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SPESA PUBBLICA EUROPEA

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I governi a cui gli elettori oggi chiedono una svolta di minor severità fiscale sono quelli nei quali la spesa pubblica è salita di più negli ultimi dieci anni. Dalla fine del 2001, infatti, nell’eurozona a 17 paesi la spesa pubblica è aumentata da 3340 a 4665 miliardi di euro (in euro correnti), cioè del 39,6 per cento. In percentuale sul Pil, la spesa è aumentata dal 47 al 51 per cento del Pil dell’eurozona.
In Germania tra il 2001 e il 2010 la spesa pubblica tedesca è aumentata solo del 18,5 per cento. Il modesto aumento della spesa pubblica si è accoppiato con la rapida crescita del Pil e con la moderata inflazione sperimentata dalla Germania in questi anni. Il risultato è che la quota della spesa pubblica sul Pil è rimasta costante.

I numeri sono ovviamente interpretabili ma non sono opinioni. I dati tedeschi implicano che, nel resto dell’eurozona senza la Germania, la spesa pubblica sia invece aumentata del 41,5 per cento, tra il 2001 e il 2010. Si tratta di un aumento di 23 (41,5 meno 18,5) punti percentuali superiore a quello registrato in Germania, cioè nel paese che ha finanziato il fondo salva-stati temporaneo e finanzierà il fondo salva-stati permanente per più del 25 per cento del totale (come stabilito dai trattati, in proporzione al Pil e alla popolazione tedesca).

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LA DEMOCRAZIA E IL FISCAL COMPACT

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QUEL DUBBIO LEGAME TRA DEBITO E CRESCITA

  1. lamalu

    Il grafico include anche la spesa per gli interessi del debito pubblico? Se si, è normale che sia aumentata di più in paesi come Spagna e Grecia.

  2. marco

    La Germania sta sbagliando l’approccio europeo ma è pur sempe un modello da seguire- In Italia si potrebbero tagliare svariati miliardi di spesa pubblica senza incidere sui servizi, ma ci vorrebbe un’altra politica molto più onesta e coraggiosa: spesa militare, su 23 miliardi di potrebbero risparmiarne almeno un decina; mettere un tetto di 3000 euro alle pensioni e risparmiare da subito altri 7 miliardi; abolire le province, accorpare i comuni tagliare i costi della politica, abolire i finanziamenti ai giornali e ai partiti, le consulenze i costi dei ministeri e risparmiare altri 15 miliardi all’anno; affrontare la questione degli incentivi pubblici alle aziende, lo scandalo delle aziende partecipate e delle aziende di Stato che creano debiti, solo le ferrovie costano 4 miliardi all’anno, affrontare gli sprechi nella sanità regionale e gli scandali delle slot machine e delle concessioni quasi regalate. Ed ecco almeno 50 miliardi guadagnati a cui aggiungerne almeno altri 100 tra lotta all’evasione e alla corruzione. In 10 anni si abbatterebbe il debito pubblico…è così impossibile ?

  3. Alessandro Pagliara

    I numeri sono stupendi quando analizzati correttamente: Mi domando allora a cosa serva il Fiscal Compact sul semplice pareggio di bilancio, se poi non si impongono delle percentuali massime di spesa nei vari settori (politica, pensioni, sanità, investimenti). Sono 10 anni che si cambia il nome: costi standard, spending reviews…. ma quando si farà qualcosa? Quando nascerà un tea party Europeo?

  4. Piero

    Il taglio delle spese inutili o improduttive è un concetto di sana politica, ma non si può pensare che da tale manovra vengano risolti i problemi italiani, abbiamo una spesa sia qualitativamente che quantitativamente sbagliata, sono stati preferiti le spese di esercizio a quelle di investimento, sono stati mantenuti in vita enti inutili e consigli di amministrazioni di rappresentanza per la politica, senza esigenze imprenditoriali, tali inefficienzempubbliche verranno sicuramente eliminate da un governo politico e non tecnico, stiamo incidendo sugli interessi della casta. Cosa sta facendo invece Monti? Con la nomina dei super tecnici Bondi ecc, pensa do eliminare gli sprechi della spesa ordinaria con un taglio alla Bondi. Perché Monti non riporta il rimborso elettorale alla sua natura di rimborso, con un decreto legge che tutti gli italiani a questo punto comprendono permette il rimborso solo dietro presentazione di spese sostenute dai partiti nella campagna elettorale con il controllo della Corte dei Conti, essendo il rimborso effettuato con soldi pubblici. Questo provvedimento non verrà mai preso da Monti, ciò rende a tutti noto i limiti di tale governo tecnico.

  5. Anonimo

    Aggiungerei la vendita del patrimonio dello Stato, in quanto non valorizzato e con una costosissima gestione, inoltre la verità è che molti immobili sono ad uso e consumo dei soliti furbetti. Le società a partecipazione pubblica invece di generare ricavi per lo stato sono pozzi senza fine. Le case popolari devono essere immediatamente cedute: gli attuali occupanti non hanno una situazione economica più difficile degli altri. inoltre a Roma, i quartieri cd popolari si trovano in zone centrali, mentre le giovani copie che pagano un mutuo, devono andare a vivere in periferia. Le case popolari poi non hanno IMU e condominio, mi sembrano regali abnormi rispetto al resto della popolazione. Con gli introiti della vendita di un appartartamento popolare si potrebbero finanziare decine di mutui “popolari” per le giovani coppie.

  6. Massimo Matteoli

    Completamnete d’accordo con il commento di Iamalu. Se non sappiamo quant’è l’aumento per gli interessi sul debito il grafico serve a ben poco. Mi permetto di aggiungere che sarebbe importante anche sapere cosa è successo per investimenti e spesa corrente.

  7. AM

    La spesa pubblica può essere tagliata senza conseguenze sul sociale, ma occorre una manovra completa condivisa dai principali partiti. Vi sono però fattori di disturbo che non dipendono dall’Italia e che possono incidere sulla spesa. In primis gli interessi passivi sul debito, determinati dai mercati non solo in funzione del comportamento dell’Italia. Ma ve ne possono essere altri. Ad esempio sbarchi in massa di immigrati dall’Africa e dall’Asia in assenza di un’adeguata partecipazione degli atri paesi UE, di USA, Canada, ecc. Certo si potrebbe fare come Malta il cui contributo umanitario si limita, quando non può disinteressarsi del tutto, a fornire carburante e provviste di acqua e alimenti, ma non sarebbe un comportamento accettabile. Semmai si potrebbe fare una campagna informativa per comunicare che i tempi sono cambiati, che l’Italia è in crisi, che il Mediterraneo attraversato da un flusso continuo di navi militari e mercantili di numerosi paesi non è il Mare Nostrum di esclusiva responsabilità italiana quando si tratta di recuperare, trasbordare e offrire asilo a migliaia di profughi.

  8. Leprechaun

    I numeri sono sempre da interpretare, perché da soli non significano niente. Ma qui si mescolano patate e limoni, e allegramente li si somma. Classificare i paesi in funzione dell’aumento percentuale della spesa pubblica senza riferire la base di partenza significa ben poco. E tra “i peggiori” Spagna e Portogallo avevano un debito pubblico in rapporto al PIL nel 2007 molto inferiore o comparabile con quello tedesco. Quanto alla Germania, il discorso che sembra indicare le sue “virtù”, dimentica che la Germania è un paese export-led come la Cina, nel senso anche quantitativo: esporta(va) quanto o più della Cina, con un surplus comparabile. Ma peccato, il surplus era fatto quasi tutto nella UE (a proposito del pericolo Cinese). Infine, la crisi europea è una crisi del debito privato. La Spagna ha le banche nei guai, proprio in questi giorni il problema è salito all’onore delle cronache. Ma lo stesso vale per il Portogallo e l’Irlanda (a proposito, com’è che quest’ultima non compare nel grafico? Una dimenticanza?). Lasciate perdere la spesa pubblica e il debito pubblico. Non è lì il problema.

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