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DEBITO PUBBLICO E VIRTU’ PRIVATE *

Dopo la crisi della finanza privata, in molti rivalutano le virtù del debito pubblico. Che in realtà sembra ancora svolgere la funzione di sostenere la ricchezza privata. Anche se qualcosa sta cambiando. Aumenta la quota del debito pubblico collocata all’estero: un effetto secondario della globalizzazione che ha inceppato il meccanismo di redistribuzione della ricchezza finanziaria all’interno dei paesi più sviluppati. Mentre lo scoppio delle bolle ha colpito soprattutto i patrimoni privati. Ma tutto ciò potrebbe rallentare la ripresa.

Negli ultimi tempi, i meriti del debito pubblico sono stati rivalutati, non tanto da qualche economista, ma dai mercati, che considerano gli Stati sovrani comunque più affidabili di molte banche d’affari, di parecchie imprese e dei clienti subprime. Ma il debito dello Stato, continua a far paura per la sua tendenza a trasformarsi nel suo gemello cattivo, ossia nel debito estero; perché sottrae reddito a lavoratori e imprese produttive per consegnarlo ai rentier; per l’uso improprio che potrebbero farne i governi senza vincoli stringenti come quelli di Maastricht; perché il pagamento degli interessi sui titoli pubblici sottrae risorse alla spesa sociale, ai servizi e alle infrastrutture.

COMPLEMENTARIETÀ TRA DEBITI PUBBLICI E PRIVATI

A dire il vero, l’esperienza dell’ultimo decennio sembra suggerire che, almeno nei paesi più industrializzati, il debito pubblico ha favorito, se non alimentato, la crescita dello stock della ricchezza finanziaria privata. I dati sulle economie più industrializzate (www.sourceoecd.org) mostrano che nei paesi e nei periodi in cui è migliore il saldo finanziario netto di famiglie, imprese e banche, quello delle amministrazioni pubbliche è peggiore e viceversa. Inoltre, come si vede dal grafico 1, tra il 1995 e il 2007, il rapporto di sostituzione tra ricchezza netta privata e pubblica è stato dell’ordine di 1 a 1, e questa impressione visiva è confermata dai risultati di una regressione tra i due indicatori. (1) In altri termini, per ogni euro di debito pubblico accumulato, il settore privato sembra aver guadagnato altrettanto.

Èimprobabile che questa regolarità empirica, verificata per tanti paesi e su un periodo così movimentato, derivi soltanto da qualche illusione statistico-contabile, anche se ogni riduzione del debito pubblico corrisponde, quasi meccanicamente, a una diminuzione dei titoli di Stato nelle mani dei privati. In realtà, il debito pubblico è stato accumulato nel tempo per finanziare servizi, sussidi e infrastrutture: dove queste spese sono sostenute in gran parte dai privati, l’onere per le amministrazioni pubbliche è stato minore, mentre famiglie e imprese hanno attinto alle proprie riserve. Lo “scambio” è vantaggioso per l’economia nel suo complesso solo se ricorrono simultaneamente alcune condizioni: il minore indebitamento pubblico deve corrisponde a minori imposte presenti e future; il settore privato deve fornire gli stessi servizi a costi minori; deve aumentare contemporaneamente la ricchezza reale del paese (infrastrutture, macchinari, eccetera.); i vantaggi precedenti devono superare l’eventuale maggiore costo dell’indebitamento privato rispetto a quello pubblico.

Grafico 1 – La ricchezza finanziaria netta nei paesi dell’Ocse in rapporto al Pil

(1995-2007)

Fonte: banca dati OECDStat, conti finanziari.

Nel caso di paesi come gli Stati Uniti, il trade off tra debito pubblico e privato è quasi “materiale”. Ad esempio, le spese per l’istruzione universitaria, che in gran parte dell’Europa sono sostanzialmente a carico della collettività, sono finanziate da borse prelevate dal patrimonio delle fondazioni private, da prestiti d’onore ai futuri professionisti; dalle casse delle famiglie di provenienza degli studenti. Lo stesso meccanismo vale per le spese sanitarie che, tra l’altro, hanno rappresentato uno dei motivi dell’eccessivo ricorso al credito dei clienti subprime. A fronte di questo indebitamento privato, famiglie e imprese americane hanno pagato meno tasse e lo stato ha contratto meno debiti rispetto alla vecchia Europa. Così gli Stati Uniti si sono guadagnati un posto nel quadrante in basso a destra del grafico 1, mentre i contribuenti italiani si sono accomodati nel quadrante in alto a sinistra.

LE TENDENZE RECENTI

Negli ultimi tempi, la complementarietà tra saldo finanziario pubblico e privato si è probabilmente attenuata. Se si regredisce, separatamente per ciascun anno, la ricchezza privata contro il debito pubblico (entrambi rapportati al Pil) nei diversi paesi, si ottiene la sequenza di elasticità riportata nel grafico 2. Fino al 2001, ogni euro di debito pubblico in più era associato a un aumento più che proporzionale della ricchezza privata, con un massimo di quasi 1,5 volte nel 1999. Successivamente il rapporto di sostituzione è diventato sempre meno favorevole per il settore privato. Le ragioni del mutamento sono molte. La prima, e più inquietante, è l’aumento della quota del debito pubblico dei paesi Ocse, soprattutto gli Stati Uniti, collocato all’estero, piuttosto che presso famiglie e imprese nazionali. Questo effetto secondario della globalizzazione ha inceppato il meccanismo di redistribuzione della ricchezza finanziaria all’interno dei paesi più sviluppati, che è alla base del trade off riscontrato tra debito pubblico e privato. Lo scoppio delle bolle finanziarie e immobiliari, inoltre, ha colpito duramente i patrimoni privati, mentre ha sostanzialmente risparmiato il tesoro degli Stati sovrani.
Se questo è lo scenario per i prossimi anni, non ci si deve aspettare troppo dai salvataggi di banche e imprese a carico delle casse dello Stato, perché, a differenza del passato, si trasformeranno per almeno un quinto in debito verso l’estero. Ad esempio, se, come prevede il Fmi, il debito pubblico italiano salirà al 121 per cento del Pil nel 2010, con un balzo di 15 punti rispetto al livello attuale, la ricchezza di famiglie, imprese e banche crescerà al massimo di 12 punti di Pil, del tutto insufficienti a coprire le perdite dell’ultimo anno. In compenso, le future generazioni dovranno caricarsi di altro debito pubblico e, soprattutto, cresceranno di 3 punti di Pil i debiti verso l’estero dell’azienda Italia. Come sono lontani gli anni Novanta, quando lo Stato si indebitava e i privati si arricchivano con i capital gain.

Grafico 2 – Il tasso di sostituzione tra debito pubblico e privato

* Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente quelle dell’autore e non impegnano in alcun modo l’istituto di appartenenza.

(1) La regressione tiene conto della struttura panel dei dati e della possibile autocorrelazione dei residui, che “cattura” essenzialmente il ruolo dell’eredità storica di ciascun paese in tema di debito pubblico e di meccanismi di accumulazione della ricchezza finanziaria privata. Il trade off appare ancora più favorevole (attorno a 1,5 a 1) se si considerano le variazioni anno su anno dei tra gli stessi rapporti.

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  1. Ulisse

    Negli anni ’90 il Governo Amato introdusse la Patrimoniale a Sorpresa sui cc xrchè il Debito Pubblico aveva superato il 120% ! Ora siamo in Europa.. ma la Curva degli Spread tra Italia da una parte e Francia/Germania dall’altra si apre proprio nel 2001… sarà solo un caso?

  2. Marco Francescato

    Interessante osservazione, quella per cui il nostro debito pubblico si sta trasformando in debito estero. Dovrebbe essere tenuta maggiormente presente dal dibattito politico nostrano, ma questa forse e’ utopia! Vorrei aggiungere due osservazioni; la prima e’ che in presenza di una economia dalla doppia identita’ come la nostra (quella ufficiale e quella ufficiosa), l’indebitamento pubblico rappresenta un "moltiplicatore" delle iniquita’ in quanto e’ evidente che il prezzo viene pagato solamente dalla prima: la seconda e’ che questa particolarita’ che la quota di debito pubblico collocata all’estero e’ crescente non e’ da intendersi come una "bolla" gigantesca dalla lunghissima gestazione che e’ destinata ad esplodere prima o poi? Una cosa tipo "la madre di tutte le bolle?" Con questo indebitamento in assenza di strategie riformatrici ci stiamo giocando la possibilita’ di uscirne!

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