L’ultimo Consiglio Europeo potrebbe segnare una svolta importante nella riforma della governance economica europea, sebbene rimangano ancora rilevanti questioni da chiarire. Il nuovo Patto di stabilità richiederà un aggiustamento impegnativo all’Italia. Auspicabile una maggiore trasparenza sugli “altri fattori rilevanti” da considerare nel valutare il debito pubblico, coinvolgendo organismi tecnici indipendenti. Positiva l’estensione della vigilanza europea agli squilibri macroeconomici. Il futuro Esm avrà una governance politica e procedure onerose.

 

Le conclusioni del Consiglio europeo del 24-25 marzo potrebbero segnare un punto di svolta importante nella riforma della governance economica europea, sebbene rimangano rilevanti questioni sul tappeto, che sperabilmente dovrebbero essere risolte entro il prossimo mese di giugno. (1) Il quadro che si va delineando, frutto delle decisioni prese negli ultimi mesi, comprende diversi elementi:
– Patto per l’euro (ridenominato Euro Plus Pact)
– Riforma del Patto di stabilità e crescita (Psc)
– Sorveglianza degli squilibri macroeconomici
– Fondo di stabilità finanziaria

EURO PLUS PACT

Sul primo punto, il Consiglio ha ribadito quanto già stabilito nella riunione precedente e già commentato qui. Il presidente Van Rompuy ha insistito sul fatto che il Patto per l’euro è un di più, non un diverso, rispetto ai meccanismi di integrazione economica già esistenti, e che esso è aperto a tutti i paesi dell’Europa, inclusi quelli attualmente non partecipanti all’unione monetaria. È positivo quindi che la scorsa settimana altri sei paesi europei non appartenenti all’area euro (Danimarca, Polonia, Bulgaria, Romania, Lettonia e Lituania) abbiano annunciato la loro partecipazione volontaria al Patto per l’euro. Ciò dovrebbe rispondere alle preoccupazioni, espresse in molti ambienti istituzionali europei, relative alla possibile formazione di una Unione Europea a “due velocità” e di uno svuotamento delle istituzioni europee a favore di una ripresa del ruolo degli accordi intergovernativi come principale motore dell’integrazione. Anche per rispondere a queste preoccupazioni, le conclusioni del Consiglio hanno enfatizzato la necessità di riprendere il processo di rafforzamento del mercato unico e reiterato il ruolo delle istituzioni europee, a cominciare dalla Commissione, nel verificare gli impegni presi dai paesi nell’ambito delle nuove forme di integrazione. Naturalmente, bisognerà vedere se a questi auspici seguiranno i fatti, o se in effetti l’accelerazione nella integrazione economica tra i paesi euro non determinerà una cesura, potenzialmente pericolosa, nel processo di integrazione europeo.

PATTO DI STABILITÀ E CRESCITA

Se il nuovo Psc vedrà la luce nelle modalità previste, conterrà novità di rilievo. Anzitutto, si rafforza la parte preventiva del Patto, imponendo ai paesi che non hanno raggiunto il loro obiettivo di medio termine (in genere, il pareggio di bilancio), oltre alla correzione già prevista dello 0,5 per cento del Pil all’anno del loro disavanzo strutturale, anche l’ulteriore vincolo che la spesa nominale non debba crescere più della crescita di medio periodo dell’economia, evitando così che il miglioramento del saldo avvenga esclusivamente sul lato delle entrate. Per quanto riguarda la parte correttiva del Patto, si dà ora maggior peso al debito rispetto all’indebitamento netto, imponendo la regola che il rapporto debito/Pil debba ridursi annualmente di un ventesimo della distanza tra il rapporto debito/Pil di un paese e il valore obiettivo del 60 per cento sul Pil. Questa regola potrebbe risultare molto onerosa per un paese come l’Italia, che è caratterizzato da un livello di debito pubblico vicino al 120 per cento del Pil: la sua applicazione implicherebbe – a partire dal 2013 – una riduzione del deficit strutturale pari al 3 per cento del Pil; la correzione verrebbe quindi anticipata rispetto a stime precedenti. Peraltro, l’Italia ha ottenuto che l’applicazione della regola non sia automatica e che nella decisione relativa ad una eventuale procedura per deficit eccessivo si tenga conto anche di altri fattori rilevanti, quali per esempio il livello di debito del settore privato e le condizioni del sistema pensionistico. È dunque probabile che anche qualora il nuovo Psc venisse adottato, l’obiettivo di correzione attribuito all’Italia possa essere “contrattato” anno su anno, nell’incontro che i ministri finanziari della Unione Europea devono avere ad aprile per definire la propria strategia finanziaria per gli anni successivi, come previsto dall’introduzione del nuovo semestre europeo.
La considerazione di altri fattori rilevantipotrebbe rivelarsi un boomerang, qualora desse luogo ad una aggravio della correzione da realizzare, che si aggiunga a quella del “ventesimo” già esposta. Inoltre, essa potrebbe dare luogo a contrattazioni politiche poco trasparenti. Per evitare quest’ultimo inconveniente, sarebbe opportuno affidare a organismi tecnici indipendenti la definizione dell’impatto sulle finanze pubbliche derivante da alcuni fattori rilevanti, precedentemente individuati a livello politico. Ad esempio, la quantificazione dell’onere dovuto alla garanzia implicita di bail out del sistema bancario potrebbe essere affidata allo European Systemic Risk Board, che è stato istituito di recente allo scopo di valutare i rischi sistemici provenienti dal settore finanziario. Un recente esercizio mostra come l’Italia potrebbe collocarsi in una posizione di relativo vantaggio sotto questo profilo, grazie alla solidità del suo sistema bancario.
Dovrebbe diventare più facile imporre ai paesi inadempienti le sanzioni monetarie (ora previste anche nella fase preventiva), grazie al meccanismo del reverse voting, secondo il quale le sanzioni proposte dalla Commissione verrebbero automaticamente adottate a meno che non si esprima in modo contrario la maggioranza qualificata del Consiglio. Rispetto al passato – in cui le sanzioni non sono mai state applicate – questo meccanismo dovrebbe dare maggiore credibilità alla minaccia di subire il costo politico e monetario di una sanzione da parte dell’Europa.

SORVEGLIANZA DEGLI SQUILIBRI MACROECONOMICI

Una importante novità è l’estensione dei meccanismi di prevenzione e correzione agli squilibri macroeconomici, che tuttavia necessitano di essere meglio definiti. Anche in questo caso, si prevede una fase di ”allarme preventivo”, che potrebbe dare luogo a raccomandazioni da parte della Commissione. Il mancato adeguamento di un paese alle raccomandazioni ricevute darebbe origine ad una “procedura per squilibri eccessivi” analoga a quella per disavanzi eccessivi, sebbene più flessibile per tenere conto dell’impatto indiretto delle politiche pubbliche sugli squilibri macroeconomici. Questo allargamento dell’orizzonte, rispetto al tradizionale focus sulla finanza pubblica, è da giudicare positivamente. Interessante è anche la previsione che le eventuale multe, prelevate sui paesi soggetti a procedure per squilibri macroeconomici e per deficit eccessivi, vengano devolute a finanziare i Fondi di stabilità finanziaria (Efsf e Esm): in questo modo, questi fondi di assistenza verrebbero in parte finanziati proprio dai paesi che potrebbero con maggiore probabilità trovarsi poi nelle condizioni di attingervi.  

FONDO DI STABILITÀ FINANZIARIA

Il Consiglio ha definito con precisione le caratteristiche del nuovo Meccanismo di stabilità europeo (Esm), l’istituto permanente che – grazie ad una modifica nel Trattato –  sostituirà a partire dal 2013 gli attuali e temporanei fondi di stabilizzazione, l’Efsf e Efsm. Oltre ai commenti fatti in precedenza, va segnalato che la governance del Fondo sarà politica: l’organo di governo sarà infatti il Board of Governors, formato dai ministri delle Finanze dell’area euro. L’erogazione dei fondi avverrà attraverso una complicata procedura, che coinvolgerà i governi degli stati membri, la Commissione, la Bce e l’Fmi. I tassi applicati ai prestiti saranno penalizzanti, prevedendo l’applicazione di due o tre punti percentuali di mark-up (a seconda della scadenza) rispetto al costo del funding per il Fondo. I prestiti saranno condizionati, oltre che all’adozione di programmi di aggiustamento fiscale, anche alla rinegoziazione del debito sul mercato: i creditori privati dovranno così contribuire al risanamento del bilancio pubblico. Il Fondo godrà dello status di creditore privilegiato: sarà rimborsato prima dei privati. Insomma, la cancelliera Angela Merkel ha preso le sue precauzioni. Ma come se non bastasse, ha ottenuto che il versamento del capitale di 80 miliardi da parte dei paesi al nuovo Fondo (l’Italia dovrà versarne 14,3) verrà spalmato in cinque trancheannuali,invece delle due originariamente previste nell’accordo di inizio marzo. Il resto delle disponibilità del Fondo, per un totale di 700 miliardi, di cui 500 effettivamente elargibili, è composto da callable capital e dalle garanzie offerte dai paesi partecipanti all’euro.(2)

(1) Le nuove regole relative alla riforma del Patto di stabilità e alla nuova procedura di sorveglianza multilaterale macroeconomica (cinque regolamenti e una direttiva) sono soggette alla procedura di co-decisione con il Parlamento europeo e dunque richiedono l’approvazione di quest’ultimo. Ci si aspetta che il Parlamento approvi l’intero pacchetto entro giugno, limitandosi ad alcune modifiche procedurali.
(2) La sovrabbondanza della dotazione del Fondo rispetto a quanto effettivamente a disposizione per i prestiti serve a garantire la tripla A alle emissioni del Fondo stesso.

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