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ESAMI DI LABORATORIO ALLA FIERA DELLE SANITÀ

Il governo propone un aggiornamento delle tariffe nazionali delle prestazioni sanitarie di laboratorio. Ma qual è il senso della revisione quando poi le singole Regioni remunerano in modo assai diverso gli stessi esami? Per esempio, in Lazio o Calabria alcuni accertamenti costano il doppio rispetto all’Emilia Romagna. E’ assai probabile che la riduzione causi molti problemi ai laboratori pubblici e privati nelle Regioni che applicano il tariffario nazionale in modo virtuoso. Mentre poco o nulla inciderà in quelle che dovrebbero essere spinte a una maggiore efficienza.

 

La recente iniziativa del governo di aggiornare le tariffe nazionali delle prestazioni sanitarie di laboratorio con un decreto ha suscitato un sentito dibattito, protagoniste in particolare le società scientifiche del settore federate in Fismelab e le organizzazioni rappresentative dei laboratori privati, come Federlab. (1)

QUANTO COSTANO TRE ESAMI

La proposta vuole ridurre alcune tariffe per prestazioni di laboratorio, ridefinendo il tariffario, che risale al decreto ministeriale del 1996, sulla base del quale dovrebbe essere definito il finanziamento dei relativi livelli essenziali di assistenza (Lea)
Tuttavia, le tariffe adottate dalle varie regioni sono, attualmente, caratterizzate da forti disparità e differenze. L’entità della disomogeneità risulta non del tutto comprensibile considerando come i fattori necessari alla produzione delle prestazioni stesse siano abbastanza simili su tutto il territorio nazionale e come si tratti di attività ambulatoriali che per loro natura non sono inserite in percorsi clinico-diagnostici complessi, come avviene, ad esempio, per i pazienti in regime di ricovero.
Senza volere entrare nel complesso tema d’individuare una corretta metodologia per l’analisi dei costi e la conseguente elaborazione delle tariffe, pare doveroso cercare di misurare e quantificare l’entità del fenomeno e porsi la domanda del perché vi siano queste forti differenze regionali e quali ne siano le cause.
Ci si limiterà qui ad esaminare le tre prestazioni di diagnostica di laboratorio più frequentemente utilizzate nelle patologie della tiroide, ma l’esercizio è rappresentativo di tutte le centinaia di prestazioni ambulatoriali di diagnostica di laboratorio riportate nel tariffario utilizzando i dati presenti e consultabili sul sito Agenas. (2)

Tabella 1

Esame Dm 96
nazionale
Minimo
regionale
Massimo
regionale
Mediana
regionale
Tireotropina (TSH) 7,8 7,8 19,11 12,91
Tiroxina libera (FT4) 9,09 9,09 19,11 12,28
Triodiotironina libera (FT3) 9,14 9,14 19,11 12,91

 

Dai dati si può desumere come, nel caso della tireotropina, sei regioni abbiano una tariffa simile al Dm 96 e quindici tariffe superiori ad esso, in particolare le più alte sono di Lazio con 19,11 euro, Calabria 19,11 euro, Campania 17,20 euro e Sicilia 15,66 euro, rispetto a una mediana di 12,91 euro e a una tariffa del Dm nazionale di 7,8. Non dissimile è l’andamento per la tiroxina libera (FT4) ove quattro regioni hanno una tariffa uguale al Dm 96 e diciassette tariffe superiori, con una mediana di 12,28 euro a fronte dei 9,09 euro del Dm 96. Anche in questo caso le tariffe più elevate sono di Lazio 19,11 euro, Calabria 19,11 euro, Campania 17,20 euro e Sicilia 14,97 euro. Il trend è confermato anche analizzando il caso della triodiotironina (FT3): tre regioni hanno una tariffa simile al Dm 96 e diciotto una tariffa superiore, con una mediana di 12,91 euro.
Cosa significa tutto questo? Utilizzando il numero di esami del 2008 della regione Emilia-Romagna, si è confrontata la valorizzazione effettiva nello stesso anno per i tre esami diagnostici con la valorizzazione qualora si fosse applicata una tariffa pari alla mediana nazionale e alla tariffa massima (di Lazio e Calabria).

Tabella 2

Esame Effettiva valorizzazione
(eguale a Dm 96) 2008
Valorizzazione a Mediana nazionale Valorizzazione a tariffa
massima regionale
Tireotropina (TSH) 7.219.625 11.271.377 17.688.120
Tiroxina libera (FT4) 5.972.048 8.067.849 12.555.098
Triodiotironina libera (FT3) 3.320.489 4.690.099 6.942.510
Totale 16.512.162 24.029.265 37.185.278

 

I dati mostrano come quanto prodotto nella Regione Emilia Romagna abbia una valorizzazione di circa 16,5 milioni di euro per i tre test di laboratorio e questa sarebbe la remunerazione per una eventuale fornitura da parte di erogatori pubblici o privati accreditati. Con la mediana nazionale la valorizzazione, per la medesima attività, si attesterebbe a 24 milioni di euro , mentre nel caso della regione Lazio o Calabria, gli stessi accertamenti hanno una valorizzazione di circa 37 milioni, ovvero di più del doppio di quanto effettivamente avviene in Emilia.

IL RUOLO DEL PRIVATO

Qual è allora il fine e l’utilità di rideterminare su base nazionale un tariffario, nel caso ex Dm 96, stabilendo le tariffe massime per ricoveri e per le prestazioni specialistiche ambulatoriali se poi le Regioni ne variano così sensibilmente i contenuti?
È vero che il Dm 12.9.2006 ha stabilito le tariffe massime per i ricoveri ospedalieri e per le prestazioni specialistiche ambulatoriali, definendo che “gli importi tariffari stabiliti con provvedimenti regionali e superiori alle tariffe massime (…) restano a carico dei bilanci regionali per la parte eccedente le tariffe”, ma questo cosa significa di fatto in Regioni con oltre 10 miliardi di deficit? Chi risponde poi delle prestazioni in un contesto con un disavanzo di questa grandezza? Se nei confronti di erogatori pubblici non gestiti direttamente dalle Asl (quali aziende ospedaliere, Irccs eccetera) il ruolo delle tariffe è un riferimento per i controlli di gestione delle Asl, essendo di fatto le attività di laboratorio finanziate sulla base dei fattori di produzione, per i privati accreditati le tariffe sono il prezzo reale che ogni Regione paga agli erogatori.
Nasce per questo la necessità di rispondere a una seconda domanda, ovvero comprendere il perché delle forti differenze tra Regioni. Difficile ipotizzare costi di produzione molto diversi dipendenti da diverse tecnologie di produzione, infatti gli strumenti analitici, i fornitori e i reattivi per eseguire gli esami sono gli stessi in ambito nazionale e internazionale. Le risorse umane non hanno costi stipendiali diversi e i contratti di lavoro hanno sicuramente contenuti simili su base nazionale. Per i costi generali extra laboratorio, non vi dovrebbero essere differenze straordinarie, anzi dovremmo avere costi tendenzialmente inferiori al Sud ove invece, di norma, vi sono le tariffe più alte.
Per giustificare una diversa remunerazione si cita spesso la qualità delle prestazioni, nonché la necessità di adeguare le strutture ai requisiti proposti per l’accreditamento, compresi quelli tecnologici e di personale imposti dalle Regioni, e in alcune di queste gli ulteriori requisiti che disciplinano l’erogazione quali-quantitativa delle prestazioni in talune regioni. Anche in questo caso, è difficile pensare che questi fattori possano fornire una giustificazione convincente delle discrepanze, giacché i requisiti per l’accreditamento e l’effettiva politica di accreditamento della regione Emilia Romagna o di altre regioni con tariffe sostanzialmente vicine al Dm 96, quali Toscana e Lombardia, non sono di minore spessore di altre regioni e la percezione della qualità delle prestazioni, non solo tra i cittadini ma anche fra i professionisti del settore, non è certamente inferiore rispetto alle regioni con le tariffe più alte, come Lazio e Calabria.
Nei fatti vi sono due fattori che sono direttamente correlabili alle tariffe praticate in un trend incrementale da Nord a Sud: il numero dei laboratori e la percentuale degli erogatori privati in rapporto al pubblico. (3)
Non si vuole così disconoscere il ruolo e la qualità esplicita di strutture private accreditate di altissimo livello, che peraltro avendo a confrontarsi con tariffe vicine al Dm 96 come in Lombardia, spesso possono effettivamente soffrire da una diminuzione della retribuzione riconosciuta. Ma nei fatti il numero di laboratori e la percentuale di privato è rilevante proprio in quelle Regioni, in particolare del Centro-Sud, che applicano le tariffe maggiori. Lo stesso volume delle tre prestazioni analizzate costa in Emilia 16 milioni di euro con un trasferimento di risorse al privato modesto, mentre nel Lazio o in Calabria ne costa 37 milioni con un’importante quota destinata al privato accreditato.
In conclusione, è molto verosimile che una riduzione nella remunerazione degli esami di laboratorio provochi non pochi problemi per i laboratori, sia pubblici che privati, nelle Regioni che ora applicano il tariffario nazionale in modo virtuoso, con serie difficoltà a mantenere attive politiche d’innovazione tecnologica e professionale così mettendo a rischio la diagnostica offerta ai cittadini. Mentre la revisione poco o nulla inciderà nelle realtà regionali che dovrebbero essere incentivate e spinte a una maggiore efficienza produttiva utile a ottenere effettivi e consistenti risparmi. Anche partendo da un aspetto se si vuole marginale, come quello offerto da tre esami di diagnostica di laboratorio, non si può non concordare con Daniela Minerva, quando nel suo libro “La Fiera delle Sanità” afferma come la sanità italiana sia un mosaico di identità e valori ove chi è stato capace di governare le risorse e responsabilizzare tutti ce l’ha fatta. Chi invece ha sprecato denari ed energie in clientele e convenzioni no. (4)

(1) Osservazioni relative alla proposta di aggiornamento tariffario si trovano in “I costi di produzione dei laboratori analisi ed alcune considerazioni sulla variabilità degli stessi” Federlab Italia. E in Fismelab “Decreto interministeriale (Salute Economia) di aggiornamento delle tariffe massime delle prestazioni sanitarie a carico del Ssn” 
(2) Prestazioni specialistiche ambulatoriali – Confronto tra le tariffe nazionali ex Dm 1996 e le tariffe regionali relative all’anno 2008. Agenas.
(3) Strutture sanitarie: l’exploit del privato
(4) Daniela Minerva La fiera delle sanità Rizzoli editore (Milano) 2009 p. 14

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  1. marco

    L’articolo evidenzia bene i punti deboli dei tariffari in sanità. Il problema riguarda tutte le tariffe sia per le prestazioni ambulatoriali sia per quelle di ricovero. I tariffari sono uno strumento importante nella sanità, nel finanziamento, nel controllo, nelle politiche tariffarie, come regolatore negli scambi di prestazioni e molti altri aspetti. E’ stato uno strumento fondamentale nell’aziendalizzazione delle strutture sanitarie. Quindi se i tariffari non rispecchiamo gli effettivi costi sostenuti per erogare le prestazioni e le strategie della pianificazione, diventano uno strumento che giocherà contro l’efficenza del sistema. Emerge dall’articolo e dall’esperienza, che l’aggiornamento e la corretta "manutenzione" dei tariffari spesso è assente. Ricordiamoci che con i tariffari oltre a pagare le strutture privati, vengono stabiliti anche i criteri della compartecipazione, ticket, dei cittadini.

  2. giancarlo pistolesi

    Credo che l’ultimo decreto abbia lo scopo di individuare i "costi standard" in previsione del federalismo fiscale, più bassi saranno meno la sanità sarà pagata dallo stato, poco importa a questo governo che poi le regioni siano costrette a far pagare comunque, con ticket o altro la differenza. per quanto riguarda la differenza dei costi è evidente che dove c’è una forte presenza di un sistema pubblico di qualià e fortemente controllato (vedi Emilia Romagna e Toscana) questo fa da "calmiere" anche per la sanità privata, dove inevce il privato è solo e può fare "cartello" i prezzi inevitabilemnte crescono.

  3. Giuseppe

    Quel che succede e comunque può succedere quando il Ministero decide unilateralmente di abbassare le tariffe delle prestazioni è che il privato accreditato interrompe il servizio convenzionato (ossia rende le prestazioni solo a pagamento e rigetta i pazienti esenti) alchè i pazienti con la "cartuccella", ossia la richesta del medico, si dirotta sul laboratorio pubblico, che si vede oberato di lavoro; al di là delle considerazioni sulla qualità, c’è che nel pubblico il personale demotivato da bassi salari e scarsi mezzi non compensa con il proprio lavoro l’eccesso di domanda: aumentano così le attese (si pensi al tempo si attesa per il prelievo la mattina se ci sono pochi addetti). Ne deriva che la gente ritorna al privato e addirittura trova conveniente anche quello non accreditato che punta tutto sul tempo: rapidità di prelievo-lavorazione-rilascio dei risultati tutto in 12-24 ore a fronte di tariffe neanche elevate. E il pubblico e con esso i cantori del "pubblico è bello" è accontentato. Il settore pubblico ha risparmiato, il dott Trenti pure e l’esente ha pagato comunque.

  4. claudio porcaro

    E’ bene fare precise puntualizzazioni. Il tariffario c. d. Bindi (1996), che non viene applicato in larga parte delle regioni, è semplicemente ridicolo ed è stato bocciato da diverse parti dalla magistratura amministrativa poichè redatto senza alcuno studio sui costi di produzione, quelli organizzativi e strutturali. Ma questo è niente. Lo stato nel promulgare qualsiasi tipo di nomenclatore tariffario, ad oggi non lo impone alle strutture pubbliche, ma solo a quelle a gestine privata. Cioè, in breve, solo i laboratori accreditati a gestione privata "vivono" di questo tariffario e solo di questo. La controparte pubblica viene invece remunerata a piè di lista, in barba a qualsiasi tariffario. Pertanto si potrebbe anche portare a zero qualsiasi prestazione di laboratorio analisi con la conseguente scomparsa dei laboratori a gestione privata senza avere nessuna ripercussione sul comparto pubblico. Ancora, non è vero che il personale del comparto pubblico è pagato male e demotivato. Conoscete le remunerazioni del privato? Siamo a livelli dell’Angola. Provate a chiederlo all’Ordine Nazionale dei Biologi che ben conosce le dichiarazioni dei redditi dei propri iscritti.

  5. ernesto grasso

    Sono l’amministratore di un laboratorio privato accreditato di Torino. Mi permeto una piccola osservazione: il mio lab. nel 2009 ha erogato 227.000 prestazioni totali . nel dettaglio 45.000 prestazioni in regime mutualistico e 182.000 in regime privato. Il rimborso ottenuto dalla regione è stato di 150.000 euro circa. Siccome anche nel caso dei privati ritengo di aver soddisfatto un fabbisogno mi permetto di sottolineare che, nel mio caso , è stato soddisfatto un fabbisogno di 227.000 prestazioni con un onere per il SSn di 150.000 euro pari a 150.000 : 227.000 = 0.66 euro per esame. Questa considerazione che ritengo valga non solo nel mio caso dovrebbe far riflettere gli estensori di tanto seriosi quanto inconsistenti studi sulle tariffe.

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