L’Europa ha finito per creare un governo della moneta che sfugge alla responsabilità di dotare il settore privato delle risorse finanziarie necessarie per la crescita della produzione e del lavoro. E va in cerca di altri soggetti disposti a farlo, offrendo sul piatto la garanzia di Francoforte.
STRATEGIE PER RITROVARE LA CRESCITA
Nella conferenza stampa del 4 settembre, Mario Draghi ha pronunciato una frase particolarmente eloquente a cui non è stato dato il risalto che merita. Il presidente della Bce ha detto: “dal punto di vista del banchiere centrale, è molto difficile raggiungere gli obiettivi di inflazione con il solo strumento della politica monetaria”(minuto 39 del webcast). Poco prima aveva ripreso il tema del discorso tenuto a Jackson Hole: se le riforme strutturali servono a migliorare la qualità e il potenziale di crescita, le politiche della domanda sono altrettanto urgenti per ridurre l’ampia componente ciclica della disoccupazione prima che diventi cronica. Se è vero, aveva sostenuto Draghi, che l’uso di politiche della domanda non è consigliato in condizioni normali, le circostanze eccezionali di oggi sono tali che “i rischi di fare troppo poco (…) superano quelli del troppo fare”. E aveva fatto esplicito appello alla capacità di sfruttare il moltiplicatore fiscale, manifestando apprezzamento per un piano di investimenti europeo. Insomma, un keynesiano che crede nel potere espansivo della politica fiscale e che allo stesso tempo indica come inattaccabile il principio del pareggio di bilancio. Altri osservatori hanno osato di più. Su lavoce.info, Francesco Giavazzi e Guido Tabellini hanno proposto un taglio fiscale in tutta l’Eurozona del 5 per cento del Pil. Il maggior debito sarebbe finanziato in parte dalla Bce e gli interessi restituiti ai governi europei. Dopo un balzo iniziale, il rapporto disavanzo/Pil si ridurrebbe grazie alla crescita del reddito e alle politiche strutturali di bilancio. È una proposta che condivide il presupposto di Draghi: le riforme strutturali, ancorché irrinunciabili, non bastano. In più, sfida il principio del pareggio di bilancio affermando che un disavanzo europeo condiviso e mirato è tecnicamente sostenibile.
Eppure, il governo europeo (che pure dovrebbe riflettere sugli esiti delle passate elezioni) non sembra lavorare alacremente a un disegno che includa la possibilità di misure fiscali espansive condivise. E ripete il ritornello che la disciplina di bilancio deve rimanere un dato irrinunciabile nell’Eurozona. Eppure, misure fiscali espansive sono possibili anche nel pieno rispetto del fiscal compact. Come nella proposta Giavazzi-Tabellini, oppure con un taglio dell’Iva del 50 per cento in tutti i paesi dell’Eurozona e un piano europeo di investimenti in infrastrutture, il tutto finanziato da un’emissione di titoli europei (e non nazionali), garantiti dalla Bce (Salviamo l’Europa dall’austerità). Sempre su lavoce.info, Roberto Perotti ha ricordato a tutti che il debito pubblico è rischioso. Certo, ma solo quando è “locale” (di questo o quel paese dell’Eurozona), e non quando è europeo e garantito dalla banca centrale. Il problema è che i vincoli istituzionali sul bilancio pubblico sono nati per evitare che un governo abusi del controllo della moneta creando inflazione. Si è così finiti in un abuso uguale e contrario: quello di un governo della moneta che sfugge alla responsabilità di dotare il settore privato delle risorse finanziarie necessarie per la crescita della produzione e del lavoro.
GLI INVESTIMENTI DELLE PMI
Ma la tendenza in questi giorni è un’altra. Dopo diversi anni spesi aspettando il “Godot” del credito bancario, ora si affida la speranza dell’agognata ripresa alla creazione di canali di finanziamento alternativi al settore bancario, come ad esempio i mini-bond, finalizzati alle piccole e medie imprese. Contribuendo già per due terzi all’occupazione complessiva nel settore privato, le Pmi potrebbero essere il vero motore dell’occupazione in Europa.
L’idea è che le Pmi possano finanziarsi con strumenti “ad hoc” nel mercato finanziario (al quale normalmente non si rivolgono), in questo facilitati dalla disponibilità della Bce ad acquistare i loro titoli. Servirà a rilanciare investimenti, domanda e occupazione? In linea di principio, sì, ma a due condizioni per nulla scontate: 1) che le Pmi siano davvero impazienti di investire nelle condizioni congiunturali attuali, e 2) che le Pmi siano disposte a veder crescere il proprio indebitamento. Se dovessero dimostrarsi invece piuttosto caute nell’intraprendere progetti di ammodernamento degli impianti e aumento della capacità produttiva, o se usassero i mini-bond per finanziare l’invenduto, allora andremmo incontro a un altro fallimento della politica economica.
Non vorrei si trattasse di una vera e propria fuga della politica dalle proprie responsabilità: non trovando il consenso per autorizzare un debito europeo che finanzi la crescita, si va in cerca di altri soggetti disposti a fare altrettanto, offrendo sul piatto la garanzia di Francoforte. In questa incapacità di trovare un accordo politico sta la vera responsabilità della politica europea.
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Alberto Chilosi
“un piano europeo di investimenti in infrastrutture, il tutto finanziato da un’emissione di titoli europei (e non nazionali), garantiti dalla Bce “, ma l’ Eu non ha un bilancio proprio tale da permettere di ripagare i titoli, comunque garantiti. Ma perchè stare a cincischiare e ad arrampicarsi sugli specchi? Siamo in una situazione di deflazione e un aumento della quantità di moneta per raggiungere l’ obbiettivo del 2% è altamente consigliato. D’ altra parte per motivi istituzionali e di compatibilità degli incentivi la BCE non può finanziare gli stati. Ma perchè allora non finanziare direttamente un programma di investimenti o altre spese gestito dalle autorità comunitarie direttamente con la creazione monetaria? La BCE per statuto non può finanziare gli stati ma non mi pare che sia alcun specifico divieto relativamente al finanziamento delle autorità comunitarie.
marcello
Due esemplici domande.: chi certifica e come il rating delle piccole e medie imprese e soprattutto come, visto che in italia non esiste il reato di falso in bilancio? Chi inverte il segno delle aspettative orientate alla deflazione-recessione?
Piero
Non si esce dall’attuale situazione se non viene ripristinato il rapporto di fiducia tra banche e imprese.
La soluzione del credit crunch, oltre che dalla Bce può avvenire anche con la crescita della circolazione della “moneta bancaria”. La “moneta bancaria” non dipende dall’offerta di moneta sotto il controllo della Bce, ma dalla domanda di moneta da parte dell’economia e della “propensione al prestito” o meglio al “rischio” delle banche. Naturale che oggi abbiamo le banche con i bilanci “gonfi” di titoli di stato, si ritiene quindi che solo la Bce possa con una “poderosa” campagna di acquisti sul mercato secondario sollevare le banche da tale peso che impedisce loro di fare il proprio mestiere, ossia prestare il denaro. Oltre tale problema abbiamo una situazione ancora più grave, la crisi economica interna ha diminuito l’affidabilità delle nostre Pmi, di conseguenza abbiamo una riduzione della “propensione al prestito” o al “rischio” da parte delle banche italiane, qui la soluzione non viene trovata dal mercato ma deve essere data dal Governo, dovrà scendere in campo con il “fondo centrale di garanzia statale” al fine di supportare il credito bancario e quindi agevolare il ricorso allo stesso da parte delle Pmi, in tale modo si ripristina la fiducia tra banche e imprese che oggi purtroppo è venuta meno.
L’intervento statale deve essere significativo, almeno 100 mld, naturale che le imprese che usufruiranno della garanzia si dovranno impegnare al mantenimento dell’occup.
Alberto Frison
Sbaglio o la proposta di tagliare il carico fiscale in tutta Europa finanziato dalla BCE avrebbe anche il pregio di abbassare il cambio Euro/Dollaro oltre ad appunto abbassare le imposte e contrastare gli spettri deflattivi?