo fatto quasi solo trasformando vecchie centrali da olio combustibile a gas, creando un serio problema di costi e di sicurezza degli approvvigionamenti, anzichè pensare anche ad un necessario riequilibrio del "mix delle fonti", per conseguire il quale manca una rilevante quota di carbone, che ci farebbe risparmiare anche tanti soldi, necessari per la ricerca sulle F.E.Rinnovabili. Peraltro, a ben pensare, il carbone e le rinnovabili non sono affatto alternative, ma del tutto complementari.

  12. chicco testa

    Normalmente chi è contro il nucleare è anche un sostenitore dei pericoli del riscaldamento globale. Il problema ambientale numero1 secondo Al Gore, Greenpeace , ecc. Tutte le previsioni energetiche per i prossimi decenni ci dicono purtroppo che il combustible, il cui uso è destinato ad aumentare di più, è … il carbone! vedi Cina, India, USA, ecc ed… Italia. Poi c’è il gas. Come si pensa di interrompere questo ciclo? Solo con le rinnovabili e l’efficienza? Basta dare un’occhiata alle statistiche dell’AIE per rendersi conto che non è possibile. Straordinario poi l’argomento secondo il quale il nucleare costa troppo. Rispetto a cosa? Al petrolio a 20 dollari, a 100, a 200? Ma il petrolio non stava per finire? E secondo un ambientalsita dovrebbe costare poco o molto? Quali sono i costi esterni dell’impatto ambientale dei combustibili fossili? Secondo l’OMS circa 1 milione di morti all’anno. All’anno. Mah!

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